martedì 2 luglio 2024

Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane nobile e ribelle, nel 1630, fonda l’Accademia degli Incogniti, società di intellettuali e liberi pensatori che andrà a esercitare un notevole impatto sulla vita culturale e politica della città. I membri sono impegnati in vivaci dibattiti, scambiano idee e collaborano alla creazione di opere in cui si riflette lo spirito innovativo e le prospettive non convenzionali dell'Accademia.

Tra i membri dell’Accademia degli Incogniti figura anche il nostro Antonio Rocco, filosofo e teologo nato a Scurcola nel 1586. A Roma, Antonio frequenta il Collegio romano, per passare poi allo Studio di Perugia, dove è allievo di Giovan Tommaso Giglioli per la filosofia e Girolamo Roberti per la teologia. Conclude i suoi studi all’Università di Padova, discepolo di Cesare Cremonini. Della vita e delle opere di Antonio Rocco si parla in un testo, pubblicato a Venezia nel 1647, intitolato “Le glorie degli Incogniti ovvero gli uomini illustri dell’Accademia dei Signori Incogniti di Venezia”.

Frontespizio del volume "Le Glorie degli Incogniti" 1647

A pagina 58 del volume troviamo un ritratto di Antonio Rocco (vedi immagine di apertura del post). Si tratta di un’incisione realizzata nel 1640 dall’incisore e artista veneziano Giacomo Pecini. Rocco è indicato come dottore in filosofia e teologia. Nella pagina seguente troviamo un testo che ci consente di conoscere un po' meglio Antonio Rocco qui definito “romano” anche se, come sappiamo, era originario di Scurcola. 

Vado di seguito a trascrivere le parole con le quali viene “raccontato” lo studioso scurcolano:

Sotto l'aure felici del Cielo Latino trasse i primi alimenti della vita nell’augusta Città di Roma Antonio Rocco figliuolo di Fabio Medico, e Filosofo di gran nome, ed appresi nel Colleggio Romano i principi della Filosofia passato all'Università di Perugia sotto la disciplina di Giovan Tomaso Giliolo [Giovan Tommaso Giglioli, ndr] Filosofo chiarissimo, e di Girolamo Roberto [Girolamo Roberti, ndr] Teologo eminentissimo, s’inoltrò nella cognizione della Filolofia, e della Teologia, donde trasferitosi a Padova ascoltò l’Aristotele de’ nostri tempi Cesare Cremonino [Cesare Cremonini, ndr], dando l’ultima perfettione all’eccellenza de’ suoi studi. Che però divenuto buon Maestro in età di Discepolo, portatosi a Venetia ha letto per lo spatio di venticinque anni, e legge ancora la Filosofia con tanto concorso di Gioventù Nobile, che sovra a trecento soggetti sono usciti dalla sua Accademia con la Laurea del Dottorato. Quindi il Senato Veneto ottimo riconoscitore del merito degli huomini segnalati, essendo vacata nell’Università di Padova la Cattedra di Filosofia, per la morte di Mario Belloni Soggetto di chiarissima fama, l’honorò spontaneamente di quella nobilissima carica, ma venne ritenuto dall’accettarla dalle persuasioni degli Amici, che gli mostrarono esser la sua preferenza più necessaria in Venetia, che in Padova: e per questa medesima cagione rifiutò parimente la lettura di Filosofia offertagli dal Gran Duca di Toscana con l’annuale stipendio di mille Scudi nell’Università di Pisa. Fu poscia da medesimo Senato Veneto, in riguardo a’ suoi meriti, e alla singolar affettione, ch’ei porta a questa Città, ch’egli suol chiamare gran Patria del mondo, e Riposo degli huomini Letterati, senza che egli mai ne havesse concetto pur’un principio di pensiero, eletto pubblico Lettore della Filosofia Morale, ed honorato con pienezza di voti, ed applauso universale d’un luogo del Colleggio nobilissimo de’ Medici, e de’ Filosofi. Il che egli meritò non tanto per l’eminenza della Dottrina, quanto per la placidezza de’ costumi, e per la nobiltà delle maniere, essendo affabile, cortese, gentile osservatore dell’altrui virtù, e fornito d’una sincerità di procedere incomparabile. L’Opere delle quali, per lasciare alla Posterità testimonianza del suo grandissimo Ingegno egli hà arricchite le stampe vanno attorno con questi titoli in fronte:

