venerdì 30 luglio 2021

Ringraziamenti

Prendersi cura di "Scurcola Marsicana Blog" richiede impegno e costante dedizione. Fare ricerca, studiare, fotografare, cercare, incontrare e parlare con le persone, individuare materiale utile e scartare l'inutile e poi, solo alla fine, riordinare tutto e scrivere. Un'attività che, anche se a qualcuno può apparire immediata e lineare, non lo è affatto. Richiede concentrazione, tempo, risorse, pazienza e passione. Conduco questo "lavoro" da circa due anni e continuerò a farlo fino a quando avrà senso e fino a quando sarà possibile.

Di recente ho ricevuto due importanti attestazioni "ufficiali" di stima e di apprezzamento per l'attività che svolgo attraverso il blog. Dimostrazioni tangibili della validità e della rilevanza che un certo tipo di divulgazione riesce a conseguire. Voglio, attraverso questo post, ringraziare il dott. Francesco Liberati, Presidente della BCC di Roma, e la Fondazione della Banca di Credito Cooperativo di Roma che, ancora una volta, hanno manifestato estrema attenzione nei confronti del mio lavoro concedendo un nuovo contributo economico. Esso va a sommarsi all'impegno assunto nei mesi scorsi dalla Fondazione BCC di Roma per realizzare la pubblicazione del libro "Scurcola Marsicana: dal blog al libro", un volume che tanti hanno letto e gradito.

Desidero inoltre ringraziare l'Associazione Culturale Italo Tedesca di Scurcola Marsicana che, nella persona del Vice Presidente, dott. Aldo Bovi, mi ha inviato una comunicazione attraverso la quale esprime "formale compiacimento dell'ACIT per il Suo appassionato e annoso lavoro di meticolosa ricerca storica, artistica e sociale su Scurcola Marsicana e le sue famiglie, nonché per la sistematica divulgazione delle notizie raccolte, altrimenti destinate all'oblio".

Devo qui manifestare, inoltre, la mia più sincera gratitudine a tutti coloro che, attraverso i loro suggerimenti, i loro racconti, i loro ricordi, i loro pareri e il loro personale sostegno economico continuano a dimostrare interesse e attenzione nei confronti di "Scurcola Marsicana Blog". Sono riconoscente nei riguardi di chi attende la pubblicazione dei miei post; di chi sceglie di condividere con me vecchie fotografie e memorie di un tempo; di chi mi aspetta per dedicarmi un sorriso e un piccolo segno di affetto; di chi corregge qualche imprecisione e di chi conserva ciò che scrivo perché ritiene che potrà essere utile per chi verrà dopo. Ringrazio tutti, col cuore.

lunedì 26 luglio 2021

L'Incoronazione della Madonna della Vittoria del 25 settembre 1757


Le corone d'oro che ornano il capo di S. Maria della Vittoria e del Bambino sono tra gli oggetti più raffinati del cosiddetto "tesoro di Scurcola". Siamo ormai abituati a vedere la statua della nostra Madonna ornata con corona, scettro e trono ma, per un paio di secoli la sacra effige, rinvenuta, secondo la tradizione, tra le rovine della diruta Abbazia cistercense nel 1525, non fu ornata da alcun oggetto prezioso. Tra i primi e più importanti doni che la Madonna della Vittoria ha ricevuto, storicamente parlando, vi sono le due corone. La cerimonia dell'incoronazione venne celebrata solennemente l'ultima domenica di settembre dell'anno 1757 che, secondo il calendario, cadeva il 25 del mese.

Le due corone (foto Costantino Oddi)

Ecco quanto scrisse, nel 1856, in vista del 1° centenario dell'Incoronazione, il frate domenicano P. Filippo Buontempi di Scurcola [1]: "Il Popolo Scurcolese in ringraziamento di tanti benefizi, ed in attestazione di sua filial devozione verso la Vittoriosa sua Madre, si risolveva di far coronare con diademi d'oro la sacra Statua della sua Protettrice. E così oltre le Corone d'oro inviatele dal Reverendissimo Capitolo di S. Pietro, naturali del luogo sì Ecclesiastici che Secolari, sì poveri che ricchi tutti a larga mano profusero denari e fatiche, onde si coronasse la lor Madre Vittoriosa con la più splendida pompa e con rarissimo festeggiamento. Si eseguiva nell'ultima domenica di Settembre del 1757 nel sito così detto Aja dell'Ospedale propriamente vicino alla Chiesolina del Purgatorio".

