martedì 30 giugno 2020

La casa di Antonio Rocchi, eminente filosofo di Scurcola Marsicana


Del filosofo Antonio Rocchi o Rocco (Scurcola Marsicana, 1586 - Venezia, 1652) si è scritto molto. Praticamente ogni libro dedicato alla storia di Scurcola ha menzionato il grande filosofo scurcolano vissuto tra il XVI e XVII secolo. Di lui conosciamo le origini, le sue dispute con Galileo Galilei, i suoi scritti più famosi e, grazie alle ricerche di Aulo Colucci, siamo venuti a conoscenza anche del suo testamento, pubblicato nel libro "Scurcola Marsicana… dove senz'arme vinse il vecchio Alardo" di Tito Spinelli. Con questo post voglio tornare sulla figura di Antonio Rocchi, ma voglio farlo attraverso un bellissimo articolo, risalente all'8 settembre 1906, scritto dal maestro Fabiano Blasetti (di cui ho già parlato in precedenza) e pubblicato su "Italica. Rivista abruzzese-molisana di scienze, lettere ed arti", precisamente all'interno del n. 15-16 del 15 ottobre 1906.

Intestazione della rivista in cui si trova l'articolo di Blasetti

Ho potuto rintracciare l'interessante pezzo di Blasetti facendo una ricerca nella Biblioteca digitale italiana presente sul sito Internet Culturale. L'articolo del maestro elementare di Scurcola, oltre che storico, poeta e scrittore, è intitolato "Il filosofo Antonio Rocchi di Scurcola de' Marsi". Il tono enfatico dello stile di Blasetti è tipico degli autori d'inizio Novecento ed è caratterizzato da una retorica linguistica tipica di quel tempo. Fabiano Blasetti, dopo una breve introduzione, scrive: "Sono dolente oltre ogni credere di sconoscere se il suo frale venisse racchiuso dentro urna marmorea sotto la volta del sontuoso Tempio di San Marco, ovvero in quel Camposanto". Anche Blasetti, proprio come noi oggi, non sa dire dove sia sepolto Antonio Rocchi; può solo ipotizzare che sia stato tumulato a Venezia, la città in cui visse e insegnò per molti anni

Esercitazioni filosofiche contro Galilei (1633)

Blasetti recupera poi gli accenni al Rocchi che diversi autori marsicani hanno lasciato nei loro libri: Febonio, Corsignani, Di Pietro. Il maestro fa notare che Febonio lo nomina "Antonio" Rocchi nell'indice della sua opera e "Pietro" nel paragrafo a lui dedicato. L'incongruenza relativa al nome di Rocchi, viene così risolta dal nostro maestro: "Senza tema di errare, io ritengo che il suo nome di battesimo fosse Pietro, e venisse chiamato Antonio, entrando in Convento, nel quale, in taluni ordini, si cambiano nomi, e si travisano anche i costumi". Inoltre Blasetti puntualizza che non ci sia alcun dubbio che Rocchi fosse di Scurcola: così viene chiaramente riportato nel frontespizio di una delle opere del filosofo che il maestro afferma di aver più volte osservato presso la Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma

Iscrizione dell'architrave del balcone della casa dei Rocchi

Per attestare l'esistenza dei Rocchi a Scurcola, il maestro Blasetti scrive: "La prova inoppugnabile però che la famiglia Rocchi sia esistita a Scurcola, si ha nella seguente iscrizione, che trovasi tuttavia nell'architrave di un balcone esistente nel fabbricato di proprietà degli eredi del fu Vespasiano Barnaba [nato il 29 maggio 1830, figlio di Giovanni e Mariadomenica Frezzini - proprietari, ndr], con prospettiva verso il piccolo spiazzale detto di S. Angelo, adiacente alle mura di cinta nell'antico castello: Excubia, oggi Scurcola". Un'informazione preziosissima, quella che nel 1906 veniva fornita da Blasetti perché, ancora oggi, non siamo sicuri di quale fosse la casa di Scurcola in cui nacque Antonio Rocchi. Continua Blasetti: "Le lettere di stile lapidario di mm. 0,700 sembrano scolpite di fresco […] L'antico ingresso e scalinata della famiglia Rocchi, per tradizione, si dice fosse in marmo e di sorprendente bellezza architettonica, ma l'angelo della distruzione portò via con sé que' lavori artistici, lasciando un fabbricato di modeste proporzioni, riconoscibile soltanto dalla riportata iscrizione".

