mercoledì 30 dicembre 2020

Post di fine anno


A fine anno un po' tutti facciamo un bilancio di ciò che è stato. Difficile commentare con serenità e pacatezza l'anno 2020 perché durante il 2020 la vita di ognuno di noi è stata stravolta, mortificata, ingabbiata e svilita dalla necessità di non favorire i contagi. Più di tutto, ci è stato chiesto qualcosa di disumano: evitare il contatto con le altre persone. Nessuno ci aveva mai proibito per legge di avvicinarci a un amico, a un parente, a un conoscente per un abbraccio, una stretta di mano o un saluto affettuoso. Quest'anno è accaduto. Per il nostro meglio ci hanno imposto la distanza

Ogni giorno, ormai da circa un anno, le cronache quotidiane conteggiano e comunicano numeri su numeri: i positivi, i deceduti, i ricoverati. Una sequela di cifre che scandiscono la nostra vita decidendo ciò che avverrà. Non voglio scrivere della crisi sanitaria marsicana né della sofferenza profonda in cui versano gli ospedali del nostro territorio, non voglio scrivere del dolore vissuto da centinaia di famiglie della Marsica a causa della morte di un loro congiunto, non voglio nemmeno scrivere delle scene angoscianti di ambulanze bloccate all'ingresso del Pronto Soccorso né della mancanza totale di onestà intellettuale ed etica di molti dei nostri politici. 

Voglio scrivere di un anno molto faticoso da vivere. Della frustrazione del dover stare lontani, dei bambini e dei giovani tenuti fuori dalle scuole, delle assenze forzate, della paura che serpeggia e scuote, dei tempi perduti per sempre e delle difficoltà economiche. Guarire dal Covid-19 non è solo uscire dalla terapia intensiva o ottenere un tampone negativo, guarire dal Covid-19 vuol dire recuperare una serenità e una normalità che siamo stati costretti a rinnegare e a svuotare di senso. Io per prima ho imparato a restituire importanza a gesti che, fino a un anno fa, reputavo scontati e che ora ci sono negati. 

Restano le parole, milioni di parole scritte e pronunciate. Quelle che, più di tutto, hanno permesso a me e a tutti di continuare a esistere, in senso puro. In un altro contesto, nella primavera 2020, chiusa in casa, da sola, per più di due mesi, avevo scritto: "Le parole mi danno l'aria che non posso avere o gli alberi che non posso toccare. Le parole sono un bacio di notte o una risata sguaiata. Le parole sono appiglio, sostegno, rifiato, ombra, spessore, macchina, orizzonte, pane, ponte, ricamo e corpo. Sono tutte le facce che non vedo e tutti gli abbracci che non posso dare". E poi: "In questo periodo le parole sono la mia essenza e il mio tatto, sono linfa e succursale di quel che non c'è". 

Attraverso "Scurcola Marsicana Blog" ho continuato a comunicare con tante persone. Anche con chi non immagino e non conosco. Almeno in questo, il 2020, non ha avuto ricadute tragiche. Ammetto che in certi momenti è stato difficile continuare, ma ho provato a non lasciarmi sopraffare dallo sconforto. Sono ancora qui, d'altro canto.

mercoledì 23 dicembre 2020

L'albero di Natale


Il mio "regalo" di Natale a Scurcola Marsicana Blog, quest'anno, è rappresentato da uno dei racconti contenuti nella raccolta "L'album delle piccole memorie" che ho auto-pubblicato online, solo in forma digitale, la scorsa primavera. Il breve scritto si intitola "L'albero di Natale" e ricorda ciò che succedeva nella casa dei miei nonni scurcolani, Antonio Tortora e Maria Falcone, quando ci si preparava a festeggiare il Natale col poco che si poteva avere. Protagonisti i miei zii: Lina, Elide, Domenico e Giovanni. La vicenda, ovviamente, è stata "addolcita" dalla narrazione ma i fatti sono realmente accaduti. Buon Natale a tutti!

***

L'albero di Natale
(da "L'album delle piccole memorie" di Maria Tortora)