Chiesa delle Anime Sante del Purgatorio

Non abbiamo, al momento, testimonianze dirette di quel che avvenne quel 25 settembre del 1757. Possiamo affidarci alla ricostruzione di P. Filippo Buontempi il quale ci fa rilevare che le due corone furono inviate dal Capitolo di S. Pietro. Possiamo anche dire che al soglio pontificio, nel 1757, c'era Papa Benedetto XIV (al secolo Prospero Lorenzo Lambertini di Bologna). La grande festa organizzata per l'Incoronazione si svolse nell'Aia dell'Ospedale ossia nello spazio che possiamo oggi individuare di fronte alle "Anime Sante", sede della Confraternita del SS. Suffragio, nella piazza di Scurcola.

Sempre secondo la cronaca che ci ha lasciato padre Filippo, possiamo sapere che: "Monsignore Domenico Antonio Brizi, Vescovo dei Marsi, ne celebrava solennemente l'augusta sacra Cerimonia per Commissione del Reverendissimo Capitolo Vaticano e proferiva nell'imporre il diadema alla sacra Statua: "Iddio ti corona in Cielo, ed io indegnamente ti corono in terra". Iterati furono per giorni otto nella Chiesa Collegiata della SS. Trinità i più solenni Pontificali, con luminarie sì nel Tempio che nel foro, degnissimi scelti Oratori ne recitarono le glorie, ed i primi poeti ne scrissero i versi, lo stesso Prelato Brizi aveva consacrato il Tempio e l'Altare maggiore la seconda Domenica di Ottobre del 1741".

Insegna tondeggiante

Ad attestare quanto afferma il domenicano di Scurcola esiste ancora un'insegna di forma tondeggiante che riporta, in latino, i dettagli fondamentali della storia: la fondazione del tempio avvenuta nel 1525, la consacrazione dello stesso avvenuta l'8 ottobre del 1741 da parte del Vescovo Brizi e, alcuni anni più tardi, nel 1757, l'incoronazione della Madonna celebrata sempre da Monsignor Domenico Antonio Brizi (1688-1760). I festeggiamenti che i devoti di Scurcola misero in piedi nel lontano 1757, in occasione dell'incoronazione, come si legge, furono grandiosi. 

Processione del 2° Centenario dell'Incoronazione (1957)

Qualcosa di paragonabile, probabilmente, a quel che avvenne nel 1857, durante la ricorrenza del 1° centenario o nel 1957 per il 2° centenario, evento, quest'ultimo, che forse qualche scurcolano un po' più maturo ricorderà sicuramente. Solo un anno più tardi rispetto all'incoronazione, quindi nel 1758, la Chiesa di S. Maria della Vittoria di Scurcola Marsicana divenne di nomina regia, e lo stesso re nel 1760 la conferiva al Teologo della Regia Università di Napoli, Mons. Domenico Quercia (che diventerà più tardi anche Cardinale), prelato del Regno, famigliare del re, esimia figura ecclesiastica di cui scriverò a tempo debito.


Note:
[1] Frate Filippo Buontempi, "Pochi cenni istorici su l'origine, ed invenzione della sacra immagine di Maria SS.ma della Vittoria, che si venera nel Comune di Scurcola de' Marsi", Napoli, dai Tipo di Filippo Serafini, 1856.



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venerdì 23 luglio 2021

Il silenzio della Quercia

Sono salita alla Quercia stamattina. Dopo la pioggia di ieri, via dei Cappuccini luccicava di gocce e di frescura. C'è poco da fare: è questo uno dei percorsi più belli per le passeggiate scurcolane. La Quercia rimane una sicurezza, un approdo, un microcosmo incantevole, nonostante tutto. Il silenzio degli alberi ha sempre avuto, su di me, un effetto salvifico, terapeutico.

Amo il silenzio della nostra Quercia: raccoglie luce, tempo e memorie. Potrei restare ad ascoltarlo per ore, sentendomi semplicemente respirare. Il silenzio della Quercia è una certezza, un muto e paziente incedere nei secoli. Una presenza mite e tollerante che sa durare e durerà molto più di quanto possa fare la scelleratezza umana.

Perché di scelleratezza penso di poter parlare notando, ancora una volta (l'ennesima volta), la sporcizia lasciata lì accanto. Cosa buona la presenza di un secchio. Cosa meno buona vederlo sempre stracolmo, coi rifiuti che cadono e si spargono in giro. Li ho raccolti come ho potuto e come ho già fatto. Senza fiatare, un po' come fa la Quercia.

