martedì 30 agosto 2022

Una bella immagine della perduta Madonna del Latte


Uno tra i primi post che ho scritto (2 ottobre 2019) su "Scurcola Marsicana Blog" era dedicato alla "Madonna che non esiste più". Il breve testo evidenziava la definitiva e ineluttabile scomparsa di un affresco intitolato alla Madonna del Latte (o Madonna dello Latte) di cui non tutti, oggi, anche per questioni anagrafiche, possono conservare memoria. Al tempo facevo rilevare come di questa figura sacra, accolta all'interno di una cappella appositamente edificata a poca distanza dal Convento dei Cappuccini, ci restava solo una scolorita e sgranata fotografia che il compianto amico Dario Colucci aveva accolto tra le pagine di uno dei suoi libri [1].

Di recente sono riuscita a recuperare un'altra fotografia, di qualità migliore seppur sempre in bianco e nero, della perduta Madonna del Latte di Scurcola. Essa è archiviata all'interno del Catalogo generale dei Beni Culturali, disponibile online. Nella relativa scheda, i tecnici che hanno censito il bene artistico quando era ancora visibile scrivono: "L'affresco, ritrovato dopo il terremoto del 1915 fra le macerie della chiesetta cimiteriale della Madonna del Suffragio [dovrebbe essere la chiesa della Madonna del Colle, NdR], fu ricomposta sotto l'attuale nicchia. La rigidità espressiva delle figure, le pieghe ondulate dei panneggi, iconografia attestano che l'autore si attenne a generici schemi tardo-gotici, riscontrabili in gran parte degli autori locali del secolo XV che le integrazioni e i rifacimenti subiti dall'opera nel tempo, hanno alterato".

Madonna del Latte e Bambino

Secondo il racconto di Dario Colucci, l'affresco un tempo si trovava sulla parte destra della chiesa della Madonna del Colle e restò al suo posto nonostante il grave sisma del 1915. Per diversi decenni, infatti, le madri che non avevano latte a sufficienza per sfamare i loro neonati continuarono a recarsi in pellegrinaggio alla Madonna del Latte invocando il suo aiuto. Nel 1952 a Scurcola venne organizzato un cantiere scuola per formare giovani muratori: il progetto venne affidato alla guida del geometra, oltre che farmacista, Emilio Ferrari. I ragazzi che presero parte al cantiere scuola lavorarono al restauro di un locale attiguo al convento che era ormai quasi distrutto. Lo trasformarono in una cappella e sull'altare vollero sistemare l'affresco della Madonna del Latte, spostandolo dalla sua sede originaria. Dario spiega che non fu facile trasferire l'opera perché era fragile e perché pesava molto. Con il supporto di un carretto, però, i neo-muratori scurcolani riuscirono nell'impresa.

Cappella della Madonna del Latte (foto Aulo Colucci)

La Madonna del Latte rimase nella nuova nicchia per diversi anni continuando a essere meta di donne devote e non solo. Col trascorrere del tempo, però, la piccola cappella che l'aveva accolta fin dal 1952 venne a danneggiarsi a causa delle intemperie e dell'incuria. Personalmente ricordo di aver visto la Madonna del Latte ancora intatta, probabilmente tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. Enzo Colucci mi ha riferito che, a un certo punto, l'affresco è sparito. Secondo la testimonianza di Enzo, infatti, la nostra Madonna del Latte sarebbe stata asportata completamente dalla parete sulla quale si trovava e, di conseguenza, rubata. Chi sia l'artefice dell'ennesima sparizione di un'opera d'arte a Scurcola, tanto per cambiare, non è noto. Di certo il nostro paese l'ha perduta per sempre. E la fotografia che ho rinvenuto nel Catalogo generale online dei Beni Culturali, seppur migliore della precedente, non compensa in nessun modo la scomparsa di una figura sacra che fu importante per Scurcola e per gli scurcolani.



Note: 
[1] Dario Colucci, De Scurcola Marsorum, 2008, p. 201, 202.



