venerdì 25 febbraio 2022

Girolamo Ferilli, il francescano di Scurcola che nel 1617 fondò il Convento di S. Carlo a L'Aquila


Il nome di frate Girolamo Ferilli è incluso da Corsignani [1] tra gli scurcolani degni di nota, accanto a quelli di Prospero Bonafamiglia, Antonio Rocchi e Giovan Cesare Bontempi, solo per citarne alcuni. Per diverso tempo ho provato a cercare informazioni su questo francescano di Scurcola vissuto, verosimilmente, tra la fine del Cinquecento e la prima parte del Seicento di cui, in generale, mi sembra che nessuno abbia mai approfondito la storia. Un'importante svolta c'è stata quando ho rintracciato un'opera del sacerdote Angelo Signorini relativa alla descrizione della Diocesi dell'Aquila [2].

Per capire chi fosse frate Girolamo Ferilli di Scurcola ho recuperato, seguendo l'indicazione in nota fornita dal Corsignani, anche l'antico testo scritto dal teologo, inquisitore e storico parmense Francesco Bordoni [3] che, ricostruendo la storia del Terzo Ordine Regolare di San Francesco (TOR), si sofferma anche sui conventi presenti alla sua epoca nel territorio abruzzese. Ed è nel breve paragrafo dedicato alla città dell'Aquila che si trova il nome del nostro Girolamo, nominato, in latino, "Hieronimo Ferello de Scurcula". Il Bordoni, la cui opera, evidentemente, Corsignani aveva consultato, scrive che lo scurcolano frate Girolamo, nel 1617, aveva ricevuto, da parte del Vescovo l'incarico di fondare un convento a L'Aquila.
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Testo del Bordoni in cui si parla di Hieronimo Ferello de Scurcula

Gonzalo de Rueda, spagnolo, era stato nominato Vescovo dell'Aquila il 19 dicembre 1605 da Filippo III di Spagna e fu poi confermato nel suo incarico pastorale anche da papa Paolo V. Secondo Bordoni la realizzazione del convento da parte di frate Girolamo, incaricato dal Vescovo de Rueda, costò 480 "scutorum" (scudi). È abbastanza logico ipotizzare che, essendo frate Ferilli un francescano del Terzo Ordine, provenisse dal convento annesso alla Chiesa di S. Antonio di Scurcola, lì dove frate Guglielmo Malparlante già nel 1506 aveva ricevuto la concessione per la fondazione di un convento TOR dal Vescovo marsicano Giacomo Maccafani. Concessione perfezionata il 26 luglio 1520 quando il Principe Ascanio Colonna accordò la donazione del Convento allo stesso religioso francese Guglielmo Malparlante.

A questo punto vale la pena soffermarsi su quanto racconta don Angelo Signorini il quale conferma che nel 1617 un "tal P. Girolamo Ferelli della Scurcola in diocesi de' Marsi rattrovandosi Provinciale de' Francescani, detti del Terz'Ordine, con la somma di 400 ducati acquistava in Aquila, da Scipione del Rubei di Paganica e da Emilia Tingoli, un'abitazione nel locale della Barete; affin di costruirvi Chiesa e Convento, che nel breve spazio di un anno si abitava già dai Religiosi. Alla quale Chiesa si volle dare il titolo di S. Carlo, perché appunto S. Carlo Borromeo, morto nel 1584, nell'anno 1610 era appena stato canonizzato dal Pontefice Paolo V" [4].

Vecchia foto della Piazza de L'Aquila

Signorini spiega che il convento aquilano, gestito dai francescani del Terzo Ordine, divenne luogo di studio di Teologia e Filosofia. E così fu per tanti anni fino a quando i frati di San Carlo "furono poscia trasferiti nel convento della Scurcola". Non sono chiari i motivi per cui i francescani del Convento di San Carlo a L'Aquila furono rimandati a Scurcola, ciò che è certo è che, oggi, il Convento di San Carlo, fondato nel 1617 dal francescano scurcolano Girolamo Ferilli (o Ferello o Ferelli), non esiste più. Signorini, che scrive nel 1868, fa riferimento al fatto che il vecchio convento fu utilizzato prima come ospizio per i trovatelli per divenire, più tardi, prigione centrale.