Un post anomalo, questo: del silenzio degli alberi si parla pochissimo, forse perché dei silenzi si ha spesso paura. Eppure di alberi abbiamo un immenso bisogno. Ne vedo schiantare e tagliare parecchi, anche a Scurcola. Vorrei che venissero lasciati in pace, anzi: vorrei che venissero curati e piantati e rispettati e amati e ascoltati di più, molto di più. 

martedì 20 luglio 2021

La visita del viaggiatore e pittore inglese Edward Lear a Scurcola nell'agosto del 1843


Edward Lear è stato un pittore, incisore e scrittore inglese ma, soprattutto, Edward Lear è stato un appassionato viaggiatore. Molti marsicani hanno sentito proferire il suo nome e hanno ammirato i suoi disegni perché è stato uno degli artisti che, nel corso dell'Ottocento, ha offerto più attenzioni al nostro territorio. Tra i paesi di cui Lear ha scritto e di cui ha lasciato un disegno c'è anche Scurcola Marsicana anche se, al tempo il nostro paese non aveva ancora acquisito la denominazione di "Marsicana" attribuita qualche decennio più tardi.

Frontespizio del libro di Edward Lear

Nell'agosto nel 1843 Edward Lear si muoveva lungo le nostre strade. Secondo le cronache che lui stesso scrisse in relazione a quel viaggio, raccolte in una pubblicazione del 1846 e intitolata "Illustrated Excursions in Italy", Lear si trovava a Tagliacozzo, ospite della famiglia Mastroddi, nei giorni che vanno dal 17 al 23 agosto 1843. Successivamente si spostò a Magliano dove, per tre giorni, venne ospitato dal ricco don Giambattista (Titta) Masciarelli. È proprio in questa fase che Edward Lear decise di fare una breve visita a Scurcola. Questo il suo racconto [1]:
Durante un pomeriggio ho fatto escursione sui campi di granturco, o grano indiano, a Scurcola, un paesino di millecinquecento abitanti, alla sua sommità si trovano il castello in rovina dei Colonna e la Chiesa di Santa Maria della Vittoria, che prese il posto del convento celestiniano fondato da Carlo d'Angiò dopo la vittoria del 1268. Anche qui si ha una veduta completa della piatta distesa coltivata in cui la battaglia fu combattuta. In cima al paese c'è la casa dei Bontempi, una delle più antiche famiglie di questa zona, alcuni dei cui membri avevo incontrato alla festa di Tagliacozzo: mi hanno accolto con vero calore abruzzese, ed erano molto ansiosi che restassi; ma avevo promesso di tornare a Magliano, cosa che, dopo il mio disegno, feci, accompagnato fino a metà strada da don Cosimo Bontempi.
Del monastero di Santa Maria rimangono solo pochi muri in rovina; le frequenti inondazioni del lago, i terremoti e le altre cause spinsero i monaci ad abbandonarlo nel medioevo; e tutte le cose magnifiche con cui era ornato da Carlo I, che le aveva portate via dalla distrutta Alba, rovinarono in rapido l'oblio. La sua famosa immagine della Madonna, fatta fare in Francia per ordine del re vittorioso, e racchiusa in una cassa di legno, esiste ancora nella chiesa di Santa Maria di Scurcola, nella quale mi è stata fatta vedere.
Come mi è stato riferito, grazie ai fleurs-de-lis dorati che la ricoprivano, nel secolo scorso non è stata saccheggiata da alcuni soldati francesi. La scoperta di questa immagine tra le rovine del monastero risale, secondo un antico documento dei Bontempi, e citato dal Corsignani verso l'anno 1520, quando, secondo la leggenda, la Vergine comparve in sogno ad una donna di Tagliacozzo e le indicò il luogo dove quella reliquia perduta sarebbe stata rinvenuta.
Essa, quando fu portata alla luce, fu ugualmente pretesa come propria dagli abitanti di Scurcola, perché ritrovata nel loro territorio, e da quelli di Tagliacozzo perché, se essi non ne avessero fatta ricerca, mai sarebbe stata ritrovata. Per porre fine ai loro dissensi, il vescovo dei Marsi ordinò che l'immagine e la sua cassa fossero separatamente messe sul dorso di due giovani mule: esse dovevano camminare a loro piacimento e dove si fossero fermate sarebbe stato il sito della nuova chiesa. Le mule andarono a San Donato e in altri luoghi e andarono vicino a Tagliacozzo, lusingandone gli abitanti, ma improvvisamente cambiarono direzione e andarono di corsa a Scurcola, donde non vollero più muoversi; perciò ivi fu eretta l'attuale chiesa di Santa Maria della Vittoria.
La cronaca di Lear, per quanto affascinante, contiene alcune imprecisioni. Andando con ordine: le "frequenti inondazioni del lago" (e qui si intende il Lago Fucino), a causa della distanza, non potevano nemmeno lambire l'Abbazia di Santa Maria della Vittoria in zona Cardosa; la "scoperta" della statua della Madonna della Vittoria tra i ruderi non risale al 1520 ma, secondo documenti più precisi, al 1525; la leggenda narra che la Madonna apparve sì in sogno a una donna di Tagliacozzo ma la mula (non le mule) che la trasportava non andò né a San Donato, né vicino a Tagliacozzo ma si diresse direttamente verso il borgo di Scurcola fermandosi dove ora sorge la Chiesa della Madonna della Vittoria.

