Il bel signore barbuto ritratto nella foto è il
conte Vincenzo Vetoli. Ho rinvenuto questo
ritratto, di qualità non eccellente, purtroppo, fra i vari documenti che, nel corso del tempo, mi ha trasmesso
Aulo Colucci. Al momento questa sembra essere
l'unica immagine del conte Vincenzo Berardino Vetoli che, giusto per tracciare un breve profilo,
nacque a Scurcola il 29 maggio 1817, figlio del conte
Domenicantonio Vetoli (a sua volta figlio di Giulio Vetoli e Margherita Colarossi), al tempo 52enne, e della sua giovane consorte
Vittoria D'Amore che, nel 1817, aveva solo 25 anni. Per la cronaca: Vincenzo Vetoli, che sposò
Luisa Marimpietri, era il padre dei
conti Angelo e Alessandro Vetoli, noti a Scurcola, rispettivamente, come il "
conte bianco" (poiché albino) e il "
conte nero", ultimi rappresentanti del ramo scurcolano della famiglia, morti celibi e senza una discendenza.
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Gaetano Rosa (archivio di Arrigo Ferracuti) |
Sono qui a scrivere dell'elogio funebre che un altro importante scurcolano, l'ingegnere Gaetano Rosa, scrisse in onore del conte. Infatti, tra le varie carte che Arrigo Ferracuti, sempre attento e sollecito, mi ha segnalato, vi è uno scritto che Gaetano Rosa compose in occasione della morte del conte Vincenzo Vetoli. Va detto che il nostro Rosa, oltre a occuparsi di problemi catastali, progettuali, reddituali e tributari, doveva nutrire una discreta passione per l'arte dello scrivere e ha composto anche opere in versi. Tra i testi che Arrigo ha rinvenuto ci sono componimenti che Gaetano Rosa elaborò in onore di persone che la morte aveva appena condotto con sé. Non ho rivenuto documenti ufficiali relativi alla morte del conte Vincenzo Vetoli, ma da alcuni dettagli tratti dallo scritto di Gaetano Rosa, ho dedotto che la data della sua dipartita potrebbe essere quella del 12 agosto 1900. Inoltre credo di poter dire, senza allontanarmi troppo dal vero, che gli elogi composti dal Rosa, caratterizzati da toni celebrativi e dolenti, venissero letti dal suo autore durante la cerimonia funebre, al cospetto di tutta la popolazione presente.
Quello che segue è il lungo scritto dedicato al conte Vincenzo Vetoli:
Bello è quel fiore che si depone misto ad una lagrima di affetto sul gelido avello [1] di persona, che lascia di sé cara rimembranza! Bello quel serto [2] di doti che s'intreccia in onore di chi nel corso della vita sentì la bellezza della virtù, ne riconobbe la verità e la mantenne inviolata per puro amore di essa, di chi si ebbe compagni onestà, carità, religione, amore e rispetto per tutti!
Il cuore che geme sotto il carco [3] di grave dolore per la perdita di carissima persona, trova conforto nel pensare che la oscurità della tomba, che rinchiude l'esanime corpo ed alla vista degli uomini lo cela, non può tener serbato dentro di sé lo splendore della fama di chi vi è sepolto, nel pensare che sola virtù del tempo avido a schermo toglie l'uomo dal sepolcro e lo serva in vita.
Stamani per tutte le vie di Scurcola si intendeva un via vai di gente di ogni ceto; un parlare franco ed affannoso, un dimenarsi l'un l'altro seguito da stupore e singhiozzi, mentre tutti si avviavano atteggiati a nera e sentita mestizia verso l'antica cappella privata dei signori conti Vetoli [4], anche accertata la triste novella, ahi! Pur troppo vera. Gli occhi del conte D. Vincenzo Vetoli non dovevano più vedere il sole di questo malaugurato giorno, perché la morte inesorabilmente vi aveva steso di sopra il suo gelido e funereo velo!
Ed ora piangi, sì piangi, o popolo di Scurcola, perché ne hai ben donde, perché il suo dolore è giusto, il suo pianto un dovere, con gratitudine. E ben faresti domani a restare unanime la vanga, il martello e l'aratro, per rendere i meritati onori all'illustre estinto, accompagnandone la spoglia alla dimora degli estinti, per santificare la memoria di colui che non si appagava di un semplice culto: ma devoto e pio, senza ipocrisia, apriva le porte della sua magione a' miseri, senza contarli mai e vi era sempre un pezzo di pane per tutti! Egli che non disdegnava, anzi gioiva scendere nei vostri tugurii dove la fame e la disperazione vi rodeva in mezzo ai cenci e fra le sozzure e mitigava voi gentili uomini che perdeste l'amico più sincero, leale ed umile, per quanto poteva vantare di titoli e di ricchissimo antico censo.
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Prima parte dell'elogio funebre scritto da Gaetano Rosa |
Egli che poteva far sfoggio della sua brillante posizione, preferiva vivere in mezzo a voi, bearsi della vostra amicizia ed aspirare al vanto di essere il padre caritatevole dei poverelli! E voi, o coloni tutti, ricordatevi quante volte siete stati beneficiati, ricordatevi come gioiva allegramente, poteva passare tutto il giorno in mezzo a voi. Né mi fido colmare il vostro strazio con parole, o buoni suoi figli, ché rapito vi fu chi tanto meritò il vostro dolore! Oh come la morte del giusto è accompagnata dal dolore e dalle benedizioni de' suoi concittadini! Oh come i suoi benefici, le sue virtù sono ricordate con quell'ammirazione, con quel desiderio che viene dall'amor del bene, del rispetto, della carità! Muore il malvagio, e quelli cui prima il timore chiudeva il petto la parola di dolore e di senza ira, lo accompagnino al sepolcro con quel dispregio ed esecrazioni che ha meritato in vita ed in morte. Malvagi mirate il fine glorioso del conte Vincenzo Vetoli e riconoscete la vostra miseria, l'orrore della vostra vita. Voi stessi avrete a dire: Sì questi è l'uomo, questi è il giusto che non possiamo obbliare senza ingratitudine, del quale non possiamo pronunziare il nome senza rendergli un tributo, senza sentir rimorso del nostro malfare, senza imitarlo.