Note:
[1] Pietro Antonio Corsignani, "Reggia Marsicana", Parrino, Napoli, 1738, p. 486.
[2] Angelo Signorini, "La diocesi di Aquila descritta ed illustrata", Vol. II, Grossi, L'Aquila, 1868.
[3] Francesco Bordoni, "Historia Tertii ordinis. Cronologium fratrum et sororum Tertii ordinis", Typos Marij Vignae, Parma, 1658, p. 395.
[4] Signorini, op. cit., p. 113.



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domenica 20 febbraio 2022

Quanto vale il nostro paesaggio?


Ci pensiamo poco o, probabilmente, non ci pensiamo affatto. Il paesaggio di cui godiamo vivendo a Scurcola, chiedo, quanto vale? Per chi lo ammira di rado, in base a una semplice regola "economica", immagino valga molto di più di chi lo osserva (pure distrattamente) ogni giorno, o quasi. Il nostro paesaggio, a ben pensare, è inestimabile. E non credo di esagerare. Abbiamo la fortuna di abitare in un luogo che, tutto sommato, ha mantenuto intatte le sue principali caratteristiche territoriali e ambientali.

Monte Velino dall'arco di Vicolo Maiella

Secondo una definizione "ufficiale", da dizionario, per intenderci, il paesaggio è una "porzione di territorio come appare abbracciata dallo sguardo di un soggetto". Una visione estetica, dunque, visiva, sicuramente ma, per come mi piace intenderlo, il paesaggio può avere anche una valenza emozionale, evocativa, mentale. I paesaggi scurcolani cambiano nel corso delle stagioni, cambiano in base al luogo d'osservazione, cambiano anche in base allo stato d'animo di chi osserva.

Monte San Nicola

La salute e il valore del paesaggio risentono, inevitabilmente, non solo degli eventi naturali che si verificano ma anche e, temo, soprattutto, delle azioni e delle scelte che gli uomini compiono. Il paesaggio è mutevole e fragile, allo stesso tempo. La salvaguardia della bellezza del nostro paesaggio (e di parecchia bellezza si parla), la sua essenza estetica e culturale sono concentrate nelle nostre mani, nei nostri pensieri, nelle nostre intenzioni. Sono responsabilità che dobbiamo avere l'accortezza di gestire con estrema intelligenza e con la cura che si presta a quanto di più importante possediamo.

Campi Palentini visti dall'Arco Ansini

Scurcola è anche il suo paesaggio. Come detto: ci pensiamo poco o nulla, eppure è così. Il paesaggio di cui può godere Scurcola è unico e irripetibile: esiste solo qui e non altrove. Il nostro paesaggio contempla (fateci caso!) la nostra identità: ci plasma, ci commuove, ci rincuora, ci sorprende, ci allarma, ci coinvolge. Siamo sempre un po' ciò che ci circonda e ciò che osserviamo. Il paesaggio di Scurcola parla agli scurcolani, è vero, ma può dire e offrire molto anche a chi scurcolano non è. È un punto di forza pari quanto almeno alla nostra storia e alle nostre tradizioni. Il paesaggio ha la sua potenza ecologica, il suo dire senza tempo, la sua impronta spaziale. A noi il fondamentale ruolo di custodi: sentinelle di questo patrimonio senza età che abbiamo il compito di conservare e mantenere e valorizzare.



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martedì 15 febbraio 2022

La Rocca Orsini di Scurcola Marsicana com'era: le foto di Max Hutzel


Max Hutzel è un fotografo tedesco vissuto tra il 1911 e il 1988. L'Italia è divenuta, dopo la Seconda Guerra Mondiale, il suo paese d'adozione. Hutzel ha lavorato come fotografo di moda e di cinema ma, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, si è dedicato alla documentazione fotografica. Quindi iniziò a viaggiare per i piccoli paesi poco noti del centro Italia, soprattutto in Abruzzo. Hutzel realizzò uno studio intitolato "Foto Arte Minore" in cui ha raccolto i suoi lavori di documentazione fotografica che sono confluiti, oggi, nella Getty Photo Library come parte del programma Open Content.