Disegno delle rovine dell'Abbazia di Maria SS. della Vittoria di Lear

Nonostante qualche imprecisione, Edward Lear ci ha trasmesso uno splendido racconto della sua esperienza di viaggio. Durante la sua gita scurcolana, inoltre, l'artista inglese volle disegnare le rovine dell'Abbazia cistercense che, anche ai suoi tempi, era già in stato di rovina e di totale abbandono. Il suo disegno (visibile a pagina 72 di "Illustrated Excursions in Italy") è stato eseguito, come detto, nell'estate del 1843 e ci permette di constatare come, al tempo, fossero ancora in piedi le mura principali dell'edificio abbaziale quelle di cui, oggi, non resta più quasi nulla.


Nota

[1] Edward LEAR, "Illustrated Excursions in Italy", Thomas McLean 26 Haymarket, London, 1846, pp. 71-73.



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giovedì 15 luglio 2021

PATRONUS FECIT: il reperto romano donato al Comune di Scurcola Marsicana


Sono diverse le testimonianze d'epoca romana rinvenute nel territorio di Scurcola (che si trovava nell'orbita della colonia di diritto latino di Alba Fucens). E non è raro che certe "scoperte" siano avvenute per mano di privati cittadini. È il caso di Fernando Di Pietro, lo scurcolano di cui ho già scritto in passato perché protagonista di una splendida avventura: sposarsi sulla cima del Monte Bianco. Parecchi anni fa, Fernando si trovava presso un campo di sua proprietà, in zona "Pratelluccio" detto anche "La difesa", oltre la linea ferroviaria di Scurcola. Mentre lavorava la terra notò la presenza di un blocco di pietra, sepolto da detriti e terriccio, che riportava un'iscrizione in latino. Fernando prelevò quella pietra e la portò a casa, sistemandola nel suo giardino.


Successivamente contattò Enzo Colucci e pose alla sua attenzione il reperto trovato per caso. Enzo, come spesso è accaduto, ha segnalato la pietra scoperta da Fernando Di Pietro al professor Cesare Letta che l'ha analizzata e studiata rilevando il significato e la funzione di quel reperto. Il prof. Letta ha raccolto le sue conclusioni in un testo incluso all'interno del volume dedicato al Secondo Convegno di Archeologia dell'Archeoclub Marsica [1]. Nello specifico, lo studioso spiega: "Si tratta della parte inferiore di un blocco calcareo di cm 80 x 29,5 c. (in due pezzi combacianti), probabilmente pertinente a un monumento sepolcrale, con la parte finale di un'iscrizione in bei caratteri della fine del I sec. a.C. o degli inizi del I sec. d.C.". E poco dopo: "Purtroppo i nomi sono andati perduti, ma si può dire che il dedicante aveva eretto la tomba per un suo liberto o una sua liberta".

Donazione del reperto da Fiorella Di Pietro
al Comune di Scurcola

La ricostruzione che lo studioso compie, quindi, chiarisce il senso del frammento di iscrizione presente sul reperto millenario rinvenuto da Fernando Di Pietro e segnalato da Enzo Colucci al professor Letta. Vale anche la pena far sapere che il reperto d'epoca romana è stato donato al Comune di Scurcola Marsicana dalla figlia di Fernando, Fiorella Di Pietro, in data 4 novembre 2020. L'intento di Fiorella è stato quello di realizzare un desiderio di suo padre, venuto a mancare lo scorso anno: donare al suo paese natale, a cui è sempre stato molto legato, l'antico reperto che aveva rinvenuto per caso e che per anni aveva conservato nel suo giardino. 