In Universam Arist. Philosophiam, tria Volumina
In Eiusdem Logicam, Volum. unum.
Exercitationes Philosophiae, uel Apologia pro Aristotele contra Galileum Calilei, et Lynceum.
E presto usciranno alla luce del mondo
Metaphysica; et De Immortalitate Animae Rationalis via quadam sublimi Peripatetica, sed nondum post Aristotelem signata vestigys.


domenica 23 giugno 2024

Borgata San Sebastiano

Credo di aver già descritto la maggior parte dei dettagli e le più minute particolarità presenti nel borgo di Scurcola Marsicana: iscrizioni, portali, decorazioni, manufatti e tracce di un passato che si è stratificato nel tempo fino a rendere il paese quel che vediamo oggi. Nel corso della passeggiata di questa mattina, però, ho rilevato un elemento che finora mi era sfuggito.

Sono passata lungo via Maccallè, un toponimo che, per chi non lo sapesse, richiama un episodio legato all'epoca fascista: nell'Ottobre 1935 le truppe italiane, guidate dal generale Emilio De Bono, occuparono Macallè, oggi Mek'ele, capoluogo della regione dei Tigrè, in Etiopia. La conquista di Macallè fu ampiamente utilizzata dalla propaganda fascista per celebrare la forza militare dell'Italia. Purtroppo la conquista di Macallè fu accompagnata da atrocità indicibili e gravi crimini di guerra contro la popolazione etiopica. Macallè rimase dominio italiano fino al 1941, anno del ritorno sul trono di Hailè Selassiè.

Nel cerchio rosso la tabella della casa di via Maccallè

Non so che senso abbia, oggi, continuare a mantenere a Scurcola (e non solo) questo o altri toponimi legati all'epoca fascista, fase storica tutt'altro che edificante, ma ciò su cui desidero soffermarmi è una vecchia "tabella" che oggi è difficile decifrare poiché scolorita e quasi irriconoscibile. Su via Maccallè, infatti, c'è un piccolo edificio, ormai quasi del tutto diruto, che conserva, sulla facciata, la flebile traccia del nome che questo angolo del paese aveva fino, probabilmente, a poco meno di un secolo fa: Borgata San Sebastiano

La perduta chiesa di San Sebastiano a Scurcola

Tale denominazione si spiega, ovviamente, con l'esistenza, proprio lungo questo tratto viario, dell'antica e perduta chiesa di San Sebastiano della quale, in passato, ho già scritto. L'edificio sacro intitolato al martire cristiano, di cui oggi ci resta ben poco, aveva "prestato" il suo nome all'intera "borgata". Secondo il provvedimento del Podestà che, nel 1936, rinominò molte strade di Scurcola, la "Borgata San Sebastiano", di cui oggi ho trovato un'antica traccia, ricomprendeva, oltre a via Maccallè, anche le attuali via Adua, via Francesco Paolo Michetti e via Giovanni Argoli.


venerdì 5 aprile 2024

La perduta cancellata in ferro del Monumento ai Caduti di Scurcola Marsicana

 

La vecchia fotografia che apre questo post mostra il nostro Monumento ai Caduti. Si tratta di una cartolina d’epoca, ricolorata a mano, come d’uso all’epoca, che ci consente di osservare un angolo di Scurcola negli anni Trenta. C’è un dettaglio, ben visibile in questa foto, che vorrei porre all’attenzione di chi legge. Si tratta di un particolare che può sembrare irrilevante ma non lo è perché, in realtà, ci racconta un piccolo ma significativo frammento di storia scurcolana e italiana, più in generale.

Il dettaglio a cui faccio riferimento è la cancellata che circonda il Monumento. Analizzando l’immagine con un po' di attenzione ci si può rendere conto che l’inferriata è diversa da quella che attualmente circonda il monumento e il suo piccolo giardino. Le dimensioni sono più o meno le stesse ma le fattezze sono totalmente differenti.