Ovviamente sono andata a cercare l'iscrizione a cui fa riferimento il maestro Blasetti nella zona da lui indicata ma, purtroppo, da quanto ho potuto constatare, non esiste più: potrebbe essere andata persa a causa dei crolli del terremoto del 1915 o per via della scarsa avvedutezza di chi ha vissuto o vive in quella casa. In merito a quale fosse la casa del filosofo scurcolano Antonio Rocchi (o Rocco), ho rintracciato un appunto lasciato da don Antonio Rosa (1920-2009) il quale sembra avesse riconosciuto nella casa materna (sua madre era Maddalena Barnaba), sita in Via delle Scuole n. 28 nel borgo di Scurcola, come il luogo in cui nacque Rocchi, anche se non ci sono conferme specifiche e più precise.

Probabile casa di Antonio Rocchi

In ogni caso, a prescindere da tutto, ciò che ha suscitato il mio interesse, è l'aver rinvenuto un articolo così particolare e unico che getta un po' di luce sia su Antonio Rocchi, che resta una delle figure più eminenti della storia di Scurcola, sia su Fabiano Blasetti, uno studioso, storico, archeologo, giornalista e maestro che ha dato tanto al nostro paese anche se probabilmente Scurcola non gli ha mai riconosciuto meriti particolari.

venerdì 26 giugno 2020

Ritratto di famiglia scurcolana di inizio '900


Sono sicura che in alcuni album di famiglia sono tuttora conservate foto come quella che apre questo post. Non conosco i nomi delle persone ritratte nell'immagine, so solo che la splendida fotografia d'epoca che mi è stato concesso di pubblicare, ritrae una famiglia scurcolana agli inizi del '900. Forse 1908 o 1910. Non è facile stabilire la data precisa. La foto è in parte sbiadita, in parte segnata dal tempo e da qualche piega, eppure ha permesso di fissare fino ai nostri giorni i volti, gli sguardi e l'atmosfera capaci di riportarci indietro di un secolo o più.

Un padre con gli occhi severi e le mani appoggiate sulle gambe. Una madre che sostiene tra le braccia l'ultima nata (dai fiocchi e le vesti a me sembra sia una bimba). Attorno altri sei bambini. La più grande è tra i genitori con un bel fiocco in testa e i boccoli scuri. I tre maschietti sono più vicini al padre, ben vestiti e attenti a quello che, probabilmente, sta facendo il fotografo.

C'è un altro particolare che accomuna i protagonisti di questo magnifico ritratto di famiglia e che, a ben vedere, riguarda solitamente tutti i ritratti fotografici che risalgono a questo periodo: le persone non sorridono mai. Adulti e bambini hanno sempre espressioni serie, a volte anche accigliate. La spiegazione arriva da lontano: le prime fotografie hanno ereditato le "posture" dei classici ritratti dipinti e nei ritratti dipinti di solito nessuno sorride. L'essere seri e composti serviva a restituire un'immagine solenne, austera, moralmente incorrotta. Il sorriso veniva associato alle persone poco serie e poco educate.

Inoltre i tempi di esposizione, all'epoca, erano molto lunghi per cui sarebbe stato complicato mantenere un sorriso spontaneo per il lungo periodo di posa che un ritratto richiedeva. Farsi scattare una foto, agli inizi del '900, era una rarità perché non tutti potevano permetterselo. La famiglia scurcolana che vediamo, evidentemente, aveva le possibilità economiche per farsi ritrarre e che i signori qui immortalati vivessero discretamente si deduce anche dalla fattura dei loro abiti e dalle belle scarpe che potevano indossare.

martedì 23 giugno 2020

L'antico e indecifrabile affresco di Porta Portella


Nonostante mi capiti di salire dalle parti della Portella piuttosto regolarmente, solo di recente mi sono accorta della presenza di un affresco che, sinceramente, prima d'ora non avevo mai notato. Si trova sull'ingresso di un'abitazione che occupa gli spazi dell'antica torre cinquecentesca di quella che, fin dal Medioevo, è stata l'entrata orientale del borgo di Scurcola. Osservando, per quanto possibile, la parete del vecchio edificio, ho notato una figura che pare inginocchiata con lo sguardo rivolto verso l'alto. Purtroppo l'affresco è quasi del tutto rovinato e indecifrabile a causa delle intemperie e della solita incuria