Targa da apporre accanto al reperto

Attualmente, la preziosa pietra dovrebbe trovarsi nel Municipio di Scurcola (sperando che nessuno l'abbia spostata o sottratta) in attesa di una collocazione migliore e più degna. Forse sarebbe il momento di pensare a un vero e proprio spazio museale dedicato ai reperti, alle opere e ai numerosi oggetti storici che Scurcola possiede, non ultima la splendida statua togata romana di età claudia che, purtroppo, giace praticamente dimenticata all'ingresso della vecchia sede comunale.



Note:
[1] "Il Fucino e le aree limitrofe nell'antichità" a cura dell'Archeoclub d'Italia - Sezione della Marsica, 2001, p. 218.

***

Ringrazio Fiorella Di Pietro per avermi tenuta al corrente della donazione del reperto d'età romana al Comune di Scurcola e Enzo Colucci per avermi indicato l'esito delle analisi condotte dal prof. Cesare Letta.



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sabato 10 luglio 2021

Scurcola Marsicana in una splendida fotografia del 1932


Pur conoscendo praticamente a memoria molte vecchie fotografie di Scurcola, sono rimasta stupita nell'osservare una vecchia immagine in bianco e nero che non avevo mai visto prima. Si tratta di uno scatto che, secondo la didascalia, risale al 1932. Ho rintracciato questa foto nel corso di una delle solite ricerche che conduco tra gli archivi web internazionali. Nello specifico, l'ho individuata all'interno del sito tedesco "Bildindex - der kunst & arkitectur" ossia "Bildindex - l'arte e l'architettura" e dovrebbe far parte dell'Archivio fotografico Foto Marburg, ricompreso nel Centro tedesco di documentazione per la storia dell'arte.

La didascalia che accompagna la foto

La didascalia, in tedesco, leggibile sotto la foto, recita: "Scurcola Marsicana - Dorf - Gesamtansicht des Dorfes in den Abruzzo". Non conosco il tedesco ma, con il supporto di un traduttore automatico ho potuto capire il testo: "Scurcola Marsicana - Villaggio - Veduta generale del paese abruzzese". Il nome dell'autore dello scatto non viene specificato, ma è evidente che la foto sia stata realizzata dalla sommità del Colle di Sant'Antonio. Trovo che, per i dettagli che consente di rilevare, l'immagine accolta nell'archivio digitale tedesco sia da sola il racconto di un tempo lontano in cui Scurcola era piuttosto diversa da come è diventata.

Dettaglio: tre donne con la conca

L'elemento che mi ha colpito più di altri, neanche a dirlo, è rappresentato dalla presenza delle tre donne con la conca che percorrono la strada principale. Tre scurcolane degli anni Trenta, immortalate di spalle, che portano sul capo la celebre conca. Dal loro portamento, mi sembra di poter affermare che la conca in rame sia già stata riempita e questo presuppone che stiano tornando da una fonte che doveva trovarsi alle loro spalle e che, per quanto ne so, oggi non esiste più.

Dettaglio: una sola automobile per strada

Un altro dettaglio che mi ha fatto riflettere è la presenza, lungo la via (ancora in terra battuta), di una sola vettura. Via Tiburtina Valeria, infatti, è costellata dalle figure di diverse persone a piedi ma da un'unica automobile. Ovviamente siamo nel 1932 e la maggioranza degli scurcolani poteva permettersi, al massimo, un carretto trainato da un somaro o, nel migliore dei casi, da un cavallo. Come si può vedere chiaramente, gli alberi che costeggiano la strada sono pieni di foglie, da questo si può ipotizzare che la foto sia stata realizzata nella bella stagione e, dal taglio della luce e delle ombre proiettate sulle case del paese e sulla Rocca, credo fosse tardo pomeriggio: la luce arriva da occidente.

Dettaglio: il borgo di Scurcola nel 1932

Purtroppo la qualità dell'immagine non è eccezionale per cui scorgere particolari in lontananza non è semplice, ma una cosa l'ho notata: il campanile della Chiesa della SS. Trinità è ancora sprovvisto dell'orologio. Infatti, al tempo, dopo il crollo della Torre dell'Orologio, in zona Corte Vecchia, in paese non era ancora stato installato il grande orologio che tuttora si trova in cima alla torre campanaria della Chiesa parrocchiale. Ciò avverrà solo un anno più tardi, nel 1933. Scurcola, nel 1932, aveva già subito i danni strutturali causati da due terremoti, quello del 1904 e quello del 1915. Nel 1932 Mussolini è già al potere da dieci anni e nessuna delle persone immortalate nella foto immagina che da lì a otto anni l'Italia sarà coinvolta in un'altra Guerra Mondiale.