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giovedì 25 agosto 2022

Il prezioso tabernacolo ligneo a tempietto della chiesa di Sant'Antonio di Scurcola


Sull'altare principale della chiesa di Sant'Antonio di Scurcola Marsicana è presente un prezioso tabernacolo ligneo a tempietto. Si tratta di un oggetto di enorme pregio e di raffinata fattura incluso da tempo nel Catalogo generale dei Beni Culturali all'interno del quale si può leggere la seguente descrizione: "Su un basamento poligonale decorato a intarsio, poggiano quattro colonne corinzie dal fusto a tortiglione, ognuna affiancata da colonnine più piccole, che spartiscono il primo ordine in tre prospetti delimitati da una trabeazione che ripete l'andamento della base. Il corpo superiore, arretrato e terminante con una cupola costolonata d'ispirazione moresca, ripete la medesima composizione del sottostante ordine con colonne a tortiglione e motivi ad intarsio".

Il tabernacolo a tempietto di Scurcola è realizzato in legno di bosso e di ebano. In base alla tradizione orale, trasmessa da Giuseppe Ennio Colucci, sarebbe stato costruito durante la prima parte dell'Ottocento dai frati Cappuccini di Santa Maria del Colle che abitavano presso l'antico convento fondato nel 1590 e soppresso nel 1866, dopo l'Unità d'Italia. In realtà non ci sono certezze in merito all'epoca della sua realizzazione e il bel tabernacolo potrebbe essere più antico di quanto si ritenga. L'uso di intarsiare tempietti lignei da utilizzare come tabernacolo, ossia come edicola all'interno della quale conservare l'Eucarestia, ha iniziato a prendere piede a partire dal Seicento e il genere di lavorazione che si può ammirare nel tabernacolo che si trova nella chiesa di Sant'Antonio, a Scurcola, è strettamente legata alla tradizione dell'ordine dei francescani Cappuccini.

Tabernacolo a tempietto di Scurcola Marsicana

Nella tradizione cappuccina, abruzzese e non solo, i tabernacoli lignei con struttura a tempietto erano spesso frutto del meticoloso lavoro dei cosiddetti "Marangoni" (o "maestri d'ascia"). Si tratta di frati Cappuccini laici che si occupavano esclusivamente della lavorazione del legno. Furono artigiani abilissimi che realizzarono opere d'arte dallo stile inconfondibile. Solitamente i Marangoni gestivano la loro bottega all'interno dello stesso convento e la loro abilità trovò il massimo sviluppo tra il Seicento e il Settecento. Al momento non sappiamo se il nostro tabernacolo possa essere associato all'opera di un Marangone: servirebbe uno studio approfondito da parte di specialisti in materia che, purtroppo, a Scurcola, non è mai stato condotto. Possiamo comunque collegare con sicurezza il nostro tabernacolo alla tradizione artigiana cappuccina.

Tabernacolo a tempietto di Guardiagrele

Sono vari, in Abruzzo, gli esempi di tabernacoli lignei a tempietto simili a quello della chiesa di Sant'Antonio: se ne trovano anche a Guardiagrele e a Caramanico Terme. L'attuale collocazione del tabernacolo scurcolano, come abbiamo capito, non è quella originaria: la chiesa di Sant'Antonio è legata sempre ai francescani ma, nello specifico, all'ordine dei Frati Minori non a quello dei Cappuccini. Ci sono ottime probabilità, dunque, che il tabernacolo arrivi dal perduto Convento francescano di Santa Maria del Colle. Nell'elenco degli oggetti provenienti dal vecchio Convento dei Cappuccini e consegnati al Sindaco di Scurcola il 7 luglio 1865, al punto 24, viene indicato un "Tabernacolo di noce impiallacciato ed intagliato variamente". Potrebbe trattarsi del tabernacolo ligneo a tempietto di cui stiamo parlando? Forse la descrizione fornita all'epoca è alquanto sommaria, ma si avvicina abbastanza a quella dell'oggetto sacro di cui abbiamo parlato.