È difficile esaminarlo con precisione per via della posizione piuttosto scomoda: si trova a una certa altezza e viene coperto da una pensilina presente sulla porta dell'abitazione. Sicuramente le figure rappresentate hanno una valenza sacra poiché si nota la presenza di un paio di aureole. L'opera sembra ripartita in riquadri, forse uno centrale e due laterali. Franco Farina, a cui ho chiesto qualche informazione, conosceva già l'affresco di cui parlo e, a suo avviso, potrebbe trattarsi di una Madonna con Bambino


L'ipotesi avanzata da Franco Farina non è dimostrabile con certezza visto che i frammenti della raffigurazione sono pochi, sbiaditi e deteriorati ma il fatto che, a poca distanza da Porta Portella, si trovi la Chiesa dedicata alla Madonna della Vittoria, può far immaginare che l'affresco possa essere stato dedicato proprio alla Madre di Cristo, forse affiancata da un paio di figure di Santi. Si tratta, come intuibile, di mere supposizioni che, allo stato attuale, nessuno può confermare

Ciò che considero interessante è l'aver rintracciato un affresco che, immagino, pochi a Scurcola conoscano. Dopo le rappresentazioni presenti lungo via XI febbraio, dopo la Madonnina invisibile di via Patini, possiamo aggiungere all'elenco delle opere di Scurcola anche l'indecifrabile affresco della Portella. Anche in questo caso, vale la pena riflettere sulla valenza storica e culturale che queste testimonianze d'arte possiedono. Tanto dovrebbe bastare per indurci a rispettarle, a proteggerle, a conoscerle e a sentirci responsabili del loro destino.

venerdì 19 giugno 2020

Passaporto per l'interno rilasciato dal Comune di Scurcola nel 1886


Da quando ho creato il blog dedicato a Scurcola Marsicana mi capita di raggiungere e comunicare con persone diverse. Alcune persino molto lontane da Scurcola e dall'Italia. E, di tanto in tanto, succede anche che ci siano degli scurcolani che decidono di condividere con me fotografie, documenti, storie e memorie che conservano da tempo. Ovviamente il mio intento è e rimane quello di scrivere, e condividere a mia volta su questo blog, tutto ciò che posso affinché non vada perduto e, soprattutto, affinché gli scurcolani, e non solo, prendano coscienza di quanta ricchezza, più o meno nascosta, sia conservata nelle nostre case e nelle nostre famiglie. In molti casi le persone non hanno alcuna consapevolezza della portata dei loro stessi ricordi, di quanto sia importante il valore di una vecchia foto, di quanta storia possa celarsi dietro un foglio logoro e macchiato scritto un secolo fa. 

Esattamente come il documento che una gentile scurcolana ha deciso di mettere a mia disposizione. Come si evince dalla foto, si tratta di un Passaporto per l'interno risalente addirittura all'anno 1886. Stiamo parlando di un foglio di carta che ha la bellezza di 134 anni. Il suo pregio non è solo quello di esistere ancora dopo tanto tempo, ma è anche quello di raccontarci la vita di chi è vissuto in un'epoca molto diversa dalla nostra. Inoltre c'è un altro dettaglio per niente trascurabile: il Comune di Scurcola ha perso interamente il suo archivio anagrafico in un grave incendio scoppiato per dolo nel 1922, per cui ogni piccola traccia documentale delle attività del Municipio e ogni dato anagrafico della popolazione scurcolana è più che prezioso. 

I connotati del cittadino di Scurcola

Il Passaporto per l'interno che vediamo risale, come detto, al 1886. Si tratta di un documento di riconoscimento che potremmo equiparare alla nostra Carta d'identità. La differenza sostanziale è nell'assenza di una fotografia. I primi Passaporti per l'interno muniti di foto saranno realizzati solo nei primi anni del Novecento e nemmeno in tutti i Comuni. In assenza di fotografia, ogni elemento di riconoscimento è affidato a una particolareggiata descrizione fisiognomica: statura, capelli, occhi, corporatura ma anche a dettagli ancora più minuziosi come sopracciglia, ciglia, bocca, barba, colorito. Insomma la descrizione di ogni elemento fisico e visivo che permettesse a chi di dovere di identificare e riconoscere un volto senza dover far ricorso a un ritratto fotografico. Il nostro concittadino, a quanto pare, non era molto alto (solo un metro e 60), aveva gli occhi "corvini", i capelli "castagni", il naso grosso e il colorito "naturale". Apprendiamo anche che faceva l'agricoltore e che, nel 1886, aveva 40 anni. Quanto basta per poterlo almeno immaginare!

