giovedì 25 febbraio 2021

La cappella della Sacra Famiglia fondata da Gaetano Marimpietri nel 1870


Forse non tutti sanno che a Scurcola, un tempo, esisteva una chiesetta dedicata alla Sacra Famiglia. Di questa cappella di famiglia, oggi, non resta praticamente nulla, fuorché un'iscrizione collocata su quello che è stato l'ingresso principale dell'oratorio. L'iscrizione, seppur scolorita, risulta ancora leggibile e recita: "Oratorium Sacrae Familiae dicatum" ossia "Cappella dedicata alla Sacra Famiglia". La piccola chiesa affaccia lungo Via XI Febbraio, proprio accanto al bellissimo portone di ingresso di quello che conosciamo come Palazzo Tuzi.

Iscrizione sulla porta della Cappella della Sacra Famiglia

Da quanto ho potuto ricostruire, il bel palazzo appartenuto fin dal Settecento alla famiglia Tuzi, nella seconda parte dell'Ottocento, divenne proprietà della famiglia Marimpietri, altra importante "casata" presente a Scurcola della quale, col passare del tempo, sembrano essersi perse le tracce. Lo studioso Fulvio D'Amore descrive alcune vicende legate alla cappella della Sacra Famiglia spiegando che, a seguito di quelle stesse leggi che portarono alla soppressione del Convento dei Cappuccini, il 13 aprile del 1870 le autorità civili ordinarono all'abate Vincenzo De Giorgio di effettuare i dovuti controlli "all'Oratorio Pubblico di recente eretto dal Sig. D. Gaetano Marimpietri nel lato destro del Portone d'ingresso del suo Palazzo, in Via delle Grazie, al fine di verificare se fosse o no provveduto di quanto è prescritto per gli Oratori Pubblici" [1]. 

Portone Palazzo Tuzi-Marimpietri (six) - Porta Cappella Sacra Famiglia (dex)

Il riferimento alla Cappella della Sacra Famiglia sopra menzionato è contenuto in un documento conservato presso l'Archivio Diocesano dei Marsi [2]. Dal breve estratto che Fulvio D'Amore ha messo in evidenza, si capisce che la realizzazione della piccola chiesa si deve a Gaetano Marimpietri e che Via XI Febbraio, nel 1870, doveva chiamarsi Via delle Grazie, denominazione che, attualmente, ricomprende solo il breve tratto di strada che va dall'Arco di Scoccetta fino a Largo degli Alpini (in zona Corte Vecchia).

Affresco della Sacra Famiglia lungo via XI febbraio

Molto interessante, a mio parere, la descrizione della Cappella della Sacra Famiglia [3] riportata da D'Amore: "dalla parte di oriente una gran finestra, con cristalli, che guarda il giardino del Marimpietri, dal lato di mezzogiorno ha l'altare, dal lato settentrionale, in un degli angoli, una porticina confinante coll'ingresso del portone, per comodo della Famiglia. L'Oratorio è tutto bellamente dipinto, ed è dedicato alla Sacra Famiglia, come rilevasi da una iscrizione nel muro di fronte all'altare, che è del tenore seguente: Cajetanus Marimpietri – sacellum hoc Sacrae Familiae dicatum pubblicae devotioni ibidus Aprilis aperuit A.D. MDCCCLXX".

La piccola chiesa della Sacra Famiglia, dunque, doveva apparire molto graziosa ed era anche fruibile da persone che non fossero necessariamente membri della famiglia Marimpietri. Purtroppo, oggi, di questo oratorio non resta nulla. Come mi è stato spiegato dai discendenti della famiglia Damia (proprietari e gestori di Borgo Pio), lo spazio occupato un tempo dall'oratorio, nei primi anni Sessanta, venne smantellato e convertito in una stanza comune. Niente della chiesetta della Sacra Famiglia si è conservato, a parte l'iscrizione di cui ho detto all'inizio.


Note
[1] Grossi, Colapietra, D'Amore, "Scurcola Marsicana Historia", 2005, p. 428.
[2] Fondo D/292, Scurcola 10 (Anni 1850-1889).
[3] Grossi, Colapietra, D'Amore, "Scurcola Marsicana Historia", 2005, p. 452.