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sabato 20 agosto 2022

Benedetto De Giorgio chiede "protezione" per suo figlio Vincenzo De Giorgio


Siamo nel 1878, lo scurcolano Vincenzo De Giorgio, colui che diventerà in seguito un importante musicista, compositore e cantante, ha solo 14 anni ed è ancora uno studente presso il Regio Collegio di Musica (oggi Conservatorio di San Pietro a Majella) di Napoli: vi era entrato a 12 anni "dopo un felice esame" [1]. È cresciuto a Scurcola, Vincenzo De Giorgio, ma ha uno spiccato talento musicale per cui suo padre, Benedetto De Giorgio, figlio di Donato De Giorgio, all'epoca, medico del paese, acconsente affinché possa formarsi musicalmente a Napoli, fino a poco tempo prima capitale del Regno, presso il più antico e prestigioso Conservatorio d'Italia. Vincenzo è ancora molto giovane e sta studiando per costruire quella che diventerà un'importante carriera musicale e canora.

Regio Conservatorio di Musica di Napoli

Ed è proprio a quel lontano 1878, precisamente al 27 giugno del 1878, che risale una preziosa e singolare lettera che il dottor Benedetto De Giorgio scrisse a Francesco Florimo, al tempo Direttore della Biblioteca del Regio Collegio di Musica di Napoli. Florimo è stato un compositore, storico, ricercatore e animatore del panorama culturale del tempo, oltre che compagno di studi e amico di Vincenzo Bellini. In un interessante testo [2] curato da Antonio Caroccia, è contenuta la missiva che Benedetto De Giorgio inviò al Direttore Florimo con la quale cerca di ottenere "protezione" per suo figlio Vincenzo. Questo il testo:

Scurcola de' Marsi 27 Giugno 1878 
Illustrissimo Signor Commendatore
Stimato dalla sua cortesia e modi gentili con che mi accolse allorché con una lettera del Sig. 'Cav.' Villarosa presentai alla S. V. il mio figlio Vincenzo, ora alunno in cotesto R. Collegio, mi fo ardito umiliarle la preghiera della sua valevole protezione verso il medesimo. Si approssimano gli esami, dai quali potrebbe la mia finanza travagliata dalla costosa educazione contemporanea di tre figliuoli (de' quali un primo trovasi anche in cotesta Città nella R. Scuola di marina) avere un grande sollievo. Che se il Giovanetto deve aver fatto profitto e portarsi bene, non può dissimullarsi il valore di benevola e potente protezione che vi si associa, onde io la imploro dal suo magnanimo cuore. Alla mia immensa obbligazione che ne risulterà, aggiungerò quotidiane preci al Signore per la conservazione della sua vita, che ci da il vivente ricordo dell'unico rampollo rimasto delle antiche celebrità di cotesto insigne Collegio: ed i voti di un padre di famiglia che affronta immensi sagrifizi per l'educazione della medesima, non potranno rimanere ascoltati.

Il dottor De Giorgio, come si evince dal testo, in prossimità degli esami, cerca di ottenere il "favore" del Direttore Francesco Florimo nei confronti di suo figlio Vincenzo. Il dott. Benedetto De Giorgio spiega che l'educazione della sua prole comporta spese notevoli. Un altro figlio, infatti, si trova sempre a Napoli, arruolato nella Regia Scuola di Marina fin dal 1877: si tratta di Donato De Giorgio, nato a Scurcola il 27 dicembre del 1861 (ha tre anni più di Vincenzo). Appellandosi, dunque, alla "costosa educazione contemporanea" che tre figli impongono, il dottor Benedetto De Giorgio implora "benevola e potente protezione" dal "magnanimo cuore" del Direttore Florimo.


Non bisogna considerare stucchevole, patetica o adulatoria la lettera che il dottor De Giorgio inviò a Francesco Florimo nel lontano 1878 perché al tempo era pratica comune che genitori, tutori o soggetti vari cercassero la "protezione" di qualche illustre personaggio il quale, ovviamente, era liberissimo di accogliere queste preghiere o di ignorarle completamente. Non sappiamo e, probabilmente, non sapremo mai se la richiesta di Benedetto De Giorgio fu accolta e messa in pratica. Il dato certo è che Vincenzo De Giorgio concluse i suoi lunghi e approfonditi studi canori e musicali tenendo il suo primo concerto pubblico presso la Sala Schioppa, a Napoli, il 21 dicembre 1890.