martedì 16 giugno 2020

Guglielmo Malparlante, il primo religioso del Convento di S. Antonio


"Poco lungi nella Via Valeria tra ombrosi olmeti, giace il Convento del Terz'Ordine Francescano colla Chiesa dedicata a Santo Antonio di Padoa […] Il primo religioso che ricevette il Convento fu Guglielmo Malparlante Franzese, a cui fu poscia confermato dal Principe Ascanio Colonna Duca di Marsi nell'A. 1520 secondo rapporta il divisato scrittore". Ecco cosa scrive, tra le altre cose, Pietro Antonio Corsignani nel libro "Reggia Marsicana", testo del 1738, a proposito della nascita del Convento dei Terziari Francescani di Scurcola. Oggi gli "ombrosi olmeti" non ci sono più e quello che è stato per diversi secoli uno dei più importanti Conventi francescani della Marsica è chiuso, cadente e praticamente inutilizzato

Il nucleo più antico del Convento di S. Antonio di Scurcola

Procedendo indietro nel tempo, ho recuperato informazioni circa il "divisato scrittore" citato da Corsignani, vale a dire colui che ha lasciato la prima traccia scritta relativa alla nascita del nostro Convento. Si tratta del parmense Francesco Bordoni (1595-1671), illustre professore dell'Università di Parma, teologo e inquisitore impegnato nella lotta contro le eresie del suo tempo. Autore di svariati trattati, è considerato una delle figure più eminenti del Terzo Ordine francescano di cui faceva parte. Tra i suoi scritti più rilevanti c'è l'HISTORIA TERTII ORDINIS S. FRANCISCI. Cronologium fratrum et sororum Tertii Ordinis S. Francisci tam Regularis quam Secularis (opera del 1658). In questo antico documento, come si intuisce dal titolo, è raccolta la Storia del Terzo Ordine di San Francesco con la cronologia dei fratelli e delle sorelle sia regolari che secolari. 

Testo di F. Bordoni sulla nascita del Convento

A pagina 394, all'inizio del cap. XXII (dedicato alla "Provincia Apprutina"), del testo di Bordoni c'è esattamente la notizia a cui fa riferimento Pietro Antonio Corsignani, ossia l'indicazione della nascita del Convento di Sant'Antonio di Scurcola. A quanto scrive il terziario parmense, la creazione del Convento si deve alla concessione, rilasciata nell'anno 1506, da Iacopo Episcopio ossia il Vescovo Giacomo Maccafani (1471 c. - 1530). Il Vescovo stabiliva che il Convento che si andava costruendo, avrebbe dovuto rispettare l'obbligo di pagare una libbra di cera all'anno al Capitolo Lateranense. Nel breve paragrafo dell'HISTORIA TERTII ORDINIS S. FRANCISCI che riguarda Scurcola, inoltre, si dichiara che il Convento veniva concesso a Guglielmo Malparlante "Gallus" (franzese o francese). Alla fine, Francesco Bordoni fa riferimento a un certo "Instrum. 28". Con un po' di pazienza, ho individuato anche l'origine di questa strana indicazione: si tratta dell'Instrumentum XXVIII pubblicato alle pagine 737-739 dell'Archiuium bullarum, priuilegiorum, instrumentorum, et decretorum fratrum, et decretorum fratrum et sororum tertii ordinis S. Francisci, anch'esso risalente all'anno 1658

Copertina dell'Archivium (anno 1658)

L'Instrumentum XXVIII è, in sostanza, il documento, firmato a Tagliacozzo dal Principe Ascanio Colonna il 26 luglio 1520, con il quale il Duca del Marsi accorda la donazione del Convento, in accordo con il popolo di Scurcola, assegnandolo al primo religioso dell'Ordine Terziario, Guglielmo Malparlante il quale, come riporta il documento, ha supplicato Ascanio Colonna affinché accordasse la donazione. Il Duca dei Marsi riconosce di essere devotissimo verso S. Antonio da Padova e, quindi, dichiara: "Unde per virtù della presente damo in perpetuo, doniamo e concediamo alla detta Religione ogni autorità, facultà da noi spettante posita in tutto quello terreno che detta Ecclesia et Monasterio occupa. Et per segno l'investitura ne investimo detto F. Gugliemo col presente calamo". E poche righe dopo: "E perché è stato eletto Ministro de tale Ecclesia et del tutto Apruzo il Vener. detto F. Guglielmo e li Superiori suoi pregiamo tutti i Signori temporali debbano in quello li occorrerà favorirli. […] Et voi venerabil F. Guglielmo et compagni attendere con la solita prudenza ad adimplir la Religione et pregar N.S. Dio per Noi".