Al padre l'avevano già chiesto da qualche giorno, ma l'albero tardava ad arrivare. Serviva una pianta piccola. Una di quelle che si potevano tenere vicino alla porta sulle scale, pensava Antoniuccio ricordandosi la promessa fatta a Lina e a Elide. Le figlie, come ogni anno, gli chiedevano un piccolo albero di Natale. I soldi erano pochi ma un albero si poteva prendere dalla montagna e non sarebbe costato niente. Lui, guardia campestre per il Comune di Scurcola ormai da anni, conosceva a memoria ogni metro della campagna del paese.
La festa della Concetta era passata da qualche giorno e le due ragazzine volevano preparare l'albero prima che fosse Natale. Antoniuccio salì sul fianco di Monte San Nicola e, col freddo che gelava la faccia, si decise a trovare una pianta da portare alle sue figlie. Ne scelse una piuttosto giovane e, a dire il vero, un po' sbilenca. Non poteva togliere alla montagna un albero giovane e perfetto, meglio un esemplare che probabilmente il tempo e le stagioni avrebbero comunque condannato a soccombere. Alle sue figlie non sarebbe importato.
E infatti Lina ed Elide fecero i salti di gioia quando, alla sera, videro rientrare il padre con un piccolo abete tra le mani. Certo era un po' striminzito e persino un po' storto, ma a loro sarebbe bastato. Decisero di addobbarlo come potevano. Intanto misero della sabbia mista a sassolini in una pentolaccia di casa. Poi fecero in modo che l'alberello rimanesse in piedi infilzando la base del tronco nella sabbia, infine cominciarono ad addobbarlo a modo loro. In casa non c'era molto così bisognava inventarsi qualcosa.
Presero qualche mandarino, un paio di confetti avanzati dall'anno prima, delle noci, due o tre caramelle e recuperarono persino la carta argentata che stava nei pacchetti delle sigarette da usare come guarnizione luccicante. Non ci volle molto tempo e le due sorelle, alla fine, osservarono il frutto del loro lavoro. Non c'erano stelle o palline a scintillare, ma Lina ed Elide erano comunque soddisfatte.
Il problema era rappresentato dai fratelli più grandi, Domenico e Giovannino. Se i due si fossero trovati nei paraggi, si sarebbero divertiti a spogliare l'albero mangiando tutto quello che avrebbero trovato. E quindi: addio mandarini, addio noci e addio caramelle. Durante il giorno, per evitare i rimproveri di Mariuccia, i due fratelli cercavano di evitare persino di passare dalle parti dell'alberello di Natale ma, alla sera, quando più o meno tutti andavano a dormire, si avvicinavano sgraffignando quel poco che lo decorava.
Lina ed Elide cercarono una soluzione. Dovevano proteggere il loro albero di Natale dalle scorrerie dei fratelli. Come fare? Alla fine a Lina venne un'idea: la sera avrebbero nascosto l'albero sotto il letto. Se Domenico e Giovannino si fossero avvicinati, li avrebbero sentiti. Così fecero: ogni sera le due sorelle prendevano il piccolo abete addobbato e, con grande delicatezza, lo sradicavano dalla pentola per infilarlo sotto il letto. La mattina, con la stessa attenzione, lo recuperavano e lo riportavano dove doveva stare, nel poco spazio vicino alla porta sulle scale. Almeno fino a quando non fosse arrivato Natale.

venerdì 18 dicembre 2020

Il titolo di Città assegnato a Scurcola Marsicana


Forse non tutti sanno che Scurcola Marsicana può fregiarsi del titolo di Città. Si tratta di un riconoscimento assegnato dal Presidente della Repubblica a quei Comuni che mostrano di possedere rilevanza storica, artistica, civica o demografica. Infatti, secondo quanto stabilito dal Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 18, in materia di "Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali": "Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'Interno ai comuni insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza". Scurcola ha ottenuto il titolo di Città nel 2011, durante l'amministrazione guidata dall'Avv. Vincenzo Nuccetelli. Il documento che ufficializza l'assegnazione del titolo di Città a Scurcola è costituito da un Decreto del Presidente della Repubblica datato 14 febbraio 2011 e firmato, ovviamente, dal Capo dello Stato del tempo, Giorgio Napolitano

Grazie all'aiuto dell'attuale assessore all'Ambiente e alle Politiche Sociali del Comune di Scurcola Marsicana, Ing. Francesco Tortora, che ha provveduto gentilmente a rintracciare la documentazione, sono riuscita a visionare e a leggere gli atti relativi alla concessione del titolo di Città a Scurcola. Al citato Decreto del Presidente della Repubblica, è allegata anche una "Relazione del Ministero dell'Interno" dalla quale si evince che l'istanza del Sindaco per la concessione del titolo di Città era stata avanzata già il 9 novembre del 2009

Corona turrita

Il testo della "Relazione" consiste in una sorta di sunto della storia di Scurcola: dalle origini del nome alle testimonianze preistoriche, dalla Battaglia dei Piani Palentini alla valenza storica della Rocca Orsini, dal patrimonio edilizio religioso ai diversi palazzi signorili sorti nei secoli. In sostanza una breve traccia della "rilevanza storica, artistica, civica o demografica" richiesta per ottenere il titolo di Città che, vale la pena sottolineare, non viene elargito con facilità. Tra i 37 Comuni marsicani che possono fregiarsi di tale prestigioso titolo ci sono solo Avezzano, Tagliacozzo, Celano, Pescina e, naturalmente, Scurcola. I Comuni insigniti del titolo di città, nei loro stemmi municipali, utilizzano una corona turrita, formata da un cerchio d'oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d'oro e murato di nero. Corona turrita che nello stemma del Comune di Scurcola Marsica, come si può vedere, è ben visibile.

martedì 15 dicembre 2020

La storia del Convento dei Cappuccini di Scurcola Marsicana


Come ogni scurcolano sa bene, per molti secoli, nel nostro territorio, su un colle che si trova a circa due chilometri dal centro abitato, è esistito il Convento dei Cappuccini. Dell'antico luogo, abitato per lungo tempo da membri di uno dei più importanti ordini mendicanti francescani, oggi non restano che poche mura e qualche decadente traccia di una storia secolare. Da ragazzina ricordo di aver visto le numerose pietre crollate, la cappellina che ospitava la perduta "Madonna dello Latte" (ai miei tempi ancora parzialmente visibile) e, soprattutto, ho bene in mente le sepolture abbandonate di chi, per circa un centinaio di anni, è stato sepolto in prossimità del Convento in una terra consacrata che ancora chiamiamo "Camposanto Vecchio". 