Note:
[1] Antonio Rosa, Vincenzo De Giorgio. Pianista e Maestro di Canto. Cenni biografici a cura della Pro Loco di Scurcola Marsicana, p. 3.
[2] Antonio Caroccia, I corrispondenti abruzzesi di Florimo: selezione dall'Epistolario. Volume 3 di Documenti di storia musicale abruzzese, Libreria musicale italiana, Lucca, 2007, p. 72.



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martedì 16 agosto 2022

Risale al 1534 la campana più antica di Scurcola Marsicana


La campana più antica di Scurcola Marsicana risale al 1534 ed è attualmente accolta all'interno della sagrestia della chiesa di Sant'Antonio da Padova. È stata recuperata e ricondotta in chiesa diversi anni fa e rappresenta, a mio avviso, uno degli oggetti più preziosi che possediamo. È una campana di dimensioni notevoli che riporta alcune iscrizioni e alcuni simboli che forse possono aiutarci a scoprire dettagli apprezzabili. In primo luogo, sulla parte alta della campana, in grandi caratteri e in numeri romani, è riportata la data MCCCCCXXXIIII; inoltre è possibile leggere alcune parole che, solo grazie all'aiuto di Ernesto Andreoli, sono riuscita a decifrare.

Iscrizioni e simboli sacri

Si tratta della prima frase del Regina Caeli (o Regina Coeli), tracciata con diverse abbreviazioni, la preghiera cattolica dedicata alla Vergine Maria con cui i fedeli chiedono alla madre di Gesù risorto di intercedere presso Dio. Il testo completo: "Regina caeli, laetare, alleluia / Quia quem meruisti portare, alleluia / Resurrexit, sicut dixit, alleluia / Ora pro nobis Deum, alleluia" (Regina del cielo, rallegrati, alleluia / Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia, / È risorto, come aveva promesso, alleluia / Prega il Signore per noi, alleluia). La composizione del Regina Caeli è anonima e dovrebbe risalire al X secolo: un'invocazione recitata in sostituzione della preghiera dell'Angelus nel periodo pasquale oppure, quotidianamente, nel corso della preghiera della Liturgia delle Ore.

Iscrizioni e figura sacra

Altro dettaglio interessante, oltre alla data 1534 e ai primi versi del Regina Caeli, è il nome "Angelus Melo Verulanus", anch'esso ben visibile sull'antica campana. Con ottime probabilità ci troviamo di fronte al nome della fonderia che ha realizzato la preziosa campana: Angelo Melo da Veroli. Ho individuato un documento ottocentesco [1] che cita lo stesso "Angelus Melo Verulanus" in riferimento alla chiesa e al convento di Sant'Angelo presso Valmontone: "Nella maggior campana del nostro campanile si legge questa memoria: Ave Maria gratia plena Dominus. A. Domini M.CCCCC.XXIII. Michael Archangele veni in adiutorum populo Deo. Angelus Melo Verulanus". Si tratta, evidentemente, dello stesso artigiano che ha realizzato una campana per un convento che, seppur fondato dai benedettini, divenne francescano durante la prima metà del XIII secolo.

Sigillo ogivale del convento di S. Antonio da Padova di Scurcola

Anche la campana cinquecentesca di Scurcola è legata all'ordine francescano. Ad attestarlo, senza alcun margine d'errore, l'antico sigillo ogivale del convento di Sant'Antonio da Padova di Scurcola Marsicana, convento fondato, come abbiamo imparato da tempo, dai monaci del Terzo Ordine francescano dei quali rimane originaria memoria attraverso preziosi dettagli: l'iscrizione, risalente al 1518, visibile nella lunetta dello splendido portale d'arte gotica francese della chiesa di Sant'Antonio; il cinquecentesco portone ligneo della stessa chiesa che racchiude i simboli dell'ordine; l'Instrumentum XXVIII [2], documento risalente al 26 luglio 1520 attraverso il quale il Principe Ascanio Colonna accorda la donazione del convento di Sant'Antonio da Padova, in accordo con il popolo di Scurcola, al religioso francese dell'Ordine Terziario Guglielmo Malparlante.