venerdì 12 giugno 2020

Quattro scurcolane con la conca


Quattro giovani scurcolane con la conca sulla testa. Ecco una foto che risale ai primi anni Cinquanta, già pubblicata tra le pagine del volume "Scurcola Marsicana… ove senz'arme vinse il vecchio Alardo" di Tito Spinelli, edito a cura della Pro-Loco di Scurcola Marsicana nell'ormai lontano 1993. La didascalia della bellissima immagine racconta di "alcune donne di ritorno dalla Fonte Ciofani" ma, a quanto ricorda Giustino Nuccetelli, le quattro scurcolane in realtà scendevano dalla Rocca, dove si trovava un'altra fonte. Ovviamente ho voluto cercare i nomi di queste quattro ragazze, visto che Spinelli non li riporta e, dopo aver consultato alcune persone tra cui la cara Angela Di Massimo, l'amico Erminio Di Gasbarro, il sempre attento Giuseppe Valente e l'impeccabile Anna Maria Rossi, sono riuscita a individuare chi fossero le giovani donne della foto in bianco e nero da cui prende spunto questo post. Partendo da sinistra: Maria Vittoria Nuccetelli, Palmira Tortora, Sestina Nuccetelli (chiamata Costanza) e Agnese Rossi.

Zahrtmann Kristian - Afternoon Errand in Civita D'Antino

L'uso della conca, a Scurcola così come nel resto d'Abruzzo, ha origini antiche. La conca abruzzese, rigorosamente in rame con interno stagnato, era un oggetto presente in ogni casa, posizionato solitamente vicino alla porta d'ingresso o nella cucina (nel cosiddetto "concaro"). Le donne, e solo le donne, usavano la conca per andare ad attingere l'acqua fresca presso le fontane del paese, anche se non era escluso che al suo interno potessero essere contenuti liquidi di altro genere. La forma così particolare della conca, ossia il suo restringimento centrale, serve a evitare che il liquido contenuto possa essere accidentalmente versato ma serve anche a renderla più stabile, soprattutto quando, posizionata sul capo, veniva riportata piena d'acqua verso casa. Le scurcolane immortalate nella foto, infatti, portano la conca in equilibrio sulla testa. Prima di andare a prendere l'acqua, le donne a Scurcola "faceano la spara", ossia attorcigliavano un panno fino a formare una ciambella (o cercine) che ponevano sulla testa per sostenere la conca e non farsi male

Conca con "maniero"

Le fontane pubbliche di Scurcola, presso le quali si andava a raccogliere l'acqua, erano molte ed erano dislocate un po' in tutto il paese. Tra quelle che sono riuscita a rintracciare: la fontana della Venere (un tempo al centro della piazza), Fonte Ciofani, Fonticchio (zona Sant'Egidio), la fontanella in Piazza Umberto I, quella di Sant'Antonio, una si trovava in piazza del Mercato, poi c'era quella in via Valeria, quella accanto alla Chiesa della Madonna della Vittoria, un'altra alla Portella, un'altra su via Diaz, un'altra "aglio Pretone", l'abbeveratoio e fontana della Madonnella. Sicuramente, in giro per Scurcola, ce ne erano altre che non ho saputo individuare e che oggi non esistono più. In ogni caso, in ognuna di queste fontane, erano presenti due sbarre di ferro su cui era possibile poggiare la conca affinché venisse riempita sotto il getto dell'acqua. Una volta riportata a casa, la conca veniva messa a disposizione di chi aveva sete e si beveva con l'ausilio di un mestolo in rame che si chiama "maniero" o "manero".

martedì 9 giugno 2020

Su Visit Abruzzo una mia foto di Scurcola scattata dall'Arco Ansini


Sulla pagina Facebook ufficiale di Visit Abruzzo hanno scelto di pubblicare una mia foto di Scurcola. Tutto è partito dal mio canale Instagram, che gestisco sotto pseudonimo e attraverso cui pubblico costantemente immagini di Scurcola. Visit Abruzzo ha selezionato la fotografia che ho condiviso sul mio profilo IG qualche tempo fa e ha deciso di postarla sul proprio canale Facebook. Forse è il caso di precisare che Visit Abruzzo rappresenta la pagina ufficiale di Abruzzo Turismo, direttamente connessa con il Dipartimento del Turismo, Cultura e Paesaggio della Regione Abruzzo.