Ecco cosa si legge in un saggio [1] di Nicola Petrone a proposito del vecchio Convento: "A mezza costa, lungo un ripido colle, c'era una chiesetta dedicata alla Vergine, di proprietà della Collegiata di Scurcola, a circa due kilometri dal centro abitato. Il popolo, ottenuta la chiesetta dai canonici, con il consenso del vescovo dei Marsi, vi edificò accanto un convento che i frati Cappuccini abitarono sin dal 1590. Poiché il suolo era impervio e proibitivo per i fedeli che avevano bisogno di recarvisi per chiedere consigli ai religiosi, dopo qualche tempo fu deciso di abbatterlo per edificarne uno nuovo sulla sommità del colle. Con le sovvenzioni della famiglia Orsini fu costruito un nuovo convento con 17 celle, con la chiesetta dedicata a S. Maria del Colle". Dettaglio importante: la chiesetta di Santa Maria del Colle è altra cosa rispetto alla Cappellina della "Madonna dello Latte" che venne messa in piedi negli anni Cinquanta grazie a una sorta di "scuola-cantiere".

Cappella della Madonna dello Latte (foto Aulo Colucci)

Nel 1880 anche frate Filippo da Tussio [2] ha scritto a proposito del nostro convento: "Nel declivio di un colle distante circa un miglio da Scurcola esisteva una Chiesa di Maria Vergine, Parrocchiale di una Villa già diruta e però incorporata con tutte le sue pertinenze alla Collegiata di detta Terra; presso questa chiesa fu fondato il Convento de' Cappuccini. Nel 1590, avendola i canonici a tal'uopo ceduta con tutto il terreno circostante per la fabbrica e per l'orto. Ma perché il sito era troppo scosceso, fu necessario demolirlo e fabbricarlo sulla sommità del medesimo Colle ove fu eretta la Chiesa col medesimo titolo trasportatovi il muro in cui è l'antico e prodigioso dipinto della Vergine. La Cappella della Madonna fu fatta lavorare da P. Provinciale Carlo da Pescina nel 1775. Questo devoto e solitario Santuario di Maria è ancora custodito da Cappuccini". 

Interno della Cappella della Madonna dello Latte (foto Aulo Colucci)

Tornando al Convento di Scurcola, esso fu abitato da numerosi religiosi appartenenti all'Ordine dei frati minori Cappuccini (Ordo fratrum minorum capuccinorum - O. F. M. Cap.), uno dei tre ordini mendicanti maschili di diritto pontificio che, ancora oggi, costituisce la famiglia francescana. L'OFM nacque attorno al 1520 per iniziativa del frate francescano osservante Matteo da Bascio il quale riteneva che lo stile di vita condotto dai francescani del suo tempo non era più quello che San Francesco aveva insegnato. Frate Matteo voleva tornare a una vita di solitudine e penitenza come quella praticata dal Santo ma, insieme ad altri compagni che come lui desideravano un ritorno alle origini, fu costretto a scappare e nascondersi. Solo nel 1528, grazie alla mediazione di Caterina Cybo, duchessa di Camerino, Matteo ottenne l'approvazione da parte di papa Clemente VII, con la "Religionis zelus", redatta a Orvieto. Fu concesso a Matteo, e a chi volesse seguire il suo esempio, di vivere in povertà e di predicare ai poveri. I Cappuccini sono da sempre legati alla preghiera e alla cura dei poveri e dei malati. Anche per questo l'ordine crebbe rapidamente sia in dimensioni che in popolarità. 

I Cappuccini furono introdotti in Abruzzo da Matteo Silvestri, medico di Leonessa. Egli era entrato a far parte dell'OFM di Roma e iniziò a operare partendo dalla città dell'Aquila nel 1540. Con il Capitolo generale del 1558 "la provincia di S. Bernardino (Abruzzo), poiché aveva pochi conventi e non v'era speranza di un prossimo incremento, fu soppressa e i suoi conventi furono uniti in parte alla provincia romana, in parte alla provincia delle Marche" [3]. Nel 1575 venne eletta canonicamente in "provincia" dell'Ordine, il primo superiore fu P. Lorenzo Bellarmino da Montepulciano. Da quel momento in poi la diffusione dei Cappuccini in Abruzzo fu imponente anche grazie alla protezione e al supporto di nobili famiglie. 