Note:
[1] Casimiro da Roma, Memorie istoriche delle chiese, e dei conventi dei frati minori della provincia romane raccolta da Casimiro da Roma frate dello stesso ordine, Stamperia della Rev. Cam. Apost, Roma, 1845.
[2] Archiuium bullarum, priuilegiorum, instrumentorum, et decretorum fratrum, et decretorum fratrum et sororum tertii ordinis S. Francisci, Typos Marij Vignae, Parma, 1658, p. 737-739.



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mercoledì 10 agosto 2022

Domenico Rosa, il farmacista di Scurcola a metà dell'Ottocento


Chi era Domenico Rosa? Come si vede dalla foto d'epoca che lo ritrae, era un bel signore con una folta barba scura ma, più di tutto, Domenico Rosa è stato il farmacista di Scurcola nella seconda parte dell'Ottocento. Andiamo con ordine: Domenico era nato il 26 maggio 1826, figlio di Pietro Rosa (29 anni, lavoratore) e di Maria Scipioni (38 anni, filatrice). Purtroppo non abbiamo moltissime notizie in merito alla sua famiglia d'origine ma, grazie a una delle sue discendenti, la pronipote Maddalena Rosa, sono riuscita a visionare il diploma di Laurea in Fisica e Matematica conseguito da Domenico il 25 maggio 1850, all'età di 24 anni, presso la regia Università di Napoli.

Laurea di Domenico Rosa (1850)

Il titolo conseguito, come si evince dal documento, consente a Domenico Rosa di esercitare la professione di farmacista. In calce al diploma di Laurea, inoltre, si può leggere un breve testo, probabilmente vergato a mano dallo stesso Domenico, che recita: "Io Domenico Rosa del Comune di Scurcola provincia di Aquila ho giurato secondo la formula della regia università degli studi oggi il dì 20 giugno 1850". È quindi verosimile che, dopo il conseguimento del titolo e dopo il giuramento, il nostro dottor Rosa abbia iniziato a praticare la professione di farmacista a Scurcola.

Annuario del Regno d'Italia 1894

Non sappiamo dove fosse la sua farmacia ma, da alcuni ricordi che ci ha lasciato suo nipote, don Antonio Rosa (1920-2009), sacerdote e musicista scurcolano, figlio di Enea Rosa (1884-1947) e Maddalena Valente (1881-1963), sembra che l'abitazione di Domenico Rosa si trovasse in via Porta Reale ed è proprio in questa abitazione che nacque lo stesso don Antonio, prima di trasferirsi, a partire dal 1929, nella casa materna di via delle Scuole 28, legata storicamente alla famiglia Barnaba. Secondo un documento che ho ricevuto da Aulo Colucci, il nostro farmacista sposò Teresa Giusti, originaria di Magliano. I due ebbero diversi figli: Ettore, Elvira, Elio, Ernani, Enea (padre di don Antonio) e Maria.

Domenico Rosa e l'orchestrina scurcolana

In base a un breve stralcio tratto dall'Annuario Generale del Regno d'Italia del 1894, risulta che Domenico Rosa, in quell'anno, fosse il farmacista di Scurcola. Lo sarà ancora per poco tempo poiché verrà a mancare il 9 maggio 1896, a 70 anni. Per completare il ritratto di Domenico Rosa, è importante ricordare che egli fu un grande appassionato di musica e sembra che in casa Rosa tutti suonassero qualche strumento musicale. Non è un caso, infatti che una foto storica, già pubblicata all'interno del libro "Scurcola Marsicana Monumenta", ritragga il nostro farmacista al centro di una piccola orchestra composta da scurcolani suoi contemporanei.

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Ringrazio Maddalena Rosa per aver messo a mia disposizione la foto del diploma di Laurea del suo bisnonno Domenico Rosa.



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Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane no...