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sabato 20 febbraio 2021

Anno 1900: foto del primo scavo presso i Ruderi dell'Abbazia di Santa Maria della Vittoria


A volte succede che, durante la ricerca di notizie in merito a un argomento, mi ritrovi casualmente davanti a qualcosa di diverso ma non meno interessante. Ed è proprio quanto è accaduto in questo caso, mi sono imbattuta, senza volerlo, in due interessanti pubblicazioni del 1903. La prima è la "Relazione dei lavori eseguiti dall'Ufficio nel quadriennio 1899-1902" realizzata a cura dell'Ufficio tecnico per la conservazione dei monumenti di Roma e provincia e delle provincie di Aquila e Chieti; la seconda è rappresentata da un volume intitolato "L'arte" pubblicato da Danesi Editore di Roma. In entrambi questi testi ho rintracciato notizie relative alla prima campagna di scavo effettuata presso i Ruderi dell'Abbazia di Santa Maria della Vittoria nell'anno 1900


Partirei dal primo testo che, a pagina 285, contiene la relazione dei lavori eseguiti nel "Comune di Scurcola dei Marsi". Ricordo che quando questo testo venne pubblicato, nel 1903, a Scurcola non era stato ancora attribuito il nome di Scurcola Marsicana. Dopo un breve excursus storico legato alla celebre Battaglia del 1268, si legge: "In seguito alla soppressione degli ordini religiosi il R. Demanio vendé all'asta, nel 1888, i beni della Badia di Santa Maria della Vittoria di Scurcola, ma escluse dalla vendita i ruderi dell'antico tempio e del cenobio insieme con l'area su cui sorgono. Quest'esclusione, non susseguita da altro provvedimento, lasciò quegli avanzi nella più completa balia di chi volle andarvi a cavar pietre da costruzione; epperciò, nell'agosto del 1892, i predetti ruderi furono dati in consegna al sig. Pietro di Clemente, proprietario della tenuta di cui prima facevano parte integrale. Venuto in consegnatario a morte nel 1892, il figlio di lui signor Vincenzo Di Clemente, fece reiterate istanze al Ministero per ottenere la rinnovazione della consegna di quei ruderi in surrogazione del defunto genitore". 


Nel luglio del 1900, un funzionario dell'Ufficio tecnico per la conservazione dei monumenti di Roma e provincia e delle province di Aquila e Chieti, dopo un sopralluogo, impose a Vincenzo Di Clemente di chiudere il terreno monumentale, di delimitarne i confini, di compiere un rilievo topografico, di compilare una nota con tutti gli oggetti ancora visibili, di vietare l'estrazione delle pietre. Nel mese di ottobre dello stesso anno 1900 furono "eseguiti gli scavi per mettere in luce il piantato del tempio e quindi rilevarne la planimetria esatta fino ad allora completamente ignorata". 

Abbazia di Fossanova (prov. Latina)

Secondo quanto riportato dalla Relazione del 1903, "si rilevò che la chiesa di Santa Maria della Vittoria era a croce latina con tre navi, di stile monastico improntato dal gotico, ma parco d'intagli nelle decorazioni". Gli studiosi rilevarono una notevole somiglianza con l'Abbazia di Fossanova, anch'essa progettata da architetti Cistercensi, "i quali modellavano le loro abazie costantemente sopra un medesimo tipo". Per gli scavi dell'ottobre 1900, secondo quanto riportato in questo documento, vennero spese 250 lire


Nel secondo testo, "L'Arte", invece, è contenuto un saggio/articolo a cura di Lorenzo Fiocca che riporta anche alcune fotografie [presenti in questo post] dello scavo del 1900. Lo studioso dopo aver ribadito la somiglianza tra l'Abbazia di Fossanova e quella di Scurcola, scrive anche che la chiesa di Santa Lucia, in Magliano, "costruita altresì coi materiali tolti dall'antica abbazia della Vittoria. La porta suddetta e la sovrastante rosa, indubbiamente, fecero parte dell'abbazia cistercense". Fiocca, inoltre, specifica che "la chiesa di Santa Maria della Vittoria, in quanto alla disposizione generale, è un fac simile di quelle di Fossanova e Casamari, in quanto alla decorazione architettonica è un innesto delle chiese napoletane, pugliesi ed abruzzesi e di quelle della scuola di Fossanova".