Secondo quanto viene specificato sul profilo, si tratta di un organismo che "vuole far conoscere le bellezze paesaggistiche, storico-culturali e le bontà enogastronomiche tradizionali di questa splendida regione e creare una community di travelers alla quale trasmettere i suoi valori identitari, svelare esperienze e itinerari ideali per vivere al meglio le proprie vacanze". Infatti associata alla foto che ho scattato dall'Arco Ansini e che mostra uno scorcio di Scurcola e dei Piani Palentini sottostanti, è stato inserito il collegamento alla pagina web di Abruzzo Turismo dedicata a Scurcola Marsicana.

Una foto è una piccola cosa, questo è ovvio, ma è pur vero che anche una semplice foto, che mostra la bellezza del nostro borgo e il fascino dei nostri paesaggi, potrebbe indurre qualcuno, in Italia o nel mondo, a incuriosirsi fino al punto di decidere di venire a visitare Scurcola. E in un periodo in cui andare in vacanza all'estero non è consentito a causa delle restrizioni legate alla pandemia di Coronavirus, vedere Scurcola pubblicizzata da Visit Abruzzo potrebbe aiutare a far conoscere il nostro paese incentivando i turisti a venire da queste parti. Forse è poco, ma è un poco che serve.

lunedì 8 giugno 2020

Lo strano caso di Arturo Martini e le statue della scala di Palazzo Vetoli


Solo in tempi piuttosto recenti gli scurcolani hanno potuto visitare e ammirare gli interni di Palazzo Vetoli. Oltre alla luminosa sala da ballo dai soffitti finemente affrescati che affaccia su Piazza Risorgimento, molti sono riusciti a rimirare anche il suggestivo scalone che conduce dal portone principale del Palazzo dei Conti Vetoli, ubicato lungo Corso Vittorio Emanuele, fino alle stanze che la nobile famiglia occupava al primo piano dell'edificio. La grande scala è caratterizzata dalla presenza di statue in gesso che riproducono figure umane di varia natura. La storia di questi gessi, perché di gessi si tratta, è sicuramente singolare e vale la pena raccontarla.

Dettagli delle figure della scala (foto Silvia Iannucci e Simona D'Angelo)

Lo scultore che ha realizzato le statue della scala Vetoli risponde al nome di Arturo Martini. Stiamo parlando di uno degli artisti più importanti e significativi del Novecento. Scultore ma anche incisore, pittore e docente, Martini ha conquistato notorietà a livello internazionale grazie al suo talento e a uno stile nato da un singolare punto d'incontro tra antico e moderno. Ma come è possibile che un'opera di Martini sia finita a Scurcola? Prima di tutto va ricordato che i Vetoli avevano un legame piuttosto stretto con il borgo di Anticoli Corrado, come ho già scritto in un post qualche tempo fa, e Arturo Martini visse e lavorò ad Anticoli Corrado dalla primavera del 1924 fino all'autunno del 1927.

L'artista Arturo Martini

Probabilmente Martini si spostò ad Anticoli Corrado, il paese degli artisti, su suggerimento dello statunitense Maurice Sterne, un uomo che ebbe un ruolo piuttosto negativo nella vita dello scultore italiano. Un uomo che annichilì e mortificò profondamente Martini tanto che, in una lettera spedita a un amico nel 1925, egli scrive: "La miseria mi ha anche fatto schiavo di un americano ambizioso e celebre in America (cosa per me inspiegabile) ma che lo diventerà certamente perché io fabbrico per lui statue su statue che lui manda in America col suo nome". Martini ha realizzato sculture che Sterne, negli USA, faceva passare e firmava come sue creazioni. Proprio ciò che è accaduto con "The Early Settlers of New England", il "Monumento dei pionieri del New England" che si trova in Elm Park, Worcester, Massachusetts, attribuito a Maurice Sterne ma realizzato dal nostro Arturo Martini.

