venerdì 10 giugno 2022

Il corrispondente de "La Tribuna" che arrivò a Scurcola subito dopo il terremoto del 1915


Si intitola "Una notte tra le tombe della città scomparsa. Il disastro d'Avezzano descritto dal nostro inviato". Si tratta del reportage del giornalista Tullio Giordana, pubblicato sul quotidiano "La Tribuna" il 15 gennaio 1915. Giordana venne inviato ad Avezzano poco dopo la terribile scossa che devastò l'intero territorio marsicano. Prese il treno da Roma e, nel suo lungo e dettagliato articolo, racconta quel che vide e ascoltò nel corso del viaggio verso le aree devastate dal sisma. Tra le diverse località attraversate, Giordana ebbe modo di soffermarsi anche a Scurcola e ci ha trasmesso una breve ma significativa descrizione di quel che vide e di quel che seppe:

La stazione di Scurcola non c'è più: ma il capostazione che non ha lasciato il servizio mi spiega come fu gettato dal terremoto fra i binari, e, come ha potuto, contuso ma vivo, salvare tutti i suoi illesi sotto un soffitto che aveva miracolosamente - è l'avverbio che ripetono gli scampati - fatto capanna. Di fianco alle rovine informi della stazione è acceso un fuoco, e una baracca si inizia già. Qualche decina di persone vuol salire a tutti i costi sul treno per raggiungere Sulmona o da Avezzano discendere a Roma: si racconta che nel caffè di Stefano Garzia vi sono stati tre morti e parecchi feriti tra cui un negoziante romano venuto a comprar mele. È morta la moglie di un certo Nocedelli, e sono morti i suoi bimbi. Nella casa di Andrea De Angelis sono sepolti il figlio e la moglie. È scomparso Francesco Corazza. Cappelle e Magliano sono distrutte: il dottor Di Giacomo medico condotto del luogo, ha curato tutti ed è poi andato a Cappelle perché il suo collega di lì aveva una spalla spezzata. Si raccolgono i feriti: la vettura di soccorso entra in funzione. Più alto del ritmo del treno, disuguale perché la linea è malandata, si sente a tratti uno strillo lacerante.

Tullio Giordana ci ha lasciato un brevissimo racconto, sommario ma estremamente vero e drammatico, di ciò che riuscì a raccogliere in merito ad alcune vittime e ai pesanti danni che il terremoto aveva causato a Scurcola. Lo sgomento e l'angoscia di chi è sopravvissuto, come il capostazione di Scurcola del tempo, sono reali e tangibili. Il nome di Stefano Garzia è ben noto agli scurcolani grazie ai suoi discendenti che hanno portato e portano il suo stesso nome. Nel 1915, dunque, Stefano gestiva un caffè che, evidentemente, crollò causando la morte e il ferimento di diverse persone.

Si fa riferimento a "un certo Nocedelli" ma ritengo di poter affermare, con discreta sicurezza, che "Nocedelli" sia l'errata trascrizione del cognome scurcolano "Nuccetelli": costui perse la moglie e i figli. Lutto grave anche per l'Andrea De Angelis citato. Il dottor Di Giacomo è Oreste Di Giacomo che per diversi decenni fu medico condotto di Scurcola. Evidentemente il terremoto lo aveva lasciato incolume ed ebbe modo di soccorrere e curare chi, invece, venne ferito dai crolli. Il collega di Di Giacomo con la spalla spezzata era il dott. Andrea Di Pietro che, in quegli anni, per l'appunto, operava a Cappelle. Apparentemente quelli descritti da Tullio Giordana potrebbero apparire come dettagli minimi, quasi insignificanti, invece ci permettono oggi di percepire limpidamente quale potesse essere il clima di smarrimento, di desolazione e di sofferenza che i nostri concittadini scurcolani vissero in quello spaventoso momento della nostra storia.



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