Filugello. È questa la parola che, di tanto in tanto, mi è capitato di leggere negli antichi testi scritti da cronisti e viaggiatori che raccontavano com'era Scurcola. Ad esempio, in un testo che ho rintracciato online, intitolato "Ferrovia Roma-Sulmona: per Tivoli-Avezzano-Molina - Considerazioni dell'Ingegnere Alfonso Audinot", pubblicato nel 1878, in riferimento a Scurcola, si legge: "Al di là d'Avezzano si trova Scurcola, altro borgo il di cui territorio è ubertoso e con intelligenza pari all'utilità coltivato. Vi prosperano le viti, l'olivo, i gelsi e vi si fanno copiosi raccolti di cereali e di legumi. Vi sono ben tenuti i boschi che danno legname al commercio e alle industrie; i buoni pascoli offrono modo ad un copioso allevamento del bestiame, e la quantità dei gelsi a quello del filugello, che produce una qualità di seta tenuta in qualche pregio, e della quale vien fatto un commercio bastantemente considerevole per quei luoghi".
Bozzoli del baco da seta |
Il "filugello" altro non è che il baco da seta. Gustavo Strafforello in "La Patria. Geografia dell'Italia. Province di Aquila, Chieti, Teramo, Campobasso", testo del 1899, in riferimento a Scurcola, spiega: "Il fertile territorio produce cereali, olio, vino, frutta, legumi. Allevamento dei bachi da seta e grande produzione di anice". Anche Enrico Abbate in "Guida dell'Abruzzo", pubblicata nel 1903 scrive: "In Scurcola è attivissimo l'allevamento del flugello". Alle testimonianze di questi autori si può aggiungere anche il solito scritto dell'avvocato Ennio Giuseppe Colucci che, nei suoi "Ricordi di paesani", rammenta che: "Da tempo nel paese si era diffusa la coltivazione del baco da seta e Barnaba aveva nella sua vigna dei bellissimi filari di gelsi".
Insomma l'esistenza dell'allevamento di bachi da seta a Scurcola è attestata in maniera chiara e da più fonti diverse, soprattutto durante il XIX secolo. Un dettaglio che pochi conoscono e meno ancora possono ricordare. Di quella particolarissima attività, oggi del tutto scomparsa, rimangono, probabilmente, solo alcune piante di gelso sopravvissute a una massiccia opera di abbattimento. Diversi scurcolani, infatti, ricordano che lungo la Via di San Quirico, un tempo, era possibile trovare numerosi alberi di gelso che oggi, purtroppo, non esistono più.
Albero di gelso sopravvissuto - Via di S. Quirico |
Da ciò che ho potuto leggere e capire, sembra che a Scurcola non ci sia mai stata un'azienda serica vera e propria. Probabilmente i bachi venivano allevati e nutriti col prezioso gelso e poi, al momento opportuno, i bozzoli venivano venduti e quindi trasportati altrove (forse in cittadine sulla costa abruzzese o a Napoli) per essere lavorati così da ricavare il preziosissimo filo. Un commercio che deve aver dato sostentamento e guadagni anche di qualche rilevanza durante i secoli passati. Ed è un peccato che l'allevamento dei bachi da seta sia tra quelle antiche attività artigianali che a Scurcola, ma anche nel resto della Marsica, nessuno sia più in grado di portare avanti.
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