I figli quanto amorosi, profondamente addolorati, nulla omisero perché fossero rispettati gli ordini del padre caro. "Appena morto voglio che il mio corpo sia rivestito dal sacro de' fratelli dell'Opera Pia SS.ma Trinità e sul nudo pavimento della nostra Cappella deposto con sole le ceri!" Anche dopo la sua esistenza non ha voluto quel lusso di cui poteva fare sfoggio prima, ha voluto che fosse trattato egualmente agli altri confratelli del Pio luogo, non essendovi differenza di sorta tra il ricco e il povero. Oh giusto, o beato, o santo nome!
Fu il conte Don Vincenzo Vetoli uomo d'incorrotti costumi, amatore instancabile de' suoi figli, franco e leale con tutti, ma prudente e civile insieme, modestissimo, umano, affabile con ogni maniera di persone; fu religioso senza vanità, senza ipocrisia. Aveva il cuore pieno di sentimenti sublimi e il suo labbro era l'eco de' suoi sentimenti. Quanta gioia non gli portava all'animo l'opera del bene, la virtù degli uomini! Quanta amarezza non gli gittava nel cuore il maleficio, la bassezza di tanti che nulla temono dagli uomini e da Dio! Era grande, assiduo il lamento che movea contro i vili ed i malvagi, contro coloro che sconoscono Dio e la verità, che Dio e la verità si fanno a combattere. Ma il suo lamento non è scompagnato dalla verità e dalla preghiera a Dio per la conversione degli uomini. Non si riuscì mai di sorprenderlo a trattare chiunque, insino all'ultima plebe, con poca umanità e rispetto.
Fu sempre eguale il tenor di vita che serbava il conte Vincenzo Vetoli, lo serbò sino all'ultimo della sua vita, di 83 anni, egli si ebbe da tutti amore e riconoscenza, stima e rispetto. Una età così lunga, sì bella e onorata lo rese anche più caro e venerando ai figli che gli fecero lieta la vita, ne addolcirono i dolori e ne fanno più viva la memoria. Ricordiamo con un detto scrittore che tra i ruoli inevitabili cui l'uomo per natura è soggetto, la morte occupa il primo posto, la vecchiaia il secondo. È allora che più si teme la morte. Ma ove l'uomo abbia amato la giustizia e Dio, qual timore avrà della morte? Non dirà anzi come S. Paolo: desidero stare sciolto per stare con Cristo?
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Conti Alessandro e Angelo Vetoli |
Il conte Vetoli era il giusto della Bibbia che fiorisce come palma, che in vita e in morte è stato esaltato come cedro, ed ora in cielo gode il premio che Dio ha preparato ai suoi eletti. Quanto pochi son quelli che compiuta la lor giornata, lasciano grande eredità di affetti, benedetta la loro memoria! Quanto pochi son quelli che nella purezza del cuore fanno meno infelice il fratello con l'amore, e con la larghezza della mano! Ricordiamo il Vetoli, andiamo al sepolcro di lui per ispirarci alle sue opere, ai suoi sentimenti, alle sue virtù. È pur dolce il pensiero che in mezzo a tanta corruzione vivono uomini giusti a conforto e a sostegni scambievole, che vi sono pur uomini che nel silenzio compirono l'opera del bene alla quale Dio ci ha chiamato. Oh, perché sì pochi questi Angeli dell'Immensità! Oh, se fossero eterni sulla terra!
Vetoli vive ancora, vive nella memoria delle sue virtù, vive nella vita migliore in cielo, in cielo ha quella forza che non aveva in terra pregando il Signore pei tristi, per la famiglia, per la patria, per quanti vivono la vita di questa valle di lagrime. Deh conte Vincenzo Vetoli! Deh! Pregate per lui, pregate per la morte preziosa dei giusti. Giacché più non vivete in mezzo a noi in terra, ma in cielo, tra i beati e i santi del celeste paradiso, deh! pregate per noi tutti, che qui stiamo ammirando la vostra terrena prodigiosa esistenza e proprio pregate per i vostri tanto, tanto amati e cari figli, pregate per tutta questa prediletta società, e pregate pel vostro servo ed oscuro [?], però sensibile che la vostra memoria vorrebbe far noto al mondo tutto, anche la presente giovanile età seguisse il vostro esempio essendo voi adorno di una corona fulgidissima di virtù rare e di quelle che sono fatte per non appassire per tempo che preghi, ma che restano sempre vive e si elevano come splendidissime stelle sul fango delle umane cose!
Note:
[1] Avello: tomba
[2] Serto: corona
[3] Carco: carico
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Ringrazio ancora una volta: Aulo Colucci che mi ha donato gran parte del suo archivio personale di carte, foto e memorie scurcolane; Arrigo Ferracuti che, con generosità e passione, continua a segnalarmi documenti del tutto sconosciuti sulla storia di Scurcola; Costantino Oddi che mi ha permesso di conoscere elementi biografici essenziali sulla famiglia Vetoli.
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