La parete posteriore della Rocca Orsini

Ed è proprio nell'immenso archivio della Getty che ho rintracciato alcuni importanti scatti che Max Hutzel realizzò a Scurcola probabilmente negli anni Sessanta (la data precisa non è disponibile). Uno dei "soggetti" delle sue fotografie è stato il nostro castello, meglio noto semplicemente come Rocca Orsini. Gli scatti in bianco e nero realizzati dal fotografo tedesco ci mostrano il fortilizio così come appariva al tempo: in totale stato di degrado e di abbandono.

Torrione della Rocca Orsini

Ricordo perfettamente, avendo comunque l'età sufficiente per farlo, il Castello prima che iniziassero i lavori di ripuliturarecupero e ripristino dello storico edificio che sovrasta il nostro borgo ormai da tanti secoli, grazie all'interessamento di scurcolani visionari e coraggiosi (tra i primissimi: Loreto Tortora ed Erminio Di Gasbarro). Ho ritenuto utile recuperare la memoria visiva che Hutzel ci ha lasciato per far rilevare anche ai più giovani o ai più piccoli come si presentava la Rocca "prima".

Max Hutzel

Le passate amministrazioni hanno dato il via ai lavori e li hanno portati avanti per anni, la presente amministrazione ha ereditato quello che in passato è stato fatto e dovrà, si spera, condurlo a termine. Il desiderio di tutti è che il magnifico edificio storico, prezioso per Scurcola ma anche per tutto l'Abruzzo, sia definitivamente rimesso in sesto e, finalmente, dopo almeno tre decenni di opere, attese, rimandi, scartoffie e promesse, possa essere reso accessibile a chiunque voglia visitarlo. Sarà necessario recuperare la sua lunga e preziosa storia e porlo, una volta per tutte, al centro dei progetti culturali, turistici e urbanistici essenziali per Scurcola, per gli scurcolani e per tutto il territorio.



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giovedì 10 febbraio 2022

Chi era Luigi Di Giacomo al quale è intitolata una strada del borgo di Scurcola?


La foto che apre questo post è forse l'unica oggi disponibile del capitano Luigi Di Giacomo [1]. Come ben sapranno coloro che vivono o che frequentano il centro storico di Scurcola Marsicana, a Luigi Di Giacomo è intitolata la strada che dallo slargo chiamato di Cantalupo, salendo, conduce fino all'arco da cui principia via del Castello. Mi sono chiesta più volte chi fosse Luigi Di Giacomo e perché una via del nostro paese fosse intitolata a lui. Ho condotto le mie ricerche che, a dire il vero, non sono state né semplici né immediate. Ho provato a cercare informazioni su Luigi Di Giacomo [2] diversi mesi fa ma solo adesso sono riuscita a ricostruire, almeno in parte, la sua storia.

Via Luigi Di Giacomo (ultimo tratto)

Prima di tutto: Luigi Raffaele Di Giacomo era il figlio di uno dei medici condotti storici di Scurcola, il dottor Oreste Di Giacomo (1855-1944). Era nato il 27 maggio 1889 e, secondo l'annuario dell'Università di Roma, datato 1912, Luigi era uno studente universitario. Egli è uno dei tanti giovani scomparsi nel corso della Grande Guerra, per la precisione: Luigi Di Giacomo morì nella notte tra il 17 e il 18 marzo del 1918 a seguito dell'affondamento, per siluramento da parte di un U-Boot tedesco, del Piroscafo Tripoli al largo di Capo Figari, promontorio a nord della Sardegna.

Piroscafo Tripoli

Il Piroscafo Tripoli, di proprietà della Società di Navigazione Generale Italiana, in tempi di pace, era utilizzato come postale sulla rotta Golfo Aranci-Civitavecchia. Come spesso accadeva, durante i periodi di belligeranza, anche le navi civili venivano sfruttate per scopi militari. Esattamente come accadde al Tripoli, usato, seppur non ufficialmente, per lo spostamento delle truppe. Secondo i resoconti dell'Agenzia di Navigazione di Golfo Aranci, quella sera sul Piroscafo erano imbarcate 489 persone: 63 membri dell'equipaggio della Marina Mercantile, 379 militari (per lo più facenti capo alla Brigata Sassari) e 47 civili. Alle ore 22:30 del 17 marzo 1918, pochi minuti dopo il siluramento, venne lanciato l'SOS. Il siluro  colpì la sala macchine causando l'affondamento del Piroscafo Tripoli. Non vi erano scialuppe di salvataggio a sufficienza per tutti, le acque erano gelide e i soccorsi arrivarono con ritardo.

