lunedì 25 ottobre 2021

Padre Riccardo Rossi, missionario scurcolano in Kenya


Padre Riccardo Rossi è uno scurcolano speciale che ha scelto una vita speciale: essere missionario cristiano in Africa. Padre Riccardo riposa ormai da molti anni (è scomparso il 7 dicembre del 2000) nel cimitero di Scurcola, il suo paese natale, e a Scurcola, nel corso della sua vita, è tornato regolarmente. Padre Riccardo, che personalmente credo di aver visto solo una volta o due, ha trascorso circa 60 anni della sua vita in Kenya. Era nato a Scurcola l'8 novembre del 1912, ultimo di dieci fratelli, figlio di Francesco e di Vittoria Nuccetelli. Frequentò le elementari a Scurcola, allievo del maestro Antonio Durante, e scelse di entrare nel Seminario di Avezzano ancora ragazzino.

Proseguì gli studi superiori presso il Seminario di Chieti e qui maturò la volontà di divenire missionario. Entrò nell'Istituto dei Missionari della Consolata, fondato a Torino dal Canonico Giuseppe Allamano ai primi del Novecento, il 20 ottobre del 1933. Seguì il suo noviziato a Uviglie, nel Monferrato, e fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1939, all'età di 26 anni e mezzo. Pochi mesi più tardi, nell'ottobre 1939, partì per il Kenya per raggiungere la sua prima missione, quella di Egogi in Meru. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale la vita di padre Riccardo, come quella di molti missionari, fu stravolta.

Padre Riccardo Rossi nel 1939

Qualche tempo fa mi sono rivolta, via e-mail, l'Archivio dell'Istituto dei Missionari della Consolata di Roma, e sono entrata in contatto con la dottoressa Carmen Sceppacerca, persona estremamente preparata e molto cortese, la quale mi ha inviato del materiale relativo alla vita missionaria di padre Riccardo. Tra i vari documenti che ho potuto leggere, ci sono un paio di toccanti lettere che padre Riccardo scrisse ai suoi superiori il 7 settembre del 1941 e il 22 gennaio del 1942 dal campo di internamento di Koffiefontein, in Sud Africa, dove rimase rinchiuso per più di quattro anni insieme ad altri 2000 prigionieri di guerra italiani. In un passaggio della missiva del 1942, padre Riccardo scrive: "Noi qui si sta come si può. In questi tempi abbiamo un caldo di inferno [nell'emisfero australe le stagioni sono invertite, ndr]. Arriva fino a 40°-41°. Delle nostre Missioni Meruine sappiamo poco. Però in genere cerchiamo d'andare avanti. Da Torino poco o nulla sappiamo".

Gruppo di Missionari della Misericordia nel campo di Koffiefontein
(padre Riccardo segnato col cerchio rosso)
Fonte: I Campi di Prigionia in Kenya

Il 28 agosto 1944 padre Riccardo, insieme ad altri prigionieri, viene rilasciato. Da lì a poco riesce a tornare in Kenya, nella missione di Gaiciangiro, presso il gruppo etnico dei Kikuyu, tra persone che, nei decenni, ha aiutato a crescere, sia spiritualmente che culturalmente. Un missionario attento, attivo e molto vicino al popolo africano. Riccardo non si è dedicato solo all'opera evangelica, ma ha cercato di migliorare costantemente la vita e il lavoro agricolo in quella piccola zona del Kenya. A lui si deve anche la fondazione di scuole e la diffusione dell'istruzione tra i più giovani.

In una lettera, datata 27 agosto 1946 padre Riccardo scrive: "Oggi stesso ho ricevuto l'annunzio della morte di mia mamma. Preghi per me e per essa". Probabilmente Vittoria Nuccetelli era deceduta tempo addietro, ma Riccardo seppe della morte della madre solo in quel momento e ne scrive ai superiori, in Italia. In un'altra missiva dell'ottobre 1946, invece, si legge: "si lavora tanto. Il lavoro si è moltiplicato grandemente e le braccia sono poche [...] Qui a Gaiciangiro siamo solo in due con fratello Vincenzo Quaglia. Ma c'è lavoro per cinque padri e due fratelli e sette suore [...] Mancano i soldi, manca il personale, manca l'appoggio. Per fortuna non manca il Signore".

Targa sulla vecchia scuola di Scurcola

A Scurcola la memoria di padre Riccardo Rossi è ancora viva perché sono ancora tante le persone che lo ricordano. A lui, alcuni anni fa, è stata intitolata la vecchia scuola del paese. Molti scurcolani lo descrivono come un uomo un po' schivo e discreto, abituato a parlare pochissimo di sé, dei suoi moti interiori, delle sue riflessioni più intime. Nonostante ciò, come ricorda padre Giuseppe Mina in una sua testimonianza sull'amico, "gli africani lo chiamano «il Muto», perché parlava sempre!". 

La tomba di padre Riccardo Rossi nel cimitero di Scurcola

Ed è sempre padre Giuseppe a ricordare gli ultimi periodi di vita del missionario scurcolano: "Era giunto alla nostra casa il 10 ottobre 1999. Reduce forzato del Kenya, per le gambe che si erano indebolite. Difatti non tardò di essere un dipendente della carrozzella […] Nella Casa Beato Allamano [di Alpignano, in provincia di Torino ndr], padre Riccardo rimase poco più di due anni, ma, come già ho detto penso che gli sia costato assai, quell'essere legato ad una carrozzella. Da quel seggio, poteva venire con la comunità alla Messa festiva, scendere per i pasti, poteva partecipare alle adunanze e alle conferenze, vedere la TV, leggere e pregare, questo si è tanto, ma mi sembrò sempre un leoncino imbrigliato. Ma al buon Dio era piaciuto così. E gli sembrò bastare, tanto che gli procurò una morte istantanea, che lo fece incontrare con il Signore Gesù, alla vigilia dell'Immacolata, di cui era un devoto ardente".

***

Ringrazio l'Archivio dell'Istituto dei Missionari della Consolata di Roma e, soprattutto, ringrazio la dottoressa Carmen Sceppacerca che ha condotto una ricerca documentale senza la quale non avrei potuto scrivere questo post.



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2 commenti:

  1. Ho avuto la fortuna di ricevere da lui la mia prima comunione, un uomo schivo ma di grande spessore morale e spirituale. Ho un bellissimo ricordo di lui.

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    Risposte
    1. Buongiorno Anna.
      Non sapevo di questo episodio. Ci sono molti scurcolani che conservano di padre Riccardo buoni ricordi. Uno è il tuo.
      Grazie per averlo condiviso qui.

      Elimina

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