Il testamento di Antonio Rocco (o Rocchi) è un documento noto da tempo. È stato pubblicato integralmente, ormai parecchi anni fa, all'interno di "Scurcola Marsicana… ove senz'arme vinse il vecchio Alardo" di Tito Spinelli [1]. Di recente ho rinvenuto online un'altra copia dello stesso testamento nella raccolta degli "Atti del Reale Istituto Venero di Scienze, Lettere ed Arti", pubblicata a Venezia il 21 febbraio 1892. All'interno di questo antico e corposo volume vi è una sezione dedicata agli "Oppositori di Galileo" curata da Antonio Favaro (Padova 1847-1922) matematico e storico della scienza, curatore dell'edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei. Ovviamente il primo capitolo degli "Oppositori" è dedicato al nostro Antonio Rocco.
Favaro ricostruisce, con discreta meticolosità, la disputa filosofica tra Rocco e Galileo mettendo immediatamente in luce un dettaglio: "noi pensiamo che il Rocco debba la sopravvivenza del suo nome a quest'unica causa, dell'aver Galileo raccolte le di lui opposizioni". In sostanza, secondo Favaro, se Antonio Rocco non fosse entrato in polemica col Galilei, non sarebbe stato ricordato da nessuno. Sappiamo tutti che la Storia e la Scienza hanno dato ragione a Galileo e torto a Rocco, ma nel Seicento la discussione scientifica non era così chiara come appare oggi, a circa quattrocento anni di distanza. Il matematico e storico Favaro, dunque, dopo aver spiegato l'evoluzione della controversia, pubblica, in appendice, il testamento di Antonio Rocco.
Ritratto di Antonio Favaro |
Il testamento, come si evince dalla raccolta degli "Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti" è conservato presso l'Archivio di Stato di Venezia, Sezione Notarile, Notaio Claudio Paulini, B.a 798 dei Testamenti. Antonio Rocco stilò il suo testamento il 23 novembre 1650, "giorno di Mercordì, ad ore sette di notte". Il filosofo scurcolano morirà a Venezia nel marzo del 1652, quindi un anno e mezzo più tardi rispetto alla compilazione del suo testamento. Dall'atto si evince come Antonio Rocco, "figliuolo di Fabio Medico e Filosofo di gran nome", mantenga vivo un legame con la sua famiglia di origine, rimasta a Scurcola, verosimilmente presso l'abitazione in via delle Scuole n. 28, come ho già scritto in passato.
Tra le varie disposizioni, Rocco stabilisce che parte dei suoi danari (millequattrocento da lire 6, soldi 4 l'uno) vengano spediti a "Scurcola di Abruzzo mia patria […] in mano di Fabio Rocco mio nipote". Nello specifico: "Dei sopradetti mille quattrocento ducati ne siano mille di esso Fabio, communi però anco ai suoi figliuoli legittimi naturali. Dei quali darà al Dottor Francesco Rocco mio fratello e suo padre (se sarà vivo) un ducato". Le decisioni di Antonio Rocco in merito alla spartizione della propria eredità sono piuttosto rigide e da esse si rileva chiaramente che tra i due fratelli Antonio e Francesco di certo non correva buon sangue. Ad attestarlo il fatto che Antonio, in previsione della sua dipartita, voglia lasciare una cospicua somma di denaro al nipote Fabio e ai suoi discendenti, ma un solo ducato a suo fratello Francesco.
Frontespizio "Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti" |
Dal testamento si ricava che Francesco fosse sposato con una certa Camilla Marcotij e che, oltre a Fabio, i due avessero altre due figlie, delle quali non viene esplicitato il nome, alle quali il cappuccino filosofo lascia cento ducati ognuna. L'astio di Antonio Rocco nei riguardi di suo fratello Francesco si rileva, in modo particolare, da questo passaggio testamentario: "Riconoscano essi miei nipoti questi segni di benevolenza non da alcuni loro meriti, o mie obbligationi, ma da un atto di mera carità, e sappiano che il resto che già gli era stato destinato gli l'ha tolto suo padre". I nipoti, dunque, possono ricevere in eredità somme di denaro per spirito di pura carità da parte dello zio il quale, con una stoccata micidiale, all'interno del proprio testamento, spiega che il "resto", quindi un'altra parte dell'eredità che i nipoti avrebbero potuto ricevere, era stata sottratta loro dal padre Francesco.
Sarebbe interessante sapere cosa avesse fatto di così grave Francesco, anche se viene facile immaginare (e pura immaginazione è la mia) che il fratello rimasto a Scurcola, sposato e con tre figli, sia riuscito ad amministrare e prendere possesso di beni e proprietà che, forse, Antonio reputava anche suoi. Il problema è che Antonio Rocco è rimasto lontano dal suo paese praticamente per tutta la vita: ha studiato inizialmente presso l'Università di Perugia, poi a Padova e, infine, si è trasferito a Venezia. Non è dato sapere quante volte sia tornato a Scurcola ma, considerati i tempi, si può presumere pochissime. In ogni caso, anche grazie alle sue volontà testamentarie, si capisce che il filosofo non abbia dimenticato Scurcola. Infatti, in un passaggio successivo, egli destina cento ducati ai Padri Cappuccini della Scurcola dove, con buone probabilità, aveva studiato nel corso della sua infanzia.
Note:
[1] Tito Spinelli, "Scurcola Marsicana… ove senz'arme vinse il vecchio Alardo", Pro-Loco di Scurcola Marsicana, 1993.
[2] "Atti del Reale Istituto Venero di Scienze, Lettere ed Arti", Tomo L, Serie Settima, Tomo Terzo, Dispensa Prima e Seconda, Tip. di G. Antonelli, Venezia, 1892.
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