Monumento ai Caduti con inferriata oggi

Da un articolo che ho rintracciato all’interno di “Abruzzo-Molise” [1], giornale dedicato agli abruzzesi negli Stati Uniti, diretto dal marsicano Vincent Massari, sono riuscita a scoprire che la prima cancellata che circondava il Monumento ai Caduti di Scurcola venne installata nel 1926: fu realizzata per le celebrazioni del 4 Novembre.

Tutti sappiamo che il 4 Novembre, in Italia, fin da 1922 [2], si commemora la fine della Prima Guerra Mondiale. A Scurcola, secondo quanto viene descritto nell’articolo di “Abruzzo-Molise”, quell’anno vi fu una “eccezionale” solennità. "Per la circostanza" si legge "il monumento ai caduti in guerra è stato completato con l'installazione di un'artistica cancellata in ferro e con l'offerta di una ricca corona di bronzo e di una lampada votiva, acquistate con delicato pensiero dalla deputazione della festa della Madonna della Vittoria nel decorso anno con i residui dei fondi disponibili". Al cospetto del Monumento, sul quale erano indicati i nomi dei giovani di Scurcola morti nel corso della Grande Guerra, "dopo le brevi parole pronunziate dal podestà signor Liberati, hanno parlato il capitano dei carabinieri, signor Lacchini e il professor Giuseppe Grieco del Ginnasio di Avezzano".

Il Monumento ai Caduti di Scurcola, come ho scritto in passato, era stato inaugurato nel 1925. Dopo poco più di un anno, quindi, secondo la cronaca giornalistica, venne completato e abbellito da “un’artistica cancellata” che, però, non ebbe lunga vita poiché, solo 14 anni più tardi, fu totalmente smantellata.

Il 10 Giugno del 1940, infatti, l’Italia, guidata da Benito Mussolini, entrò in guerra. Le finanze del nostro Paese, ai tempi, erano tutt’altro che floride per cui il Duce, come aveva già disposto nel 1935 con l’iniziativa denominata “oro alla Patria” (durante la campagna di conquista dell’Etiopia), decise di sostenere l’industria bellica nazionale per affrontare la Seconda Guerra Mondiale chiedendo “ferro alla Patria” [3]. Prese l'avvio, su tutto il territorio italiano, la raccolta di materiale ferroso necessario a seguito dello “stato di necessità derivante da causa di guerra”.

Tra i tanti elementi smantellati durante quel periodo vi fu anche la cancellata del Monumento ai Caduti di Scurcola Marsicana realizzata e installata nel 1926 (inclusi corona in bronzo e lampada votiva, immagino). Ho provato a rintracciare, presso il Comune di Scurcola Marsicana, il provvedimento ufficiale che stabilì l’eliminazione, e relativa vendita, della ringhiera che circondava il Monumento, ma negli archivi non ve ne è traccia. All’interno di un libro di Giuseppe Morzilli [4], però, ho trovato indicazioni in merito a una delibera del 13 Novembre 1940, firmata dal Commissario prefettizio dell’epoca, Andrea Nuccetelli, dalla quale si evince che dalla vendita del materiale ferroso consegnato dal Comune di Scurcola nel Novembre 1940, così come richiesto dalle autorità, vennero ricavate 2.695 lire.

Monumento e scuola con le inferriate originali

L’attuale cancellata del Monumento ai Caduti, come mi è stato spiegato dagli ex sindaci Nevio Frezzini e Antonio Nuccetelli, fu ripristinata solo nei primi anni Ottanta, durante l’amministrazione Nuccetelli. Ai tempi venne deciso di far realizzare una nuova ringhiera per il Monumento ai Caduti e un’altra per il vecchio edificio scolastico. Infatti devo ipotizzare che nel 1940, oltre alla cancellata artistica del Monumento, fu “donata alla Patria” anche la recinzione in ferro posizionata sul muro di cinta del vecchio edificio scolastico di Scurcola.

Personalmente ricordo con estrema precisione che, fino ai primi anni Ottanta, il Monumento ai Caduti non era circondato da alcuna cancellata e che sul muro di cinta che circonda la scuola (ai tempi frequentavo le elementari) si trovavano spuntoni di ferro mozzati a testimoniare la presenza di una inferriata che, evidentemente, era stata rimossa anni prima.

