martedì 17 novembre 2020

Lapide "Venusta". Reperto d'epoca romana ritrovato ai Cappuccini


Nel territorio di Scurcola, in passato, sono stati rinvenuti diversi reperti di epoca romana. Solo qualche tempo fa, ad esempio, ho descritto il Cippo con gladio posizionato infelicemente in un angolo della nostra piazza. Un altro esempio di connessione del nostro territorio con la storia più antica è rappresentato da una lapide che possiamo denominare "Venusta" per via del nome che vi si trova inciso. La pietra di cui parlo appartiene ad Aulo Colucci che l'ha rinvenuta, in maniera piuttosto casuale, all'interno di quella che era la stalla del Casale che si trova sul Colle dei Cappuccini, edificio che veniva utilizzato, nei secoli passati, come foresteria del Convento dei Cappuccini, sorto su quell'altura nel corso del XVI secolo

Lo stesso Aulo mi ha raccontato di aver visto per molti anni, in un angolo della stalla, una serie di pietre abbandonate in un angolo. Un giorno, ha notato che una delle pietre aveva una colorazione diversa rispetto alle altre. L'ha discostata e l'ha rovesciata notando, con grande sorpresa, che su uno dei lati del blocco vi era un'iscrizione latina. Nell'immediato si è recato da Enzo Colucci che, più di tutti a Scurcola, si occupa di archeologia e di storia antica. Enzo ha preso visione del reperto e l'ha fotografato, inviando una e-mail al professor Cesare Letta, docente ordinario di Storia romana all'Università di Pisa. Era l'anno 2002

Grazie a Enzo e ad Aulo, ho avuto modo di leggere le analisi che il professor Letta ha condotto dopo aver visto la pietra ritrovata per caso ai Cappuccini ma di cui, in verità, non potremo mai sapere l'esatta provenienza. Forse Alba Fucens, forse lo stesso territorio di Scurcola. Prima di tutto Letta evidenzia che siamo al cospetto di un'iscrizione sepolcrale. Queste le sue osservazioni: "Alla prima delle linee conservate si legge l'indicazione di una somma di danaro (IIS CD, cioè mille sesterzi), probabilmente il costo della tomba, e l'inizio della forma arbitratu + nome al genitivo, che indica l'esecutore testamentario incaricato di soprintendere alla costruzione della tomba"

In tal caso, continua lo studioso, potrebbe trattarsi della moglie del defunto, "di cui nella parte perduta della prima linea doveva figurare il nome di famiglia (gentilizio), mentre nella seconda linea resta il nome personale (cognomen) e l'indicazione del legame coniugale col defunto: Venustae con[iugis]. All'ultima linea, centrata, c'è la formula de suo, cioè 'a proprie spese'". Dunque, la trascrizione potrebbe essere la seguente

---------------------------------- 

IIS CID arbitra(tu----) 

Venustae con(iugis) 

de suo. 

"Nella parte perduta" scrive Letta "il nome del defunto figurava al nominativo, cioè non semplicemente come destinatario della tomba, ma come colui che aveva dato disposizioni e denaro perché la tomba venisse eretta secondo i suoi desideri: "[il tale dispose per testamento la costruzione di questa tomba per un costo complessivo] di mille sesterzi, a proprie spese, sotto la supervisione di sua moglie.... Venusta". 

Fin qui la preziosa spiegazione del professor Cesare Letta. In generale, comunque, reperti simili a quello che Aulo Colucci ha rinvenuto per puro caso, ce ne sono molti nei nostri territori. Una buona parte, come è facile immaginare, è andata perduta o distrutta per l'uso comune di edificare abitazioni, strade e altri manufatti riutilizzando materiali provenienti da località in cui vi erano fabbricati in rovina. Probabilmente molti edifici del nostro centro storico, comprese le nostre Chiese, all'interno delle loro fondamenta o tra le pietre delle loro mura, portano incastonati blocchi provenienti dall'Abbazia di Santa Maria della Vittoria la quale, a sua volta, era stata realizzata anche con materiali provenienti da Alba Fucens.

Un riciclo secolare di pietre, colonne, mattoni, pavimentazioni e lapidi sepolcrali che, per il solo motivo di essere già squadrati e pronti all'uso, venivano semplicemente prelevati e riutilizzati dove servivano, nel rispetto di in un uso antichissimo e per lo più poco attento al valore estetico e storico dei materiali. A noi, oggi, può capitare di scovare qualche frammento, come quello rappresentato dalla Lapide "Venusta", che simboleggia una particella di lontane esistenze di cui, purtroppo, possiamo recuperare, grazie agli studiosi, solo qualche sparuta ombra.

*** 

Ringrazio Aulo Colucci per aver messo a mia disposizione i documenti e l'immagine necessari alla redazione di questo post; ringrazio Enzo Colucci per aver risposto pazientemente alle mie domande e ringrazio anche il professor Cesare Letta che, al tempo, si è dedicato allo studio e alla trascrizione del testo della Lapide "Venusta".


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