Facciata della Chiesa di Santa Lucia a Magliano (prima del 1915)

Per finire, lo studioso, analizzando gli esiti degli scavi del 1900, evidenzia delle "imprecisioni" architettoniche di quella che era la chiesa di Santa Maria della Vittoria. Nello specifico:
La linea mediana della nave longitudinale non coincidente col mezzo dell'altare maggiore.
Il presbiterio ha una lieve inclinazione a sinistra, seguendo cioè l'allegoria del crocefisso che reclina il campo sulla spalla sinistra. 
La nave traversa, inclinata su quella longitudinale, ha una lieve deviazione da sud-est a nord-ovest, a somiglianza cioè cella chiesa abbaziale di Chiaravalle milanese. 
Le braccia della nave trasversa disuguali ed irregolari negli angoli e nei lati. 
I piloni delle navi longitudinali e trasversa siti a distanze disuguali. 
Il volto della chiesa volto all'occidente.


Riferimenti bibliografici

- "Relazione dei lavori eseguiti dall'Ufficio nel quadriennio 1899-1902", a cura dell'Ufficio tecnico per la conservazione dei monumenti di Roma e provincia e delle provincie di Aquila e Chieti, 1903.
- "L'arte", Danesi Editore, Roma, 1903.


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lunedì 15 febbraio 2021

Francesca Carusotti, levatrice di Scurcola per più di 40 anni


Il nome di Francesca Carusotti appare in diversi Annuari Sanitari Italiani del primo Novecento. Francesca è indicata nell'elenco del personale sanitario presente a Scurcola. Il primo documento che sono riuscita a rintracciare è del 1909 e, come si può rilevare, evidenzia, a Scurcola, la presenza in quell'anno di due medici, Oreste Di Giacomo e Benedetto De Giorgio (padre del maestro Vincenzo De Giorgio), un farmacista, Luigi Pompei, e due levatrici (che oggi chiameremmo ostetriche), Francesca Carusotti e Maria Nuccitelli. Dall'Annuario Sanitario Italiano del 1909 sappiamo con certezza che Francesca fosse già attiva come levatrice nel nostro paese. Compiendo una ricerca a ritroso, ho rilevato che nell'Annuario del 1905-1906 il suo nome non appare. Ciò lascia supporre che Francesca potrebbe aver iniziato a lavorare come levatrice tra il 1907 e il 1909.

Annuario Sanitario del 1909

Il mestiere della levatrice, in un paese, è sempre stato fondamentale. Alla levatrice, una figura che qualcuno chiama anche "mammana", era affidato il compito essenziale di aiutare le donne a partorire. Stiamo parlando di tempi in cui i bambini nascevano solo in casa, in cui non esistevano anestesie vere e proprie, in cui non si andava in clinica. Stiamo parlando di tempi in cui le donne partorivano spesso, mettendo al mondo molti più figli di adesso, anni in cui madri e figli rischiavano di morire alla più lieve complicazione durante il parto. E, come mi ha spiegato Aulo Colucci, all'epoca di cui parliamo, molte puerpere originarie di Scurcola, ma trasferitisi a Roma o in altre località, erano solite rientrare in paese per partorire e trovare le cure di madri, sorelle, zie e altre familiari, prima di tornarsene dai luoghi di residenza. Francesca scelse il complicato esercizio della professione di levatrice che si è guadagnata studiando ostetricia: il suo nome figura nell'elenco finale dell'Annuario dell'anno scolastico 1905 dell'Università di Roma.

Annuario scolastico Università di Roma del 1905

Francesca era nata a Scurcola il 30 gennaio del 1884, suo padre era Angelo Carusotti. Per avvicinarmi un po' di più alla figura di questa levatrice, ho deciso di contattare suo nipote Vincenzo Silvestri. Francesca Carusotti, infatti, era la madre di Menotti Silvestri, padre di Vincenzo, per l'appunto. I ricordi che Vincenzo conserva di sua nonna non sono molti, mi ha comunque spiegato che Francesca ha lavorato come levatrice per più di 40 anni, quindi fino ai primi anni Cinquanta, collaborando spesso con il dottor Giulio Sarrantonio, padre di Cesidio. Poi, al suo posto, il Comune di Scurcola reclutò Ninfa Laurini (della quale scriverò a breve). Vincenzo ricorda sua nonna come una donna dalla corporatura minuta ma estremamente forte. La demenza senile, purtroppo, l'ha colpita presto e l'ha condotta alla morte avvenuta nel 1966, all'età di 82 anni.