 

Note:
[1] Abruzzo-Molise, Volume IX, Numero 50, 17 dicembre 1926.
[2] Regio decreto n. 1354 del 23 ottobre 1922.
[3] Legge n. 408 dell’8 maggio 1940 “Denuncia e raccolta di cancellate di ferro e di altro metallo”; Regio decreto n. 1315 del 25 agosto 1940 “Disciplina della raccolta dei materiali metallici".
[4] Giuseppe Morzilli, “Scurcola Marsicana “Città” dell’Abruzzo marsicano”, I Tomo, 2016, p. 303.

 

martedì 5 marzo 2024

Uno storico articolo del maestro Fabiano Blasetti descrive Scurcola dopo il terremoto del 1904

 

Lo scorso 24 febbraio, presso la Sala consiliare del Comune di Scurcola Marsicana, si è tenuto un incontro per commemorare il drammatico terremoto che colpì il nostro paese 120 anni fa, nel 1904. L’evento è stato possibile grazie all'associazione "Il Punto d'Incontro" APS ETS e, soprattutto, all'impegno di Ernesto Andreoli che ha lavorato instancabilmente per garantire che tutto fosse organizzato nel migliore dei modi. Durante l'incontro erano previsti due interventi: il mio e quello del professor Fabrizio Galadini, dirigente di ricerca presso l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e docente di Geologia per il Rischio Sismico presso l'Università Roma Tre.

Ed è proprio dalla relazione del prof. Galadini che nasce il mio interesse nei riguardi di uno dei contenuti illustrati nel corso dell’incontro del 24 Febbraio 2024. Il professore, infatti, durante la sua esposizione, ha mostrato ai presenti diversi documenti dell’epoca, tra cui un articolo pubblicato sulle pagine de “Il Messaggero” in data 13 Marzo 1904. Il dettaglio che ha attirato immediatamente la mia attenzione è stata la firma dell’articolista: Fablas. Per me non ci sono dubbi, è stata una sorta di illuminazione: Fa-Blas vale a dire Fa-biano Blas-etti. Il maestro Fabiano Blasetti del quale, negli anni passati, ho scritto in un paio di circostanze.

Parte iniziale dell'articolo con il nome "Fablas"

Il maestro Blasetti fu insegnante elementare a Scurcola tra la fine dell’Ottocento e la prima parte del Novecento. Fu anche un appassionato cultore di storia, archeologia e cronaca locale. È autore di componimenti poetici, di saggi storici ma scrisse anche pezzi per “Marsica Nuova”, il giornale dei marsicani migrati negli Stati Uniti. L’esistenza dell’articolo de “Il Messaggero” ci fa chiaramente intendere che Fabiano Blasetti ebbe modo di curare contenuti giornalistici anche per la testata romana.

Fabiano Blasetti, originario di Petrella Liri, si traferì a Scurcola dopo il matrimonio, avvenuto il 20 Marzo 1871, con la scurcolana Maria Aurora Liberati (1), rappresentante della famiglia dei noti proprietari terrieri locali. L’avvocato Ennio Giuseppe Colucci (Scurcola Marsicana 1907 - Roma 1985), nei suoi scritti, descrive il maestro Blasetti come un liberale, un patriota e, soprattutto come un "mangiapreti". Nel 1904, dunque, Fabiano Blasetti scriveva per “Il Messaggero” e raccontava cosa stava avvenendo a Scurcola nei giorni e nelle settimane immediatamente successive al terremoto che colpì, in primis, i paesi di Rosciolo e di Magliano.

Soldati del Genio Zappatori in via Corradino

Trascrivo per intero, qui di seguito, il testo dell’articolo che il professor Galadini ha messo gentilmente a mia disposizione. Blasetti, attraverso la sua cronaca, ci restituisce il quadro di una situazione angosciante e tragica che gli scurcolani si trovarono a vivere a causa dello sciame sismico che colpì il nostro paese subito dopo la prima, violenta scossa delle ore 16.53 del 24 Febbraio 1904:

Il nostro paese che, dopo subite circa 60 scosse telluriche, più o meno forti, sembrava quasi incolume da qualsiasi rovina, colle scosse ripetutesi fra questa notte e nella giornata di oggi si sono aperte maggiormente nei fabbricati le piccole lesioni dei giorni passati, manifestandosene delle nuove, determinando la immediata rovina dalla maggior parte del paese, per le molte case lesionate, quasi cadenti, anzi quattro o cinque sono da demolirsi.

