martedì 19 maggio 2020

Del perduto affresco di Sant'Agostino (1604)


Tra le tante opere d'arte che Scurcola ha irrimediabilmente perduto potrebbe esserci anche un affresco di Sant'Agostino che un tempo doveva trovarsi in una delle cappelle della Chiesa della SS. Trinità. La sua esistenza, purtroppo, oggi è legata solo a qualche indizio sopravvissuto ai rimaneggiamenti subiti dall'edificio sacro più importante di Scurcola negli ultimi secoli. L'opera, di cui temo nessuno abbia conservato memoria né documenti, doveva essere su una parete della Cappella delle Anime Sante (un tempo dedicata al Nome di Gesù), la terza cappella sul lato destro, rispetto all'ingresso principale. Adesso, al posto dell'affresco che doveva raffigurare Sant'Agostino, c'è una nicchia ricavata nel muro all'interno della quale è conservata la statua di San Michele Arcangelo

Nicchia con S. Michele Arcangelo

L'ipotesi che sto avanzando, legata all'idea secondo cui in quello spazio, un tempo, doveva esserci un affresco dedicato al Santo di Ippona, deriva da un'iscrizione piuttosto eloquente, collocata proprio sotto l'attuale nicchia dell'Arcangelo, e ancora chiaramente leggibile: SANCTVS AVGVSTINVS. Poi, nella riga sottostante, purtroppo decifrabile solo parzialmente: EX DEVOTIONE (...) APVLE (...) CCHVS A.D. 1604. Seppure l'iscrizione sia rovinata e solo sommariamente leggibile, da essa si ricavano comunque un paio di dettagli fondamentali: l'opera fu realizzata "per devozione" nell'anno 1604. Si tratta dello stesso anno in cui Angelo Guerra di Anagni ha lavorato agli affreschi della vicina Cappella dell'Angelo Custode. Il "perduto affresco di Sant'Agostino" potrebbe essere opera dello stesso Angelo Guerra il quale, sempre nel 1604, ha firmato altri affreschi presenti nella nostra chiesa? Una suggestione affascinante ma rimane pur sempre un'ipotesi personale.

Le iscrizioni leggibili sotto la nicchia

Merita attenzione anche un'altra iscrizione tuttora presente sotto la nicchia, quella che recita "POSITVS IN MEDIO QUO ME VERTAM NESCIO". Anche in questo caso le parole richiamano direttamente Sant'Agostino. Si tratta, infatti, di una frase legata, per tradizione, a un brano contenuto nei "Soliloquia". La frase completa è: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere" ossia "Non so da quale parte voltarmi. Esito fra il sangue di Cristo ed il latte di sua madre". Secondo l'iconografia, questo brano accompagna generalmente una raffigurazione che vede Sant'Agostino che prega tra Gesù Cristo e la Madonna. Le rappresentazioni pittoriche legate a questa scena e a questa frase sono innumerevoli, tra le più suggestive c'è sicuramente quella di Peter Paul Rubens (1577-1640) intitolata "Agostino tra il sangue di Cristo e il latte della Vergine", opera realizzata attorno al 1615 e oggi conservata a Madrid. 

Opera di Rubens

È facile immaginare che l'affresco presente a Scurcola dovesse avere uno stile molto diverso rispetto a quello di Rubens, ma forse, grazie alla presenza dell'iscrizione "POSITVS IN MEDIO QUO ME VERTAM NESCIO", ancora visibile, non è così assurdo ipotizzare che l'opera della Cappella delle Anime Sante, oggi di pertinenza della Confraternita del SS. Suffragio, rappresentasse Sant'Agostino in preghiera tra Gesù Cristo e Maria Vergine. Purtroppo non sapremo mai cosa ci fosse davvero sul muro demolito per far posto alla nicchia. Evidentemente, con il trascorrere del tempo, con il susseguirsi delle persone e, purtroppo, anche per la negligenza di chi ha fatto danni, forse persino in buona fede, l'opera di cui ipotizzo l'esistenza è andata persa. Un peccato, anche perché nella tradizione religiosa attuale scurcolana la figura di Sant'Agostino, filosofo, vescovo, teologo oltre che Padre e Dottore della Chiesa Cattolica, vissuto tra il IV e V secolo e autore delle celebri "Confessioni", non è celebrata né ricordata in alcun modo mentre, forse, in passato potrebbe aver avuto un suo ruolo.

Nessun commento:

Posta un commento

Per evitare la pubblicazione indiscriminata di messaggi (anche spam), ogni commento è sottoposto a MODERAZIONE: verrà pubblicato solo dopo essere stato visionato dalla curatrice del blog

Il filosofo Antonio Rocco tra “Le Glorie degli Incogniti” (1647)

Siamo nella Venezia del Seicento, la città più cosmopolita della penisola. Giovanni Francesco Loredan ha solo 27 anni quando, da giovane no...