Monumento ai Caduti di Scurcola Marsicana

Non si ha la certezza di quante persone persero la vita con l'affondamento del Tripoli. Probabilmente, secondo alcuni studiosi, i morti potrebbero essere stati 288 e tra di loro vi era sicuramente anche il nostro capitano Luigi Di Giacomo di 29 anni. Il suo nome figura, accanto a molti altri, sul Monumento ai Caduti di Scurcola Marsicana. Posso immaginare che, al tempo, quando la famiglia Di Giacomo apprese la notizia della tragica morte di Luigi visse momenti di estremo e comprensibile dolore. Non ho recuperato la documentazione ufficiale che, considerando l'incendio che nel 1922 distrusse moltissimi atti del Comune di Scurcola, temo non sia più rintracciabile, ma ipotizzo che, come forma di rispetto nei confronti del dottor Di Giacomo, gli amministratori del tempo vollero intitolare a suo figlio una strada del paese. Ora sappiamo perché nel nostro borgo esiste via Luigi Di Giacomo: in memoria di un giovane militare scurcolano scomparso in mare 104 anni fa.


Note:
[1] Foto pubblicata per gentile concessione di Silvia Musi autrice del saggio "Caduti Piroscafo Tripoli".
[2] Banca Dati dei Caduti e Dispersi 1ª Guerra Mondiale (difesa.it).



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sabato 5 febbraio 2022

Terremotati di Scurcola Marsicana in un'inedita e preziosa foto d'epoca


L'affascinante fotografia, finora inedita, che apre questo post è stata resa pubblica da Arrigo Ferracuti. Si tratta della persona che, qualche tempo fa, aveva reso disponibile, via Facebook, il testamento del cavalier Antonio Ansini, di cui ho scritto. Ho avuto modo di conoscere, al momento solo telefonicamente, Arrigo Ferracuti e ho potuto apprezzare la sua grande passione per la storia, per la ricerca, per la conoscenza. Entrambi siamo convinti che condividere con altre persone ciò che torna alla luce dopo un'indagine storica sia l'unico modo per consentire alla memoria di sopravvivere all'oblio del tempo e degli uomini. Sono sicura che il materiale in possesso di Arrigo Ferracuti diventerà essenziale per l'approfondimento di numerosi dettagli della storia scurcolana.

Ad attestare la rilevanza del ruolo di Ferracuti vi è la scoperta di uno scatto fotografico molto prezioso che, finora, nessuno aveva mai visto. L'immagine è stata generata dallo sviluppo di un negativo rinvenuto solo di recente. La fotografia mostra quattro persone accanto a una serie di casette in legno sulle quali sono riportate delle iscrizioni: "Città di Fermo", "Servigliano", "Monsampietro Morico". Si tratta, come intuibile, di persone scampate al terremoto e accolte all'interno di piccole costruzioni temporanee donate da alcuni centri marchigiani. Nel pubblicare la fotografia, Ferracuti ha legato la bellissima, ma anche tragica, immagine al terremoto che colpì Scurcola (ed altri Comuni della Marsica occidentale) il 24 febbraio 1904.

Negativo dal quale è stata sviluppata la fotografia (Ferracuti)

I nostri quattro concittadini, secondo tale ipotesi, dovrebbero essere gli sfollati del sisma del 1904 che, come ho già scritto in precedenza, a Scurcola provocò diversi crolli ma nessuna vittima. La deduzione di Arrigo Ferracuti rispetto alla data del 1904 è legata al fatto che il negativo era incluso tra alcuni incartamenti che comprendono anche la lettera minuta (di cui scriverò in un prossimo post) scritta nel 1904 dall'allora Abate Curato di Scurcola, don Vincenzo De Giorgio, a papa Pio X per chiedere "un sussidio al disgraziato paese". Si tratta, come evidente, di supposizioni ragionevoli però, personalmente, non riesco ad escludere del tutto l'idea che la fotografia in esame potrebbe essere fatta risalire al periodo immediatamente successivo all'altro terremoto che colpì Scurcola, e gran parte della Marsica, nella mattina del 13 gennaio 1915.

