Potrei sottotitolare questo post in vari modi: “una foto, una storia” oppure “i mestieri di una volta” oppure “immagine di scurcolani con pollame” oppure, semplicemente, “come eravamo”. Ognuna di queste potenziali proposte potrebbe essere valida perché siamo al cospetto di una foto scattata intorno al 1950, perché racconta un mestiere che credo che oggi nessuno a Scurcola sappia più fare, perché tutte le persone immortalate sono scurcolane e perché, a quei tempi, eravamo esattamente così. La donna più anziana al centro della fotografia si chiamava Anatolia Falcone, sposata De Amicis e, come si intuisce, è lei che si occupava di castrare i galli tramutandoli in capponi. Un’operazione che Anatolia compiva in pochi minuti, tanto bastava a cambiare per sempre il destino dei giovani galli che si ritrovavano tramutati repentinamente in bestiole da mettere all'ingrasso.
La castrazione degli animali domestici è una pratica antichissima che a Scurcola, come in tutti i piccoli paesi, si praticava abitualmente. Una volta castrato, il gallo era destinato a ingrassare e a far divenire le sue carni più pregiate. Una pratica cruenta e dolorosa per il gallo, si capisce. Anatolia interveniva con il taglio repentino dei testicoli, della cresta e dei barbigli, che finivano cucinati da lì a poco. A fermare il sangue bastavano poche piume leggere perdute durante l’operazione da apporre sulle ferite e amen. Ovviamente, di tanto in tanto, c’era qualche neo-cappone che moriva, ma era un rischio calcolato.
Ecco, dunque, la storia dei galli che, tra le mani di Anatolia, diventavano capponi. Una foto, una storia, per l’appunto. Una foto e una storia che ho potuto scrivere grazie a Enzo Colucci che ha condiviso l'immagine e le sue memorie.
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