Monumento dei pionieri del New England a Worcester

Le figure che compongono il "Monumento dei pionieri del New England" sono le stesse che decorano la scala di Palazzo Vetoli. A pagina 18 del libro "Fausto Pirandello e il cenacolo di Anticoli Corrado" curato da Manuel Carrera si legge: "Fondamentale fu in questo senso il suo [di Fausto Pirandello] incontro ad Anticoli Corrado con Arturo Martini, nella cui estetica è possibile rilevare non poche affinità con quella pirandelliana. Lo scultore vi abitò dal 1924 al 1927 per lavorare, per conto di Maurice Sterne, al monumento ai pionieri del New England a Worcester, i cui gessi originali sono stati rinvenuti recentemente nello scalone di Palazzo Vetoli a Scurcola Marsicana". Il caso è risolto: a Scurcola Marsicana, nello storico palazzo dei Conti Vetoli, si trovano i gessi originali del monumento che Sterne fece realizzare da Arturo Martini attribuendosene poi la paternità.

***

E per concludere, una poesia dedicata ad Arturo Martini che mi è stata consegnata da Enzo Colucci di cui l'autore non è noto:

ARTURO MARTINI
1924
Nel millenovecentoventiquattro
quando di fango e di sterco di maiale
era il contado di Anticoli Corrado
nella chiesa sconsacrata
di Cosma e Damiano
un miracolo avveniva in quella tana:
sotto le mani di un artista proveniente da Milano
la creta grigia vedeva farsi umana.
Per miseria e per bisogno
Quel pover'uomo la modellava tutto il giorno,
per un ricco artista americano
che della scultorea era disadorno.
Un contratto tra loro venne firmato
uno, per l’altro, l’arte creava,
l’altro, con cento lire al giorno lo pagava
negandogli per fame la sua legittima fama.
Al lavoro ultimato
tanta fu la gloria come il denaro ricavato,
che per contratto,
però,
era tutto americano.

Questa è la storia vera dell’artista di Milano
che approdò un giorno nel contado di Anticoli Corrado.


giovedì 4 giugno 2020

L'incredibile storia di Villetta Damia in via della Stazione


Una piccola casa può raccontare e rappresentare momenti di grande storia? La risposta è una sola: certo. È il caso di Villetta Damia, un edificio quasi dimenticato che si trova lungo via della Stazione, a Scurcola Marsicana. Purtroppo da molti anni questa piccola abitazione, che possiamo definire tranquillamente "storica", è abbandonata a se stessa, circondata da erbacce e piante che crescono senza tregua oltre che rovinata dall'incuria. Dopo aver fatto qualche ricerca, conosciuto la provenienza della piccola villa e constatato in prima persona lo stato in cui versa oggi, posso affermare, con grande amarezza, che con il suo abbandono si stanno perdendo tracce straordinarie della storia della Marsica e non solo

La parte posteriore di Villetta Damia

Andiamo per gradi. Per conoscere le vicende legate a questo piccolo fabbricato, ho fatto riferimento a Maria Sciò, una delle discendenti dell'originario proprietario, Giuseppe Damia. Grazie all'interessamento di Impero Rossi, sono riuscita a raggiungere telefonicamente la signora Sciò la quale, con cortesia e sensibilità, mi ha descritto la provenienza della casetta. L'edificio che si trova in via della Stazione, a Scurcola, venne donato dal Canada alla città di Messina dopo la potente scossa di terremoto, e il susseguente maremoto, che investirono la città siciliana. Il 28 dicembre 1908, infatti, un sisma di grande intensità colpì Messina, Reggio Calabria e molti paesi e cittadine del Meridione causando morte e distruzione. Da diverse nazioni straniere giunsero aiuti alle zone colpite: il Canada donò il prefabbricato che chiamiamo Villetta Damia. Esso servì per alcuni anni come stazione ferroviaria di Messina

Alcuni degli spazi interni della villetta

Il 13 gennaio del 1915, come sappiamo bene, un altro terribile terremoto colpì l'Italia: Avezzano e molti altri centri della Marsica furono rasi al suolo. Il piccolo edificio di legno di cui sto parlando, venne smantellato e inviato ad Avezzano. Anche nel capoluogo marsicano esso venne impiegato come stazione ferroviaria momentanea. Agli inizi degli anni Venti, quando l'edificio della Stazione di Avezzano venne ripristinato e ricostruito, la piccola casa venne smontata e venduta all'asta. Lo scurcolano Giuseppe Damia (1880-1960), figlio di Francescantonio Damia, decise di acquistarla e di installarla lì dove si trova tuttora. Giuseppe fece realizzare una base in muratura e rimontò l'edificio tramutandolo in un'abitazione. Decise di far realizzare due piccoli nuovi ambienti nella zona posteriore, uno adibito a tinello, l'altro a stanza da bagno, e chiamò un pittore di Scurcola (forse Enea Pierbattista?) per far affrescare i soffitti della villetta