Area dell'ex Convento dei Cappuccini dall'alto

I Cappuccini, al contrario di altri ordini regolari, non risentirono della soppressione dei piccoli conventi voluta da Papa Innocenzo X, formalizzata con la bolla "Instaurandae regularis disciplinae" del 15 ottobre 1652. Molti conventi che non raggiungevano il numero di 12 membri (richiesto per essere convento regolare) vennero chiusi ma le Costituzioni dei Cappuccini stabilivano già un minimo ottimale di 12 frati per convento. A seguire vi fu la soppressione decretata durante l'occupazione francese, il 7 agosto 1809, da Gioacchino Napoleone (Murat), Re delle Due Sicilie. Anche in questo caso i conventi che non raggiungevano i 12 religiosi, vennero soppressi. Ben più devastante fu, per i Cappuccini, la soppressione seguita all'unificazione d'Italia. Infatti con un decreto piemontese del 7 luglio 1866 veniva ordinata la soppressione di tutti gli ordini religiosi (dei quali si espropriavano beni e conventi) e si rendeva obbligatorio il servizio militare per tutti i religiosi. In Abruzzo su un totale di 36 Conventi Cappuccini, ben 26 vennero chiusi

Ex Casale Colucci (foresteria dei Cappuccini)

Anche il Convento di Scurcola, dopo il decreto del 1866, venne chiuso e abbandonato. Come per altre strutture del genere, veniva lasciato alla cura di un frate "custode". Nel 1928, Vitantonio Liberati (designato alla carica di Podestà di Scurcola, ruolo che rivestì dal 1926 al 1937), decise di far demolire il fabbricato del Convento dei Cappuccini che, a seguito del terremoto del 1915, aveva subito pesantissimi danni. Il Convento era dotato anche di una preziosa biblioteca costituita da ben 489 antichi volumi di cui, tanto per cambiare, si sono perse le tracce. Del Convento e della Chiesa di Santa Maria del Colle, oggi, non rimane nulla. L'edificio che molti chiamano ancora "Casale Colucci", posto accanto a quello che era il vecchio Convento, può essere considerato una pertinenza: la foresteria dei Cappuccini ossia il luogo dove alloggiare e dare riparo ai "forestieri". Nonostante l'area dei Cappuccini sia ormai quasi inaccessibile, poiché invasa da sterpaglie, arbusti e alberi di ogni genere, penso potrebbe divenire, se ripulita e rimessa in sesto, un luogo da riscoprire e valorizzare per restituire dignità a una parte della storia di Scurcola e recuperare un'area sacra di grande rilevanza. 



Note:
[1] Nicola Petrone, "Francescanesimo in Abruzzo: dalle origini ai nostri giorni", Tagliacozzo, Biblioteca Tommasiana, 2000. 
[2] M.R.P. Filippo Di Tussio, "I frati cappuccini della provincia monastica degli Abruzzi. Memorie cronologiche-biografiche", S. Agnello di Sorrento, Tip. all'insegna di San Francesco, 1880. 
[3] I Cappuccini, "Fonti documentarie e normative del primo secolo", vol. 1, E. F. I., Perugia 1990, pag. 254.

sabato 12 dicembre 2020

Strada dei Parchi dedica uno speciale a Scurcola Marsicana

Qualche giorno fa, tramite Instagram, ho ricevuto un messaggio da parte di Strada dei Parchi che, per chi non lo sapesse, è l'azienda che ha in concessione la costruzione e l'esercizio delle autostrade A24 e A25 e i servizi a loro connessi. Il messaggio conteneva la richiesta di poter utilizzare alcune delle mie foto di Scurcola, presenti su Instagram, per la redazione di un post che Strada dei Parchi voleva dedicare al nostro paese.

Il post su Scurcola Marsicana è stato pubblicato poco fa sulla pagina ufficiale Facebook di Strada dei Parchi e per me è stato un piacere fornire alcune delle foto utilizzate per realizzarlo. Come era accaduto in precedenza con Visit Abruzzo, anche Strada dei Parchi "sfrutta" le potenzialità del web e delle piattaforme di condivisione di contenuti per rintracciare materiali utili alla creazione di pagine che diano visibilità a luoghi di interesse.

Forse dovremmo imparare a "sfruttare" anche noi, nella maniera più intelligente, costruttiva e produttiva, le potenzialità comunicative che Internet riesce a generare. Basta un po' di impegno, di costanza e di qualità.



venerdì 11 dicembre 2020

La marrocca roscia


Tra le antiche e più diffuse tradizioni scurcolane andate perse c'è anche quella legata allo "scartosciare". Un momento significativo nella vita contadina di un tempo, un'occasione per riunirsi e vivere ore di socialità e di solidarietà assieme ai vicini e ai familiari. Personalmente non ho mai assistito a questa sorta di rituale contadino: sono nata troppo tardi. Però ho raccolto le memorie di mio padre, Enzo Tortora, e di una scurcolana a cui ho imparato a voler bene, Gianna Falcone. Cresciuti entrambi nella stessa piazzetta, Largo Duca degli Abruzzi (quella in cui si trovava il Cinema Arena Vittoria), mio padre e Gianna, assieme ad altri parenti e amici, hanno vissuto il tempo in cui, a fine estate, le pannocchie di mais (le "marrocche") arrivavano a maturazione e dovevano essere "scartosciate" e poi sgranate.

Lo "scartosciare" non è altro che l'operazione con la quale le "marrocche" venivano liberate dalle foglie esterne. Dopo il raccolto, come mi hanno raccontato papà e Gianna, le "marrocche" venivano sistemate all'interno di grandi sacchi. Al momento opportuno, i sacchi venivano composti a formare una sorta di cerchio e ci si riuniva per iniziare a "scartosciare". Ogni famiglia aiutava l'altra, senza alcun problema. C'era aiuto reciproco e partecipazione in un rapporto di vicendevole sostegno, qualcosa che, forse, oggi, è difficile rintracciare, anche in un paese piccolo come Scurcola. 