Francesca anziana con Menotti e il piccolo Angelo

Francesca Carusotti, in quarant'anni di attività, ha permesso a centinaia di bambini di Scurcola di venire al mondo. Una delle mie zie paterne, Elide Tortora, anche lei nata, come tutti i figli di mia nonna, con l'aiuto di Francesca, mi ha raccontato che, di tanto in tanto, quando si presentavano parti più faticosi, Francesca faceva chiamare proprio mia nonna Maria (madre di sette figli) per farsi dare una mano. Probabilmente molti dei nostri familiari, nati fino ai primi anni Cinquanta, sono stati partoriti grazie alle cure di Francesca Carusotti. Ed è anche per questa ragione che ho ritenuto necessario parlare di lei, per ricordare il suo ruolo sanitario ma anche, e soprattutto, quello sociale e umano, per sottolineare quanta vita deve aver attraversato le mani, gli occhi e il cuore di Francesca perché portare alla luce un bambino, nonostante tutto, rimane l'evento più vicino al miracolo che esista.

***

Ringrazio Vincenzo Silvestri per avermi permesso di conoscere qualche ricordo della levatrice Francesca Carusotti e sua sorella Teresa Silvestri per aver recuperato le fotografie di Francesca ormai in età avanzata ma comunque bellissima.


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mercoledì 10 febbraio 2021

Scritte fasciste su due abitazioni di Scurcola Marsicana


Immagino che molti, passando per via Roma, a Scurcola Marsicana, abbiano notato i resti ormai sbiaditi di scritte rese praticamente illeggibili dall'avanzare del tempo e dai rimaneggiamenti umani. Si tratta di ciò che resta di iscrizioni realizzate durante il ventennio fascista. L'uso di tracciare, con vernice nera, delle scritte murali che riportavano per lo più motti o slogan attribuiti a Mussolini, era piuttosto diffuso negli anni Venti e Trenta del Novecento. Rientrava nel collaudato e rigoroso imperativo di propaganda politica a cui il regime fascista si affidava per far presa sulla gente comune che non poteva avere facile accesso all'informazione. 

Scritta sull'abitazione a sinistra

Anche se oggi nessuna delle due scritte è chiaramente leggibile, sono comunque riuscita a decifrare e recuperare entrambe. Per quanto riguarda l'abitazione posta sulla sinistra, l'iscrizione fascista recitava: "SU LA TERRA, NEI MARI, NEI CIELI: SONO OVUNQUE I SEGNI DELLA NOSTRA POTENZA, DELLA NOSTRA VOLONTÀ". Dovrebbe trattarsi di parole estrapolate da un discorso del Duce pronunciato in occasione del decennale della Marcia su Roma e pubblicato nell'ottobre del 1932. Questa iscrizione non si trovava solo a Scurcola, ovviamente, ma venne ripetuta, identica, in diversi altri luoghi della nostra Regione e d'Italia. 

Scritta sull'abitazione a destra (casa di Alvise Nuccetelli)

La scritta posta sulla facciata dell'abitazione del lato destro, invece, è più difficile da ricostruire perché è ormai quasi completamente cancellata. Per questa ragione ho chiesto aiuto a Romeo Nuccetelli che, in quella casa, è nato e vissuto. Romeo è stato così gentile da spiegarmi che sulla sua casa di famiglia, i fascisti scrissero: "LA PATRIA NON SI NEGA MA SI CONQUISTA". Anche in questo caso dovrebbe trattarsi di uno slogan tratto da un discorso che Mussolini pronunciò a Pavia il 23 novembre 1918. Il motto, secondo il sito "VentennioOggi", "fu coniato da Edmondo Rossoni, uno dei fondatori nella primavera del 1918 dell'Unione Italiana del Lavoro alla quale Mussolini aveva dato il suo appoggio". 