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lunedì 5 luglio 2021

Una strana "presenza" nel dipinto della Madonna del Carmine e Santi


L'interessante dipinto olio su tela, risalente ai primi del Seicento, alto circa 210 cm e largo 154, si trova presso la Chiesa di Sant'Antonio e rappresenta la "Madonna del Carmine e Santi", nello specifico S. Francesco, S. Antonio da Padova e S. Domenico. La Madonna del Carmine viene anche denominata, tradizionalmente, Madonna del Monte Carmelo che, vale la pena ricordare, è il luogo della Galilea in cui, secondo la tradizione ebraica, viveva il profeta Elia. Nel Medioevo alcuni eremiti si ritirarono su questo monte sotto la protezione della Vergine e da qui il culto della Madonna del Monte Carmelo o Madonna del Carmine, patrona dell'ordine dei carmelitani e di tutti coloro che vivono la spiritualità del Carmelo.

Madonna del Carmine

Nel dipinto presente a Scurcola, la Madonna emerge, a mezza figura, sorreggendo affettuosamente tra le braccia il Bambino Gesù in un trionfo di nubi e angeli. Al di sotto c'è la riproduzione, in piccolo, della stessa figura della Madonna posta a protezione di un centro abitato. In primo piano, si vedono le figure di tre importanti santi: S. Francesco d'Assisi (fondatore dell'ordine dei francescani), S. Antonio da Padova (francescano: a lui è dedicata la chiesa di Scurcola che accoglie l'opera pittorica) e, infine, S. Domenico (fondatore dell'Ordine dei frati predicatori detti anche domenicani). Mi permetto di far notare che, a mio avviso, il terzo santo potrebbe anche richiamare (o essere?) la figura di S. Vincenzo Ferreri il cui culto a Scurcola esiste da diversi secoli e che, come sappiamo, apparteneva all'ordine dei domenicani.

La "strana" figura ai piedi dei Santi

Però ciò che mi interessa approfondire attraverso questo post è la "strana" presenza che si può notare nella parte inferiore del dipinto. Serve un minimo di attenzione ma, osservando lo spazio pittorico che si trova tra i santi inginocchiati, si può notare una figura sbiadita, quasi un "fantasma". I tecnici lo definiscono un "pentimento non sufficientemente coperto" da parte dell'artista che ha realizzato la tela: il volto di un uomo con i capelli e la barba scuri, le mani giunte in segno di preghiera e la gorgiera bianca che circonda collo e viso. Chi è costui? Perché il suo volto spunta, come un'ombra, su un dipinto dedicato alla Madonna del Carmelo?

I due volti a confronto: "fantasma" e G. Cesare Bontempi

Risposte esatte e storicamente valide, al momento, non ce ne sono. In passato qualcuno ha avanzato l'ipotesi che il volto del "fantasma" del dipinto potesse essere messo in connessione con quello del ritratto di Giovan Cesare Bontempi, custodito sempre all'interno della nostra Chiesa di S. Antonio. Come ho già scritto in altre circostanze, Giovan Cesare Bontempi venne a mancare il 14 ottobre 1584 e fu sepolto, come attesta una lapide del tempo, posta al di sotto del suo ritratto, proprio nella Chiesa di S. Antonio. L'idea che la figura sbiadita presente sulla tela della Madonna del Carmine di Scurcola possa essere un altro ritratto di Giovan Cesare Bontempi non mi sembra sostenibile. Mettendo a confronto i due volti, infatti, si notano notevoli e sostanziali differenze. Il ritratto dell'uomo con le mani giunte dovrebbe appartenere, per logica e per convenzione pittorica, a colui che ha commissionato l'opera nella prima parte del Seicento. Costui avrebbe voluto figurare sulla tela in posa devota. Qualcosa però, evidentemente, non ha funzionato e di quel volto, oggi, non ci resta che un pallido, vago e ignoto sembiante.

***

Ringrazio Franco Farina che ha messo a mia disposizione la fotografia della tela della "Madonna del Carmine e Santi" oggetto di questo post.



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Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane no...