Le case malamente costruite, la posizione impossibile del paese disteso ad anfiteatro sopra una collina disgregatasi dal monte San Nicola, fanno sì che la caduta di una casa al di sopra, cagioni la rovina di una o più case sottostanti. Per non allarmare la popolazione, si è fatto male a non palesare il grandissimo pericolo e disastro pur troppo prevedibili, come hanno fatto altri paesi con invidiabile sollecitudine. Il nostro egregio sindaco conte Angelo Vetoli, ha saputo consigliare e dirigere la intera popolazione, avvicinandola giorno e notte, facendo venire tende per copertura nelle rigide e nevose notti, portandosi tutta ad accampare all'aperto.

Ora si sta procedendo al puntellamento delle case pericolanti sotto la direzione dell'ing. Uffreduzzi del genio civile. La popolazione si è nuovamente attendata all'aperto dopo le scosse della scorsa notte, scosse violente che hanno maggiormente danneggiato gli abitati di Cappelle, Rosciolo, Magliano, Massa d'Albe, oltre il nostro paese. E ciò che maggiormente preoccupa è il timore che nuove scosse e nuovi danni sovrastino i paesi situati sulla zona agitata da intestini sconvolgimenti. Il sottoprefetto di Avezzano si è portato sul luogo rimanendo sconcertato dalle tristi condizioni del caseggiato lesionato e cadente.

Fra le case maggiormente cadute in rovina sono la chiesuola di S. Vincenzo, condannata alla demolizione; l'asilo Anzini che è prossimo a crollare, per cui sono state sospese le scuole; il convento delle monache a Sant'Antonio, che si doveva adibire ad ospedale per i poveri è rimasto colle mura fortemente lesionate e distaccate negli angoli interni ed esterni; colla volta in parte caduta in un lungo dormitorio, con altre camere e coll'artistica chiesa annessa in condizioni disperate. La casina del conte Alberto Vetoli è screpolata in mille guise. Insomma i danni sono immensi; la popolazione è terrorizzata. Occorrono soccorsi solleciti”.

 

Note:
(1) Archivio di Stato dell’Aquila, Portale Antenati.


***

Ringrazio il prof. Fabrizio Galadini per aver risposto alla mia richiesta e per avermi permesso di leggere e acquisire l'articolo del 1904 riguardante Scurcola. Senza la sua disponibilità, non avrei potuto scrivere questo nuovo post.

giovedì 15 febbraio 2024

Quando a Scurcola si celebrò la giornata contro le bestemmie e i turpiloqui

Scurcola Marsicana negli anni Venti

Il 13 Maggio del 1926, a Scurcola Marsicana, fu celebrata la “Giornata anti blasfemia”. A dar conto di quanto avvenne circa un secolo fa è la gazzetta settimanale “Abruzzo-Molise” [1] pubblicata a Rochester, Stato di New York, e diretta dall’immigrato luchese Vincent Massari. A pagina 7, quella dedicata alle “Cronache degli Abruzzi e Molise”, si trova un articolo che racconta quanto avvenuto a Scurcola nel corso di quella particolare giornata di cui, ritengo, non ci sia rimasta alcuna memoria.

Ad aprire l’articolo vi è il riferimento a una data: “Giovedì 13 corrente”. Si potrebbe pensare al 13 Giugno (considerando la data di pubblicazione della gazzetta) ma, in realtà, dopo aver compiuto qualche verifica, ho constatato che si sarebbe trattato del 13 Maggio 1926. Un giovedì, per l’appunto. Ebbene, come si legge, la “Giornata anti blasfemia” era stata preceduta da "una preparazione spirituale di tre giorni, attraverso un triduo in cui tenne il pergamo il rev. padre Vincenzo da Scifelli": vuol dire che l’omelia, durante la messa, fu tenuta da padre Vincenzo che veniva da Scifelli, frazione di Veroli, nel frusinate.