Le due scritte sulle due facciate

Romeo Nuccetelli, inoltre, mi ha spiegato che scritte di questo genere, un tempo, erano presenti sulle facciate di diverse abitazioni di Scurcola. Soprattutto su edifici che si trovano lungo la via principale del paese, quella che noi oggi chiamiamo via Roma. Dopo la caduta del fascismo, tante di quelle iscrizioni in caratteri neri vennero cancellate e re-intonacate per perdersi definitivamente. Il fatto che "LA PATRIA NON SI NEGA MA SI CONQUISTA" fu scritto all'esterno di quella che al tempo era l'abitazione del noto socialista e anti-fascista Alvise Nuccetelli non fu un caso. Come Romeo, nipote di Alvise, mi ha raccontato, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e dopo la caduta del fascismo, approfittando del fatto che la parola "CON-QUISTA" era stata divisa e mandata a capo, Alvise decise di scrivere il proprio nome vicino alle sillabe "QUISTA" così da divertirsi a creare "QUI STA ALVISE NUCCETELLI". Riprendendosi così ciò che i fascisti, in qualche modo, gli avevano tolto.

Integrazione

Dopo aver letto il testo di questo post, Vincenzo Silvestri, ex sindaco di Scurcola Marsicana, mi ha scritto facendomi presente che una scritta fascista si trovava anche sulla facciata della sua casa paterna in via Roma (di Menotti Silvestri), sul lato che volge su via del Tratturo. In questo caso i fascisti tracciarono lo slogan: "I POPOLI FORTI SANNO GUARDARE IN FACCIA AL LORO PROPRIO DESTINO". L'iscrizione fu cancellata, mi ha spiegato Vincenzo, quando la facciata venne restaurata. Sempre secondo il sito "VentennioOggi", questo motto è tratto dall'articolo "Restituire Caporetto" di Benito Mussolini, pubblicato da "Il Popolo d’Italia" il 24 ottobre 1918, a un anno dalla disfatta di Caporetto e alla vigilia della vittoria di Vittorio Veneto.

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Ringrazio Romeo Nuccetelli che mi ha indicato il testo dell'iscrizione, ormai illeggibile, posta sull'abitazione che fu di suo nonno Alvise Nuccetelli. Senza il suo supporto non sarei riuscita a recuperarla.



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venerdì 5 febbraio 2021

Clelia Pompa Nissirio, la signora di Rodi giunta a Scurcola nel 1943


La signora di Rodi. È così che il carissimo amico Erminio Di Gasbarro ha intitolato uno dei suoi racconti [1]. A suo tempo lessi con grande attenzione la storia di questa donna, Clelia, la quale giunse a Scurcola nel novembre 1943 insieme ai suoi cinque figli: Giovanni (detto Susi), Ignazio (detto Nuni), Luciano, Aldo e Cesare. Recentemente ho avuto modo di parlare con Giovanni (Susi), il più grande dei fratelli Nissirio, oggi 95enne, che mi ha raccontato la rocambolesca avventura della sua famiglia in tempo di guerra. Il loro arrivo a Scurcola fu del tutto fortuito: Clelia e i suoi ragazzi si erano imbarcati su un aereo militare partito da Rodi, luogo divenuto invivibile, per raggiungere Brindisi. Successivamente si sono spostati a Ladispoli, ospitati da un ufficiale dell'esercito, il tenente Di Lorenzo. Da Ladispoli, in treno, seguendo persone di Magliano de' Marsi, provarono a chiedere asilo al podestà del tempo che li rifiutò e consigliò loro di venire a Scurcola. Giunti nel nostro paese vennero ospitati temporaneamente in un'aula scolastica (l'ultima sul lato destro del piano terra).