All'interno del cerchio formato dai sacchi pieni di pannocchie di granoturco, venivano posizionate delle ceste nelle quali, poco alla volta, si depositavano le "marrocche scartosciate". Le persone si appoggiavano ai sacchi, prendevano una "marrocca", la liberavano dalle foglie, che si buttavano semplicemente alle spalle, e una volta ripulita la pannocchia, la mettevano nelle ceste centrali. Ed è in questa fase che capitava di trovare la "marrocca roscia". Una piccola eccezione, una "marrocca" diversa dalle altre per via del colore rosso dei suoi grani. Il giovane (e valeva solo per i giovani) che avesse trovato la "marrocca roscia" aveva il diritto di dare un bacio (sulla guancia, ben inteso) alla ragazza che riteneva più carina della cerchia

L'idea di poter dare un bacetto a una ragazza, ovviamente, spingeva i giovanotti del circondario a lavorare più alacremente. D'altro canto nessun genitore, nonostante le regole del tempo, si sarebbe sognato di rimproverare il detentore della "marrocca roscia" per aver schioccato un bacio sul viso della propria figlia. Era un semplice gioco, motivo di qualche risata, di qualche allegra presa in giro. Niente di più. "Scartosciare" le pannocchie di mais richiedeva qualche ora, il tempo di una serata da trascorrere raccontando, bevendo un po' di vino e cantando qualche motivo popolare. La "marrocca roscia" è solo il simbolo di un rito sociale che ormai non esiste più. Ricordarlo e riportarlo alla luce della memoria, per me che, come tanti, non l'ho mai vissuto, è stato un piccolo e piacevole salto nel tempo. 

***

Ringrazio Gianna Falcone che, seppur solo telefonicamente, ha avuto la cortesia di raccontarmi nel dettaglio la storia della "marrocca roscia". E ringrazio mio padre per aver risposto ancora una volta alle mie curiosità sulla vita scurcolana di un tempo.

martedì 8 dicembre 2020

Gli orfani di Scurcola e Cappelle dopo il terremoto del 1915


La foto che apre questo post è dedicata a Cappelle perché Cappelle è stato uno dei paesi che, durante il terribile terremoto del 13 gennaio 1915, venne danneggiato in maniera più massiccia e devastante. Da quel momento Cappelle, a differenza di Scurcola che, tutto sommato, riuscì a mantenere pressoché intatto il suo abitato, venne totalmente ricostruito visto che nulla, o quasi nulla, si era salvato

Frontespizio della Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 1915

In questo post, però, non voglio dedicarmi ai danni materiali che la forte scossa del 1915 causò a Scurcola e Cappelle, ma alle conseguenze umane che quel tragico evento causò alle famiglie del tempo. Ho rintracciato una copia digitale della Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, datata 20 agosto 1915, numero 207. Al suo interno, tra i vari provvedimenti pubblicati, ho individuato un prezioso e, al tempo stesso, desolante "Elenco alfabetico dei minorenni orfani, abbandonati o presunti tali, con la indicazione del cognome, nome, età, paternità e maternità, del luogo di provenienza e di ricovero, alla data del 28 giugno 1915". 

Regina Elena

Si tratta di un elenco stilato dall'Opera nazionale di patronato "Regina Elena" per gli orfani del terremoto sotto l'alta presidenza di S. M. la Regina. Stiamo parlando di un ente morale istituito dopo il terribile terremoto di Messina del 28 dicembre 1908. Anche in quella circostanza, l'Opera nazionale di patronato "Regina Elena" si occupò di cercare e identificare i minori rimasti orfani o abbandonati dopo l'immane tragedia del sisma che colpì duramente la Sicilia e la Calabria. La Regina Elena (nata Jelena Petrović-Njegoš) era principessa del Montenegro. Il 24 ottobre 1896 aveva sposato Re Vittorio Emanuele III di Savoia, quindi fu Regina consorte d'Italia fino al 9 maggio 1946, giorno dell'abdicazione al trono del marito. Per le sue opere di carità la Chiesa cattolica le ha attribuito il titolo di Serva di Dio ed è in atto il processo per la sua canonizzazione.


Di seguito l'elenco dei bambini di Scurcola e Cappelle individuati dopo il terremoto del 1915. Ho estrapolato i loro nomi dal lungo elenco pubblicato nella Gazzetta sopra menzionata, mantenendo il numero progressivo originale. I nomi dei bambini rimasti soli sono in ordine alfabetico, a seguire viene indicata l'età, i nomi dei genitori e il luogo a cui furono destinati. La dicitura "id" sta per "ibidem" vale a dire "come sopra". Si tratta di 55 bambini e ragazzini nati a Scurcola e Cappelle le cui famiglie furono smembrate a causa della tragedia. Ed è probabile che ce ne fossero anche altri che in questo elenco, stilato nel giugno 1915, non figurano.


