"In memoria degli 89 insorgenti borbonici qui fucilati il 23 gennaio 1861. La municipalità cittadina e i compatrioti posero. Non muore chi ha aiutato altri a vivere. 18 Gennaio 2020". Queste le parole della lapide che ricorda l'efferato Eccidio di Scurcola Marsicana, posta accanto all'ingresso di quella che, ancora oggi, chiamiamo la Cappella delle Anime Sante. In questo luogo, infatti, nella mattina del 23 gennaio 1861, quindi esattamente 160 anni fa, si è consumata una delle più gravi carneficine della storia contemporanea italiana anche se, purtroppo, sembra che il ricordo di ciò che avvenne è stato intenzionalmente offuscato per generazioni. La Storia, però, seppur con qualche affanno, tende sempre a riaffiorare riportando a galla, almeno in parte, eventi lasciati cadere nell'oblio. D'altro canto è difficile cancellare in maniera indelebile l'eccidio di 89 uomini e la scomparsa di altri 277. Perché è di questi "numeri" che parliamo. Anche se ognuno di quei numeri rappresenta un essere umano e, proprio per questo, degno di ogni rispetto e considerazione.
Per spiegare i motivi che hanno condotto al massacro di 89 uomini presso le Anime Sante serve fare un minimo di chiarezza sugli eventi che caratterizzarono la storia locale durante quegli anni. Anche nella Marsica, infatti, erano venuti a formarsi due grandi fronti, da una parte c'era chi sosteneva i piemontesi, dall'altra chi sosteneva i borbonici. Sappiamo benissimo chi ebbe la meglio ma, forse, sarebbe giusto sapere anche a quale prezzo e con quali metodi. Serve rammentare, inoltre, che in questo periodo il Sud Italia è governato da Francesco II, detto Franceschiello, ultimo re delle Due Sicilie, salito al trono solo il 22 maggio 1859. La nascita del Regno d'Italia (col trionfo dei Savoia e il tracollo dei Borboni), come sappiamo, sarà proclamata il 17 marzo 1861.
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Targa commemorativa |
Arriviamo, dunque, al gennaio del 1861. Il giorno 13, a Tagliacozzo, si verifica un violento scontro tra le truppe piemontesi, guidate dal maggiore Ferrero, e quelle borboniche del generale Luverà. I piemontesi hanno la peggio e sono costretti a ripiegare verso Avezzano accusando la perdita di ben 23 persone. Nel frattempo altri uomini, definiti semplicemente "briganti", provenienti dalle aree circostanti vanno a rafforzare le fila dei borbonici presenti nella Marsica. Ad Avezzano, il colonnello piemontese Quintili decide di dislocare due compagnie di fanteria: una a Magliano e una a Scurcola, quest'ultima comandata da Faldi. Nel pomeriggio del 22 gennaio 1861 Giacomo Giorgi e i suoi borbonici preparano un attacco contro i piemontesi presenti a Scurcola. La compagnia del comandante Faldi, nonostante l'attacco inaspettato, resiste anche grazie all'arrivo repentino delle compagnie di Avezzano e Magliano chiamate in soccorso. I soldati piemontesi riescono a circondare Scurcola bloccando all'interno i borbonici guidati dal Giorgi. Uno sparuto gruppo di borbonici riesce a fuggire ma tanti di loro rimangono a Scurcola e possono solo cercare di nascondersi nelle stalle o nelle case degli scurcolani.
Nel corso della notte, il maggiore piemontese Antonio Delitala lascia Avezzano e giunge a Scurcola con altre tre compagnie. La mattina successiva, quella del 23 gennaio 1861, Delitala emana un bando con il quale, sotto minaccia di morte, intima tutti gli abitanti di Scurcola di denunciare i borbonici e i "briganti" nascosti in paese. In poco tempo molte persone vengono condotte di fronte al maggiore piemontese. In un testo intitolato "Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861" [1], a tal proposito si legge: "Dettero un bando che qualunque cittadino ascondesse un forestiero sarebbe fucilato; tutti per ispavento cacciarono gl'infelici ospiti alla via, e pur talun innocente statevi per caso". La retata, infatti, non fece grandi distinguo: nel mucchio dei prigionieri si ritrovarono anche degli innocenti, come spiega De' Sivo.
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Libro di Enzo Colucci dedicato all'eccidio Copertina di Maurizio Moretti
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Durante la mattinata del 23 gennaio 1861, quindi, inizia la strage: "al mattino cavandoli a uno a uno, prima gli uffiziali poi i soldati lor traevano colpi addosso sulla via, a orrenda caccia disordinata; sicché pur riuscì a qualcuno di scappar via tra tanti carnefici. Colma era la strada di cadaveri e sangue, né sazie quelle tigri", continua il racconto in "Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861". Gli uomini catturati, borbonici, briganti, innocenti vengono giustiziati nei pressi della Cappella delle Anime Sante. Le vittime saranno 89 ma avrebbero potuto essere molte di più se, intorno a mezzogiorno, non fosse giunto da Avezzano l'ordine che imponeva al maggiore Antonio Delitala di fermare immediatamente le fucilazioni.
Secondo i dati riportati alla luce in tempi più recenti, sembrerebbe che oltre agli 89 giustiziati, siano stati ammassati altri
277 prigionieri che, scampati all'eccidio,
sono destinati a raggiungere prima Avezzano e poi L'Aquila per essere processati. Come alcuni storici sospettano, sembra che
nessuno di loro sia mai arrivato a destinazione e non si sa, con esattezza, che fine abbia fatto questo nutrito gruppo di borbonici catturati.
La morte di tante persone, purtroppo, è stata quasi cancellata dalla memoria degli scurcolani ai quali i piemontesi, con crudeli minacce, imposero il silenzio perenne. Neanche sul registro dei morti di Scurcola è stato annotato nulla. Eppure c'erano 89 cadaveri riversi nel loro sangue. Si presume che
una parte di essi sia stata inumata ai piedi di Monte San Nicola (forse a San Lorenzo), un'altra parte potrebbe essere stata addirittura
bruciata o inumata in una fossa comune dietro la Cappella delle Anime Sante. Non sapremo mai con esattezza cosa sia avvenuto dopo l'eccidio a Scurcola. L'unica certezza storica è che, un paio di mesi più tardi, il
17 marzo del 1861, Vittorio Emanuele II, con la promulgazione della
legge n. 4671, proclamerà la
nascita del Regno d'Italia.
Note:
[1] Giacinto De' Sivo, "Storia delle due Sicilie dal 1847 al 1861", Viterbo, 1867.
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