Clelia con suo padre nel 1904 (museoparigino.org)

Quando Clelia giunse a Scurcola aveva già 43 anni. Era nata l'11 novembre 1900 a Kursk, una città russa che si trova a circa 600 km a sud di Mosca. Secondogenita del baritono romano Ignazio Pompa e di sua moglie, il contralto Lucia D'Orazio. Ignazio Pompa era nato nel 1860 e, da ragazzo, aveva studiato canto a Roma e a Milano. Ebbe modo di lavorare in diverse compagnie teatrali e si esibì spesso all'estero: Parigi, Le Havre, Liegi, Poltava, Smirne, Atene, Costantinopoli, Il Cairo, Alessandria d'Egitto ma anche a San Pietroburgo, Minsk, Kursk. Ignazio Pompa fu amico di Enrico Caruso e di numerosi altri esponenti del mondo del "bel canto" del tempo. Nel 1899 aveva sposato, a Vilnius (Lituania), Lucia D'Orazio, cantante lirica nata a Costantinopoli da una famiglia originaria di Bisceglie. Dal loro matrimonio nacquero tre figli: Cesare (nato nel 1897 e morto a Roma nel 1901); Clelia (la nostra signora di Rodi) e Caterina (nata ad Alessandria d'Egitto nel 1905). [2]

Lucia D'Orazio (museoparigino.org)

Clelia aveva sposato, presumibilmente nella prima parte degli anni Venti, Michele Nissirio, un uomo greco nato al Cairo, in Egitto. Quando, nel 1943, Clelia giunse a Scurcola era sola con cinque figli da mettere al sicuro e da far crescere, in un modo o nell'altro. Giovanni ricorda che il primo scurcolano che diede loro una mano fu Alvise Nuccetelli il quale mise a disposizione un piccolo appartamento che si trova vicino al vecchio municipio di Scurcola, affacciato su Piazza Umberto I. La sistemazione, però, fu momentanea poiché da lì a poco i Nissirio furono costretti a trovare un'altra soluzione e si stabilirono in una casa che si trova in Largo Duca degli Abruzzi.

Clelia e sua sorella Caterina Pompa (museoparigino.org)

La signora Clelia si trovò ad affrontare mille difficoltà: era sola, lontana dalla sua famiglia d'origine e da suo marito, doveva crescere cinque figli e si trovava in un luogo sconosciuto tra persone che non la conoscevano. Nonostante le tante e gravi difficoltà, Clelia Pompa Nissirio non si perse mai d'animo. Accettò ogni tipo di sostegno che potesse giungerle dagli scurcolani e molti furono coloro che, nonostante il periodo difficile, l'aiutarono e si affezionarono a lei. Clelia conosceva perfettamente il latino, il francese e l'inglese per cui, come ricorda nel suo racconto anche Erminio Di Gasbarro, iniziò a insegnare ai giovani di Scurcola che presero a frequentare casa Nissirio. Giovanni descrive sua madre come una persona molto colta, cresciuta in ambienti raffinati, abituata a viaggiare e a confrontarsi con persone di altissima levatura eppure non mancò di adattarsi, con umiltà e modestia, alla semplicità della vita scurcolana. "Mia madre è stata un'eroina" mi ripete suo figlio con orgoglio nel corso della nostra chiacchierata.

L'abitazione di Clelia e figli in Largo Duca degli Abruzzi

Giovanni ha ragione: Clelia Pompa Nissirio è stata un'eroina. Una donna che, con grande coraggio e grande intelligenza, ha saputo proteggere e crescere cinque figli praticamente da sola. Una donna che ha attraversato un pezzo d'Europa durante il secondo conflitto mondiale pur di mettere in salvo i suoi ragazzi. È arrivata nel nostro paese per caso, vi è rimasta fino ai primi anni Cinquanta, fino a quando la vita e il destino dei suoi figli l'hanno condotta altrove. Nonostante siano trascorsi tanti anni, a Scurcola sono molte le persone che ricordano la signora di Rodi e i suoi cinque figli, giunti all'improvviso a piedi da Magliano in una fredda giornata di novembre del 1943.



Note:

[1] Erminio Di Gasbarro, "Indietro tutta", LCL, Avezzano, 2011.
[2] Le notizie sulla famiglia di origine di Clelia Pompa Nissirio e le fotografie d'epoca dei suoi genitori, Ignazio Pompa e Lucia D'Orazio, sono tratte da http://www.museoparigino.org/, sito internet dedicato al Museo Parigino a Roma, fondato da Cesare Nissirio (1940-2020) nel 1987. 

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Ringrazio Giovanni Nissirio ed Erminio Di Gasbarro per aver condiviso con me i loro personali ricordi della signora di Rodi, Clelia Pompa Nissirio.



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