La foto che ho scelto per aprire questo post risale, presumibilmente, ai primi anni '40. Immortala il rientro in Chiesa della processione del Venerdì Santo a Scurcola Marsicana. Il dettaglio che colpisce è, senza dubbio, la grande quantità di persone che partecipano a un rito vecchio di secoli. Gli uomini con la veste della propria confraternita, il predicatore che rivolge la sua parola al popolo dei fedeli, il corpo di Gesù morto sormontato dal baldacchino, la Madonna Addolorata sulla sinistra e San Giovanni sulla destra. Tradizioni che si ripetono ogni anno, sempre uguali, sempre le stesse. È questa la forza rassicurante di un rito, il ripetersi identico di una cerimonia che tutti conoscono, a cui tutti partecipano, in cui tutti si sentono protagonisti necessari.
Il Venerdì Santo a Scurcola è questo. Oltre allo storico replicarsi dell'Ultima Cena di Cristo che si celebra nei Cenacoli. Uno per ognuna della quattro Confraternite. Un pasto che, alle origini, era destinato ai mendicanti, ai pellegrini, ai viandanti. Oggi è per lo più un momento in cui i confratelli si riuniscono, si riconoscono, si ritrovano e in cui condividono un momento di convivialità e fratellanza. Precetti precisi scandiscono la vita delle Confraternite nel corso della Settimana Santa, consuetudini che reiterano gesti, parole, cerimonie e preghiere tramandate di generazione in generazione. Il cibo dispensato è quello di una mensa povera, è cibo fatto di legumi, pesce, pane: simboli antichi della tradizione cristiana.
Stavolta, però, un virus che viene da lontano ha imposto il distanziamento, la chiusura, il silenzio. Nell'anno 2020, forse per la prima volta nella Storia, a Scurcola Marsicana, non ci sarà niente di ciò che la vecchia foto racconta. Le Confraternite sono ferme. Le cerimonie religiose sono annullate. La Pasqua arriverà senza essere arrivata davvero. Un fenomeno di gravi crisi sanitaria ha cancellato ogni evento. Vale per tutti in tutto il mondo. Per molti scurcolani, però, pesa un po' di più. Per chi ha sempre preso parte a ogni momento liturgico pasquale, la pandemia è un trauma ancora più profondo. Quest'anno è così, non c'è altro da fare. Si deve sopportare e accettare col sostegno della ragionevolezza.
Vale forse la pena pensare alla Pasqua nuova, quella del 2021. Perché sarà la Pasqua del ritorno, di una ritrovata umanità, di una forza diversa. Serve tempo e serve pazienza, ma arriverà. Ritroveremo gli uomini con le vesti bianche, rosse e nere, i loro antichi canti in latino, la lavanda dei piedi, la visita alle Sette Chiese di Scurcola, la zuppa di ceci e il baccalà coi broccoli. Ritroveremo facce che non vediamo da tempo e gli abbracci di amici che tornano per l'occasione. La festa per la Resurrezione di Cristo sarà più sentita, più viva e più luminosa di sempre perché ci accorgeremo che ci sarà mancata più di quanto avremmo immaginato. E tutti ricorderanno quando, nel 2020, un virus assassino ha tolto la possibilità di stare insieme e condividere ciò che vale la pena condividere sempre.
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A tutti i lettori auguro Buona Pasqua. Col cuore.
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