28. Amicucci Domenico, di anni 4, di Nazzareno e di Tortora Paola, da Scurcola a Roma - Ospedale San Gallicano. 
51. Anzini Vittorina di anni 17, fu Raffaele e fu Silvestri Filomena, da Scurcola a Scurcola - Figlie della Madre. 
64. Antonelli Guido, di anni 7, fu Damasco e di Nicolina di Lorenzo, da Cappelle a Roma - Presso il sig. Santini Anco. 
65. Antonelli Lucia, di anni 7, di Onofrio e di ..., da Scurcola - Presso l'avv. De Simone Paolo. 
90. Baldassarre Giuseppe, di anni 10, fu Edoardo e fu Cardoni Maria, da Cappelle a Cappelle. 
109. Bartolucci Domenica, di anni 15, di Panfilo e fu De Simoni Angela, da Cappelle - Presso la sorella Adele. 
110. Bartolucci Giuseppe, di mesi 6, id. a Roma - Protettorato San Giuseppe. 
111. Bartolucci Maria, di anni 13, id. - Presso la sorella Adele. 
112. Bartolucci Nicola, di anni 11, Id. - Id. 
288. Cerroni Adalgisa, di anni 6, di Tito e di Petitta Concetta, da Scurcola a Roma - Istituto Santa Caterina. 
289. Cerroni Annunziata, di anni 16, di Giuseppe e Tortora Maria Candida, da Scurcola a Roma - Ospedale San Gallicano. 
292. Cetola Gradito, di anni 3, di Nicola e di Bartolucci Serafina, da Cappelle a Roma - Protettorato San Giuseppe. 
293. Cetola Maria Luisa, di anni 6, id. - Id. 
419. Colucci Gaetano, di anni 13, di Vittorio e di o fu Di Michele Angela da Scurcola a Roma - Ospedale San Gallicano. 
440. Corazza Oreste, di anni 3, di Domenico e ....., da Scurcola a Roma - Pio, a San Pancrazio. 
511. Damia Jolanda, di anni 3, di Attilio e Anatolia Silvestri, da Scurcola a Roma - Ospedale San Gallicano. 
535. D'Angelo Guido, di anni 9, di Nicola e fu Costantini Nicolina, da Cappelle a Roma - san Filippo, Via Alba. 
537. De Giorgio Ida, di anni....., fu Rodolfo e di Santoponte Giovannina, da Cappelle a Roma - Conservatorio Divina Provvidenza. 
677. De Simone Assunta, di anni 5, di Urbano e fu Zita Olinda, da Cappelle a Terracina - Orfanotrofio. 
709. Di Cesare Vittoria, di anni 6, fu Lorenzo e di Damia Adelaide, da Scurcola a Scurcola - Istituto Figlie della Divina Madre. 
716. Di Cola Jolanda, di anni 14, di Salvatore e fu Nuccitelli Filomena, da Roma a Scurcola - Istituto Figlie della Divina Madre. 
789. Di Massimo Francesco, di anni 8, fu Pietro e fu Rossi Vittoria, da Scurcola de' Marsi a Milano - Piccoli Derelitti. 
790. Di Massimo Giovannina, di anni 18, id. a Roma - Ospedale oftalminico. 
791. Di Massimo Giovanna, di anni 16, fu Attanasio e fu Rebecca da Scurcola a Milano - Istituto Pia Casa dei Poveri. 
853. Di Simone Maria, di anni 9, di Gervasio e fu Antonelli..... da Cappelle a Scurcola - Figlie della Divina Madre. 
1159. Lisci Angelo, di anni 10, di Paris e fu De Simone Oliviera da Cappelle a Roma - Protettorato San Giuseppe. 
1271. Marsicana Lucia, d'anni 8, di fu Antonio e Antonelli Demetria, da Cappelle a ..... - Presso lo zio. 
1272. Marsicana Vincenzo, d'anni 10, id. - Id. 
1273. Marsicano Luigi, d'anni 10, di fu Antonio e fu Demetria Antonelli, da Cappelle - Presso la zia. 
1344. Mezzoprete Agnese, di anni 15, di Ignazio e fu Garzia Vincenza, da Scurcola a Scurcola - Figlie della Divina Madre. 
1352. Mingarelli Carmine, di anni 14, fu Ferdinando e fu Balestra Chiara, da Scurcola a Roma - Collegio Pio X. 
1353. Mingarelli Santa, di anni 16, id., a Scurcola - Istituto Figlie della Divina Madre. 
1413. Nuccitelli Giuseppina, di anni 14, di Antonio e di Marconi Gemma, da Scurcola ad Anzio - Ospizio Marino. 
1414. Nuccitelli Vincenzo, di anni 17, di Florangelo e di Frezzini Maria, da Scurcola a Scurcola - Presso la sorella. 
1555. Pierbattista Iva, di anni 12, di o fu Alessio e di o fu Petitta Agata, da Scurcola a Roma - Sanatorio Umberto I. 
1560. Pietrantonio Agnese o Angela, di anni 10, fu Rodolfo e di Pietrantonio Maria, da Scurcola a Scurcola - Istituto Figlie della Divina Madre. 
1655. Rosa Domenico, di anni 7, fu Ernani e di Berenice....., da Scurcola a Roma - Ospedale Bambin Gesù. 
1656. Rosa Giovanni, di anni....., id., a Roma - Francescane. 
1657. Rosa Iris, di anni 8 e mezzo, id. - Id. 
1658. Rosa Pietro, di anni 3, id., a Roma - Ospedale Bambin Gesù. 
1676. Rossi Agostino, di anni 11, di Casimiro o di Nuccitelli Santarella, da Scurcola a Roma - Ospedale San Gallicano. 
1677. Rossi Francesco, di anni...., id - Id. 
1683. Rossi Giovanni, di anni 13, di Carmine e di Roberti Vittoria, da Scurcola a Roma - Parrocchia San Giuseppe. 
1684. Rossi Serafino, di anni 10; id. - Id. 
1686. Rossi Riccardo, di anni 2 e 1/2, fu Francesco e di Nuccitelli Vittoria, da Scurcola a Roma - Casa Divina Provvidenza. 
1723. Santini Santarella, di anni 12, di Carmine e di Santini Elisabetta, da Scurcola a Frascati - Istituto Principessa Mafalda. 
1790. Silvestri Filomena, di anni 9, fu Domenico e di Di Lorenzo Celeste, da Scurcola a Roma - Suore Consolatrici. 
1791. Silvestri Lucia, di anni 4, di Nazzareno e di Di Gasbarro Maria Giuseppa, da Scurcola a Roma - Ricovero Principe Umberto. 
1792. Silvestri Vittoria, di anni 4 - Id. 
1866. Tellone Antonio, di anni 7, di Nazzareno e..., da Scurcola Marsicana a Roma - Ospedale S. Gallicano. 
1907. Tortora Vittoria, di anni 7, di Giuseppe e Mastrocesare Maria Domenica, da Scurcola Marsicana a Roma - Ospedale San Gallicano. 
1908. Tortora Angela, di anni 4, id., a Roma - Suore Battistine. 
1920. Trombetta Alfredo, di anni 15, fu Pasquale e fu Silvestri Carmela, da Scurcola ad Avezzano - Casa e Famiglia. 
1921. Trombetta Romolo, di anni 18, id., id. - Id. 
1936. Uliano Savina, di anni 16, fu Luigi e fu Navarri Francesca, da Cappelle ad Avezzano - Casa e Famiglia.

