venerdì 11 dicembre 2020

La marrocca roscia


Tra le antiche e più diffuse tradizioni scurcolane andate perse c'è anche quella legata allo "scartosciare". Un momento significativo nella vita contadina di un tempo, un'occasione per riunirsi e vivere ore di socialità e di solidarietà assieme ai vicini e ai familiari. Personalmente non ho mai assistito a questa sorta di rituale contadino: sono nata troppo tardi. Però ho raccolto le memorie di mio padre, Enzo Tortora, e di una scurcolana a cui ho imparato a voler bene, Gianna Falcone. Cresciuti entrambi nella stessa piazzetta, Largo Duca degli Abruzzi (quella in cui si trovava il Cinema Arena Vittoria), mio padre e Gianna, assieme ad altri parenti e amici, hanno vissuto il tempo in cui, a fine estate, le pannocchie di mais (le "marrocche") arrivavano a maturazione e dovevano essere "scartosciate" e poi sgranate.

Lo "scartosciare" non è altro che l'operazione con la quale le "marrocche" venivano liberate dalle foglie esterne. Dopo il raccolto, come mi hanno raccontato papà e Gianna, le "marrocche" venivano sistemate all'interno di grandi sacchi. Al momento opportuno, i sacchi venivano composti a formare una sorta di cerchio e ci si riuniva per iniziare a "scartosciare". Ogni famiglia aiutava l'altra, senza alcun problema. C'era aiuto reciproco e partecipazione in un rapporto di vicendevole sostegno, qualcosa che, forse, oggi, è difficile rintracciare, anche in un paese piccolo come Scurcola. 


All'interno del cerchio formato dai sacchi pieni di pannocchie di granoturco, venivano posizionate delle ceste nelle quali, poco alla volta, si depositavano le "marrocche scartosciate". Le persone si appoggiavano ai sacchi, prendevano una "marrocca", la liberavano dalle foglie, che si buttavano semplicemente alle spalle, e una volta ripulita la pannocchia, la mettevano nelle ceste centrali. Ed è in questa fase che capitava di trovare la "marrocca roscia". Una piccola eccezione, una "marrocca" diversa dalle altre per via del colore rosso dei suoi grani. Il giovane (e valeva solo per i giovani) che avesse trovato la "marrocca roscia" aveva il diritto di dare un bacio (sulla guancia, ben inteso) alla ragazza che riteneva più carina della cerchia

L'idea di poter dare un bacetto a una ragazza, ovviamente, spingeva i giovanotti del circondario a lavorare più alacremente. D'altro canto nessun genitore, nonostante le regole del tempo, si sarebbe sognato di rimproverare il detentore della "marrocca roscia" per aver schioccato un bacio sul viso della propria figlia. Era un semplice gioco, motivo di qualche risata, di qualche allegra presa in giro. Niente di più. "Scartosciare" le pannocchie di mais richiedeva qualche ora, il tempo di una serata da trascorrere raccontando, bevendo un po' di vino e cantando qualche motivo popolare. La "marrocca roscia" è solo il simbolo di un rito sociale che ormai non esiste più. Ricordarlo e riportarlo alla luce della memoria, per me che, come tanti, non l'ho mai vissuto, è stato un piccolo e piacevole salto nel tempo. 

***

Ringrazio Gianna Falcone che, seppur solo telefonicamente, ha avuto la cortesia di raccontarmi nel dettaglio la storia della "marrocca roscia". E ringrazio mio padre per aver risposto ancora una volta alle mie curiosità sulla vita scurcolana di un tempo.



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2 commenti:

  1. Ricordo molto bene quel magnifico rito secolare (oggi dimenticato). Ero bambino, ma mi è rimasto sempre nel cuore. Ricordo canti, giochi e tanta allegria e non mancava mai il comico di turno che provocava grandi risate. Era socialità allo stato puro che, temo, ahimé, perduta per sempre. Come sempre Maria hai centrato il bersaglio dei ricordi più autentici. Grazie.

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  2. Bellissimo. Grazie. Lo scorso anno in Trentino ho acquistato 2 pannocchie rosse perché troppo belle. Mi hanno detto che alcune aziende agricole hanno ripreso a coltivarle xchè anche se rendono meno, tuttavia forniscono una farina buonissima. Non raccontategli della tradizione del bacio, altrimenti su campi di mais rosso quanti baci dovrebbero dare!!!!! :-)

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