La mattina del 13 le note del concerto musicale di Luco nei Marsi dettero il segnale della festa. Alle otto vi fu pontificale [messa solenne, NdR] celebrato da mons. Bagnoli, vescovo dei Marsi, instancabile organizzatore di queste feste religiose e sociali insieme, di cui disse in mirabile analisi il carattere e gli scopi. […] Verso le dieci vi fu una commovente cerimonia: il vescovo benedì la bandiera del locale Circolo cattolico maschile Alessandro Manzoni, egregiamente organizzato dalle locali maestre pie Filippini. Fu padrino l'egregio cav. Oreste Di Giacomo”.

Ricordiamo che il cav. Oreste Di Giacomo (1855-1944), al tempo, era medico condotto di Scurcola Marsicana (su questo blog, in passato, ho raccontato la triste vicenda legata alla scomparsa di suo figlio, Luigi Di Giacomo). Alle 10 di quel mattino vi fu un’altra messa a cui fece seguito un’imponente processione eucaristica. “Presso il monumento ai caduti di guerra, dove era stato allestito un bell'altare, la processione sostò ed il vescovo impartì una solenne benedizione”.

Quindi giungiamo al cuore della giornata: “Alle tre fu aperto il pubblico comizio di propaganda antiblasfema. Il sindaco, ora podestà [2], sig. Vitantonio Liberati, presente con belle parole gli oratori, ed accennò agli scopi di questa lotta contro la bestemmia che deve, fra l’altro, emancipare il popolo italiano da ogni forma di bruttura e di degradazione morale, incompatibile con le nuove aspirazioni ideali attuali”. Ovviamente si fa riferimento alle “aspirazioni” del regime fascista che era ormai consolidato anche nel nostro paese.

A seguire vi furono, come si legge nell’articolo, gli interventi dell’oratrice prof. Anita Ferrari [3] di Roma e del prof. Francesco Aquilani, docente di Diritto costituzionale presso la Regia Università di Roma. “A sera il concerto musicale di Luco nei Marsi svolse in piazza uno scelto programma, lasciando nell'uditorio la più favorevole impressione. Tra gli organizzatori della festa notiamo l’abate D. Domenico D'Amico [4]; il conte Alessandro Vetoli [5], presidente del comitato maschile; la signora Maria Liberati Di Giacomo, presidente del comitato femminile e le instancabili maestre pie Filippini”.


Note:
[1] “Abruzzo-Molise”, Anno IX, Numero 25, venerdì 25 giugno 1926.
[2] In epoca fascista, dal 1926 al 1945, gli organi elettivi dei Comuni furono soppressi. Tutte le funzioni svolte in precedenza dal sindaco, dalla giunta comunale e dal consiglio comunale furono trasferite al podestà che veniva nominato dal governo fascista tramite apposito decreto. L'istituzione della figura del podestà si deve alla Legge n. 237 del Febbraio 1926.
[3] Anita Ferrari fu segretaria generale dell'Associazione educatrice internazionale (ente cattolico che aveva numerose scuole) e responsabile di vaste organizzazioni scolastiche confessionali. Molto religiosa, Anita Ferrari era ben inserita sia negli ambienti vaticani che fascisti.
[4] Don Domenico D'Amico era nato ad Avezzano il 1° Febbraio 1876 ed è morto nel 1942. Nel 1901 fu sacerdote a Cappadocia (parrocchia SS Biagio e Margherita). Nel 1913 diventò sacerdote di Scurcola. Nel 1938 decise di dimettersi per ragioni di salute e al suo posto arrivò don Carlo Grassi.
[5] Il conte Alessandro Vetoli, detto il "conte nero", era figlio del conte Vincenzo Vetoli e di sua moglie Luisa Marimpietri. Suo fratello, Angelo Vetoli, detto il "conte bianco" poiché albino, fu Sindaco di Scurcola in diverse fasi della storia del nostro paese: era deceduto pochi giorni prima della celebrazione della "Giornata anti blasfemia", il 27 Aprile 1926. Alessandro e Angelo Vetoli furono gli ultimi discendenti della famiglia Vetoli a Scurcola Marsicana.

domenica 4 febbraio 2024

Il dipinto di San Francesco ritrovato per caso grazie ai... topi!