venerdì 4 dicembre 2020

Mater Pietatis: la Madonnina dell'Arco Ansini


Uno dei luoghi che amo di più del borgo di Scurcola Marsicana è l'Arco Ansini. Mi soffermo spesso, e anche volentieri, ad ammirare lo spettacolare panorama che si può vedere dall'arco, guardando verso i Piani Palentini. E penso che una delle scalinate più suggestive e intatte del nostro paese sia proprio quella di Via Cavalier Ansini. Ogni volta che attraverso l'arco, mi soffermo al cospetto della Madonnina raffigurata sulla parete interna, proprio di fronte all'ingresso di quello che fu l'Asilo Ansini gestito per tanti anni dalle Maestre Pie Filippini. 

Panorama dall'Arco Ansini - Scalinata di via Cavalier Ansini

Non so chi abbia dipinto la Mater Pietatis né quando lo abbia fatto. È un affresco che, da quel che chiunque può vedere, avrebbe bisogno di maggiore cura e di un po' di attenzione. Il volto della Madonna, forse per via di un tentativo poco riuscito di recupero, è diventato molto scuro, praticamente quasi "nero". Nulla di strano: esistono moltissimi esempi di Madonne nere in tutto il mondo, ma credo che la Mater Pietatis che si trova sotto l'Arco Ansini di Scurcola, alle origini, avesse un altro aspetto, oggi difficile da decifrare. 

Madonna sotto l'Arco Ansini

La figura della Mater Pietatis (Madre di Misericordia) è spesso venerata in luoghi legati alla Compagnia di Gesù (Gesuiti). Nella tradizione cattolica, la Mater Pietatis è legata al concetto che la Madonna sia modello di pietà per la sua risposta e corrispondenza alla Grazia del Signore. Associare l'immagine della Madre di Gesù al dono della misericordia è una riflessione teologica molto antica. Infatti una delle preghiere più importanti del cattolicesimo, la cui nascita viene attribuita al vescovo Ademaro de Le Puv, vissuto intorno all'anno mille, recita "Salve Regina, madre di misericordia". Ma sono innumerevoli, storicamente parlando, i casi in cui alla Madonna viene attribuito il titolo di Madre di Misericordia o Madre misericordiosa o Madre pietosa. 

Iscrizione "Mater Pietatis"

Il "modello" al quale l'artista che ha realizzato la Mater Pietatis dell'Arco Ansini si è ispirato potrebbe essere rintracciato, vagamente, in un dipinto settecentesco di scuola umbra che ho individuato facendo una semplice ricerca via Internet. Ciò che avvicina di più la nostra Madonnina a quella umbra è la posizione delle mani, incrociate elegantemente sul petto, e la fattura delle vesti, comprese la forma e la collocazione del velo che le copre il capo. Ovviamente non so con esattezza come sia stata dipinta la Mater Pietatis di Scurcola, ma provo ad ipotizzare che il pittore avesse in mente un'immagine simile a quella del dipinto che ho recuperato online