Ad indurmi a considerare anche questa seconda, e più tarda, possibile datazione vi è un testo che Costantino Oddi, condividendo a sua volta l'immagine dei nostri terremotati, ha accostato alla fotografia recuperata da Ferracuti. Oddi richiama un documento del Comune di Scurcola risalente all'8 marzo 1922 [1], ricompreso in un saggio di Giuseppe Morzilli [2], nel quale si legge che la giunta comunale di Scurcola, guidata dal Sindaco del tempo, Costantino Oddi (nonno del nostro contemporaneo) vincolava "la somma ricavata colla vendita delle baracche del Comitato Fermo" che con verbale 21 Dicembre 1921 […] il Comune di Scurcola vendeva le sei baracche regalategli dal Comitato di Fermo […] per la complessiva somma di 9130 lire.  E poi "dal terremoto 1915 fu distrutto il pubblico orologio e che da quell'epoca, sino ad oggi la popolazione ne è rimasta priva con smormoramento generale".

Torre dell'Orologio di Scurcola (Corte Vecchia) inizi '900

In un altro documento del 1923 [3], sempre riportato da Morzilli [4], si legge: "Il terremoto del 13 gennaio 1915 abbatteva la torre dell'antico orologio comunale. Per ripristinare attualmente il nuovo orologio nel primitivo posto occorrerebbe riedificare la torre…". Dai due atti comunali del 1922 e del 1923 si evince un dettaglio non irrilevante: la torre del vecchio orologio pubblico di Scurcola, sita in zona "Corte Vecchia", crollò a seguito del terremoto del 1915 e non nel 1904 come, in qualche caso, è stato specificato. Nella fotografia sviluppata da Ferracuti, lì dove doveva trovarsi la Torre dell'Orologio, sono visibili delle macerie e un "buco" dovuto, evidentemente, al crollo della stessa.

Torre dell'Orologio crollata nel 1915

Ci sono altri due elementi che mi inducono a pensare che l'immagine storica e preziosissima dei nostri terremotati potrebbe forse risalire al 1915. Primo: se le casette di legno fossero state installate nel 1904, all'atto della loro vendita, attestata dall'atto comunale e realizzata nel 1921 (quindi dopo 17 anni), non dovevano essere più in condizioni ottimali. Anzi probabilmente a distanza di tanto tempo non sarebbero state più nemmeno così "appetibili" per gli eventuali acquirenti che, comunque, permisero di realizzare la discreta somma di 9130 lire. Secondo: sappiamo con certezza che il paese di Cappelle, dopo il terremoto del 1915, venne soccorso e aiutato dalla comunità marchigiana di Pollenza, in provincia di Macerata. Mi chiedo: non potrebbe essere accaduto che, nello stesso periodo, altre comunità marchigiane, facenti capo al Comitato di Fermo, città non distante da Pollenza, abbiano aiutato e soccorso Scurcola? La questione rimane aperta, nella speranza di compiere ulteriori ricerche e scoprire nuovi e finora ignoti dettagli legati a quel tragico e complicato momento storico del nostro paese.


Note:
[1] Archivio di Stato di L'Aquila, Atti del terremoto, busta 50.
[2] Giuseppe Morzilli, "Scurcola Marsicana Città dell'Abruzzo marsicano", Tomo I, 2016, p. 272.
[3] Archivio storico del Comune di Scurcola Marsicana, delibera n. 43/1923.
[3] Giuseppe Morzilli, "Scurcola Marsicana Città dell'Abruzzo marsicano", Tomo II, 2016, p. 151.

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Devo ringraziare Arrigo Ferracuti che, attraverso la sua fotografia e alcuni interessanti dialoghi, mi ha aiutato a scoprire un documento storico essenziale per le vicende scurcolane dei primi del Novecento. Ringrazio Costantino Oddi per aver ascoltato, tra le altre cose, le mie ipotesi di datazione in merito alla fotografia in esame. Ringrazio Paolo Salucci per avermi consentito di entrare in contatto con Ferracuti e per il confronto avuto riguardo le vicende di Cappelle dopo il sisma del 1915. Ringrazio Antonella Curini per la tempestività con la quale, anche stavolta, mi ha segnalato la pubblicazione online della storica immagine dei terremotati scurcolani.



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