 

C’è un dipinto, all'interno della chiesa di Sant’Antonio da Padova di Scurcola Marsicana, al quale è legata una vicenda piuttosto singolare che, personalmente, non conoscevo. L’ho individuata attraverso le pagine del “Rocky Mountain News”, uno storico quotidiano pubblicato a Denver (Colorado), dal 23 Aprile 1859 al 27 Febbraio 2009. Nel numero del 18 Settembre 1905 del citato giornale, infatti, si parla dell’insolito ritrovamento di un’opera pittorica dedicata a San Francesco.

Secondo quanto riportato all’epoca dal quotidiano statunitense, i devoti che frequentavano la chiesa di Sant’Antonio di Scurcola erano stati spaventati, in più occasioni, dalla presenza di alcuni topi che sembravano provenire da un dipinto appeso dietro all’altare maggiore. Il parroco del tempo decise di rimuovere il dipinto scoprendo che, al di sotto, non solo si celava il fatidico nido di topi ma anche un ulteriore dipinto.

Articolo originale

Nell’articolo si fa riferimento a un’opera “raffigurante San Francesco d’Assisi che riceve le stimmate”. Nello stesso articolo, inoltre, si legge: “L'affresco è così ben conservato che sembra appena dipinto. Gli intenditori sostengono che sia opera di qualche famoso artista del XVI secolo”.

Nella chiesa di Sant’Antonio da Padova di Scurcola, in effetti, esiste un dipinto che rappresenta San Francesco che riceve le stimmate. Attualmente si trova collocato presso uno degli altari posti lungo la navata, sul lato sinistro. Le sue condizioni non sono eccellenti ma l’opera è comunque ben riconoscibile.

Bisogna tener conto che, nel 1905, la chiesa di Sant’Antonio non aveva ancora subito i pesanti danneggiamenti causati dal terremoto del 13 Gennaio 1915, quindi non sappiamo se il dipinto in oggetto fosse lì dove lo vediamo ora o si trovasse in un’altra area dell’edificio sacro. Quel che ci è permesso di capire, grazie a un vecchio articolo pubblicato dal “Rocky Mountain News” di Denver, è che l’opera venne scoperta per caso e solo grazie a dei... topi!


domenica 21 gennaio 2024

Il ritorno a Scurcola della salma del ten. Giuseppe Rosa, morto durante la Prima Guerra Mondiale

 

Giuseppe Rosa, nato a Scurcola Marsicana il 24 Marzo 1895, era figlio di Gaetano Rosa (importante personaggio scurcolano vissuto tra Ottocento e Novecento di cui, in più circostanze, ho parlato attraverso il blog) e di sua moglie Anna Petrocchi (1870-1948). Giuseppe morì, a soli 22 anni, nel corso della Prima Guerra Mondiale, in Albania. Secondo l’Albo d’Oro dei Caduti della Grande Guerra [1], il tenente Giuseppe Rosa risulta essere deceduto il 29 Maggio 1917 a causa di “ferite riportate in combattimento”.

Giuseppe Rosa nell'Albo d'Oro dei Caduti della Prima Guerra Mondiale

La tomba di Giuseppe, presso la quale mi soffermo sempre quando vado a visitare i defunti, è accolta nel cimitero di Scurcola: i resti del giovane militare sono accanto a quelli di sua madre Anna, all’interno dello stesso loculo. Ho notato, però, che la data di morte di Giuseppe incisa sulla lapide funebre non coincide con quella registrata dall’esercito poiché, sulla tomba, è scritto 24 Maggio 1918.

Non riesco a spiegarmi l’origine della discrepanza tra la data di morte che risulta dai registri ufficiali del Ministero della Difesa e quella indicata sulla tomba del giovane. È possibile che ci sia stato un errore di scrittura sulla lapide? Oppure ai genitori, al tempo, fornirono un’informazione sbagliata in merito all’anno della morte del loro figlio? Sinceramente non so fornire interpretazioni convincenti che possano spiegare tale difformità.