Mater Pietatis di scuola umbra

Come detto, la nostra Madonnina sotto l'Arco Ansini avrebbe bisogno di essere rimessa in sesto. I suoi colori, evidentemente, non sono più quelli originali. Tutto risulta senza luce e senza vita. Mi piacerebbe molto che le venisse restituita la bellezza che deve aver avuto un tempo e mi viene in mente che, forse, la bravissima Fiorella Di Pietro, esecutrice della splendida icona della Madonna con Bambino della Chiesa della SS. Trinità, potrebbe aiutare la Mater Pietatis di Scurcola a recuperare tutta la sua grazia.

martedì 1 dicembre 2020

Viva Fusco: due strane scritte lungo il Corso di Scurcola


Camminando lungo Corso Vittorio Emanuele III, l'antica strada lastricata ottocentesca di cui ho già scritto, al numero civico 31, ho notato una coppia di iscrizioni verniciate sugli stipiti di una porta collocata pochi metri prima di quella che era la bottega di Ludovico. L'iscrizione, ormai quasi sbiadita, è comunque ben leggibile e recita: "VIVA FUSCO". Ho provato a chiedere a diverse persone di Scurcola ma nessuno ha saputo spiegarmi chi fosse Fusco e perché si inneggiasse il suo nome. Fusco non è un soprannome scurcolano di cui sia rimasta memoria e nemmeno un cognome che abbia radici nel nostro paese. 

Facendo ricerche più approfondite, ho finalmente capito chi fosse Fusco e perché qualcuno, a Scurcola, molto tempo fa, decise di scrivere quel "VIVA FUSCO" lungo il Corso. Fusco è il cognome di un avvocato nato il 14 settembre 1857 a Castellammare di Stabia, nel napoletano. Ludovico Fusco venne coinvolto nelle vicende politiche della Marsica. Ecco cosa si legge in un testo [1] di Guido Jetti: "Per la XVIII e XIX legislatura il collegio di Avezzano elesse Ludovico Fusco, un avvocato di Castellammare di Stabia, del partito agrario, con interessi nella Marsica, le cui tendenze conservatrici lo portarono ad appoggiare le combinazioni ministeriali crispine, favorevole all'aumento del prezzo dei cereali, del sale, delle spese militari". 

Le due legislature indicate da Jetti sono le seguenti: XVIII Legislatura del Regno d'Italia (dal 23 novembre 1892 all'8 maggio 1895); XIX Legislatura del Regno d'Italia (dal 10 giugno 1895 al 2 marso 1897). In realtà Ludovico Fusco venne eletto anche nelle legislature XXI, XXII e XXIII, ma per altri collegi. Tornando alle nostre scritte, si può farle risalire, con una certa sicurezza, al periodo in cui l'avvocato Ludovico Fusco venne eletto per il collegio di Avezzano, ossia negli anni che vanno dal 1892 (XVIII legislatura) al 1895 (XIX legislatura). È evidente che a Scurcola, così come forse in altri paesi della Marsica, c'erano persone che appoggiavano la candidatura di Fusco e pensarono di fissare il suo nome sulle pietre di sostegno di una porta

Scritte VIVA FUSCO sugli stipiti della porta

In merito alla presenza di Fusco nei nostri territori, ho rintracciato uno scritto dedicato alle vicende agrarie della Piana del Fucino [2] di Costantino Felice che fornisce qualche ulteriore dettaglio: "Una prima virata, dalla tradizionale impostazione preminentemente redditiera ad una logica più attenta alle ragioni dell'imprenditorialità, con propensione ad innesti di tipo industriale, si verifica dietro la spinta della grande recessione. Ne sono protagonisti l'amministratore Lorenzo Botti, che a metà anni Ottanta [dell'Ottocento, ndr] introduce forti elementi di razionalizzazione e dinamismo, e un altro personaggio, Ludovico Fusco, il quale sulla base di precedenti esperienze in Campania e nel Lazio giunge ad Avezzano con grandi progetti di bieticoltura e distillerie. I guadagni che i Torlonia traevano dal Fucino, in confronto al periodo anteriore alla crisi, stavano registrando un vero e proprio tracollo, giungendo a ridursi - secondo alcuni calcoli - di quasi due terzi". 

Sono passati più di 125/128 anni dalle elezioni del 1892 o 1895 e quel "VIVA FUSCO", a Scurcola, è ancora dove una mano lo ha tracciato, con una vernice nera, tanto tempo fa. Non so se qualcuno ne abbia già scritto altrove o se altre persone, a parte me, abbiano mai notato le due scritte gemelle. Sono però sicura che, dopo aver letto questo mio breve scritto, chi si trovasse a passare lungo Corso Vittorio Emanuele III, potrà fermarsi qualche istante davanti alla porta del civico 31 e notare il nome di Fusco, un avvocato del napoletano che, in effetti, non ha mai avuto grandi legami con Scurcola a parte il suo nome tracciato su due stipiti di pietra bianca. 


Note:

[1] JETTI Guido, "Cronache della Marsica (1799-1915)", Napoli, L. Regina, 1978.
[2] FELICE Costantino, "Azienda modello o latifondo? Il Fucino dal prosciugamento alla riforma" in "Italia contemporanea", dicembre 1992, n. 189. 

Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane no...