I soffitti affrescati

Grazie all'interessamento e alla cortesia di Giuseppe Valente sono riuscita a vedere gli interni dell'abitazione. Entrare nella piccola, incantevole casa che fu di Giuseppe Damia è stato un po' come compiere un viaggio nel tempo, un salto di almeno un secolo. Tutto riporta agli anni Venti: delicati affreschi floreali, un pavimento originale in legno e ciò che resta di mobili d'altri tempi. Al centro del soffitto, in uno spazio che è il cuore della casa, è stata dipinta un'aquila con un globo che porta iscritta una data, 1924, oltre alle iniziali del proprietario: G.D.

L'aquila affrescata con data 1924 e iniziali G.D. (Giuseppe Damia)

La fatiscenza e la noncuranza hanno trasformato questo delizioso edificio, che ha alle spalle una storia importante, in una sorta di catapecchia. I segni della sua bellezza, del suo affascinante passato emergono da ogni angolo. Andrebbe ripulita, andrebbe risanata, andrebbe salvata perché è una delle costruzioni più eleganti e preziose che Scurcola può vantare. Ma la sensazione è che, nell'arco di qualche anno, andrà a cadere, pezzo dopo pezzo, e della bella Villetta Damia non resteranno che macerie e qualche ricordo. 

*** 

Ringrazio sentitamente le persone che mi hanno permesso di scoprire la storia della casetta Damia, di ammirarne l'inestimabile fascino e di poterne capire il valore. Ringrazio: Impero Rossi, Maria Sciò e Giuseppe Valente

lunedì 1 giugno 2020

Le ricamatrici di Scurcola Marsicana


La fotografia in bianco e nero che apre il post risale ai primi anni Venti del Novecento e mostra un gruppo di ragazze scurcolane che frequentavano il corso di ricamo tenuto dalle Maestre Pie Filippini. Questa bellissima foto d'epoca permette di tornare indietro nel tempo ma, soprattutto, ci permette di ammirare il volto di alcune giovani donne che per alcuni scurcolani sono state madri, nonne o bisnonne. La scuola di ricamo era una delle varie attività che le Maestre Pie Filippini avevano organizzato nel nostro paese, fin dalla prima parte dell'800, per istruire e formare delle ragazze. All'epoca non era scontato che delle giovani venissero mandate a scuola o che sapessero leggere e scrivere o che imparassero un'attività diversa rispetto a quelle che erano obbligate a svolgere in casa o in campagna. L'emancipazione femminile, anche in un paese piccolo come Scurcola, ha compiuto i primi passi proprio grazie a questo genere di iniziative. 

Cuscino ricamato da Maria Cerrone (foto Aulo Colucci)

Ricamare è un'arte che oggi in pochi conoscono e in cui pochi sanno destreggiarsi. Le ricamatrici a Scurcola sono scomparse o sono divenute rarissime. Le ragazze immortalate nella foto erano divenute tutte ottime ricamatrici e, sicuramente, qualcuna di loro ha tramandato le proprie conoscenze a figlie o nipoti. L'avanzare del tempo, i mutamenti dei gusti, le diverse esigenze della vita hanno lentamente condotto alla quasi totale scomparsa dell'arte del ricamo nel nostro paese. Eppure sono quasi sicura che nei bauli, nei cassetti e negli armadi di molte donne di Scurcola, ancora oggi, vengono conservati preziosi tessuti ricamati, intagliati e decorati dalle sapienti mani di queste donne.

I nomi delle ricamatrici di Scurcola Marsicana

La foto delle ricamatrici arriva dalla famiglia Colucci: una delle ragazze è Maria Cerrone, la madre di Dario e Aulo Colucci. E proprio dal libro "De Scurcola Marsorum" di Dario Colucci, ho ricavato i nomi delle giovani scurcolane ritratte. I loro nomi e i loro volti appartengono a un'epoca lontana: circa un secolo fa. Vale la pena soffermarsi sulla suora che si trova in piedi, dietro alle sue allieve. Si tratta della Maestra Suor Eulalia Gennari, originaria di Castelgandolfo, che ha prestato la sua opera presso l'Istituto delle Maestre Pie Filippini di Scurcola per molti anni e che, in diversi racconti tramandati, viene ricordata per la sua bellezza e per la sua dolcezza. 

Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane no...