Tomba di Anna Petrocchi e Giuseppe Rosa (cimitero Scurcola)

Posso però scrivere qualcosa in merito al rientro a Scurcola Marsicana della salma del tenente Giuseppe Rosa, che aveva prestato servizio militare presso il 20° Reggimento Artiglieria da Campagna. Grazie a un articolo, pubblicato sulla rivista statunitense “Abruzzo-Molise” [2], possiamo conoscere interessanti dettagli circa la partecipata cerimonia che si svolse in paese quando, nel 1926, quindi a distanza di 8/9 anni dalla morte, la salma di Giuseppe Rosa tornò a casa.

Posso dire che nel testo dell’articolo si riporta la stessa data di morte dell’Albo d’Oro, ossia 29 Maggio 1917: "Con eccezionale solennità ha avuto luogo il trasporto funebre dalla stazione ferroviaria della salma del tenente Giuseppe Rosa, reduce dall'Albania, ove il compianto ufficiale moriva il 29 maggio 1917 prestando servizio nell'arma di artiglieria". Il podestà (siamo nei primi anni del Ventennio fascista) Vitantonio Liberati fece affiggere dei manifesti per rievocare la memoria del giovane Rosa.

Non sappiamo con esattezza in quale giorno avvenne la cerimonia per il rientro della salma del militare scurcolano, possiamo solo intuire che fu poco prima del 12 Marzo del 1926. "Alle ore 10" si legge "sfila il corteo che si reca alla stazione ferroviaria per rilevare le sacre spoglie, che attendono già da qualche giorno, nella sala d'aspetto della stazione stessa, trasformata in camera ardente, il commosso omaggio della popolazione tutta, che nel tanto auspicato ritorno, renderà alla cara salma il supremo tributo di rimpianto e di affetto in una espressione di dolore e di orgoglio".

Il corteo che accompagnò la salma del tenente Rosa era formato dalle confraternite locali, dai soci dalla società operaia agricola di Mutuo Soccorso con il presidente avv. Vincenzo Pompei, dal direttore della sezione fascista con il segretario politico avv. Vittorio Bontempi, dai bambini delle elementari con gli insegnanti, da una rappresentanza della Milizia di Scurcola e di Magliano al comando del decurione Carfagno, dagli ufficiali in congedo Gino Macchia e Giuseppe Talone, dal comandante della stazione dei Carabinieri Dante Scorsi e da tutto il consiglio comunale, compreso il podestà Liberati e il giudice conciliatore Francesco Ansini.

Il nome di Giuseppe Rosa sul Monumento ai Caduti

Quando il corteo si avvicinò a piazza Vetoli (che nel 1936 fu rinominata piazza del Littorio e solo dopo il 1946 divenne piazza Risorgimento), il feretro venne deposto per qualche minuto presso il monumento ai Caduti che, per la cronaca, era stato inaugurato solo nella primavera dell'anno precedente (1925). Il nome del tenente Giuseppe Rosa, oggi, è incluso tra quelli dei caduti della Grande Guerra, è leggibile sulla facciata sinistra del monumento, proprio sotto a quello del capitano Luigi Di Giacomo, morto nel 1918.

Subito dopo, la salma di Giuseppe Rosa fu accompagnata presso la parrocchia della SS. Trinità "ove, nella scalinata della chiesa, il sindaco, signor Liberati, porge un commosso saluto alla salma a nome dell'Amministrazione comunale". A seguire pronunciarono parole di rimpianto e di cordoglio il segretario comunale Emilio Nuccitelli e lo studente Nicola Nuccitelli "il quale con forbito discorso commemora il tenente Rosa inserendo la sua memoria fra quelle dei più fulgidi eroi della Patria". Infine vi fu il saluto dell'avv. Vincenzo Pompei a nome dei combattenti di Scurcola. La cerimonia religiosa terminò alle ore 12, si legge nell'articolo pubblicato in "Abruzzo-Molise" nel 1926. Il feretro venne infine tumulato presso il cimitero di Scurcola dove tuttora si trova.

 

 Note:
[1] https://www.cadutigrandeguerra.it/
[2] “Abruzzo-Molise”, Numero 10, 12 marzo 1926.


Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane no...