venerdì 30 aprile 2021

La Madonna scurcolana che decise di restare a Sorbo


La statua della Madonna del Rosario che si venera a Sorbo, in realtà, proviene da Scurcola. La storia della statua e del suo vecchio legame con Sorbo viene narrata da secoli anche dagli scurcolani ed è stata riportata, con una certa enfasi, in un opuscolo intitolato "Storia della Madonna del Rosario che si venera in Sorbo di Tagliacozzo (Aquila) - Monografia redatta in occasione del 2° centenario da Mons. Raffaele Salucci". Sono riuscita a scoprire e a leggere questo vecchio libretto grazie a Enzo Colucci che lo conserva tra i suoi documenti. In base a quanto è stato possibile ricostruire, la monografia dovrebbe essere stata scritta nel 1942 o nel 1943 anche se, al suo interno, non viene indicata alcuna data precisa.

Copertina della monografia di Mons. Salucci

A pagina 4 del testo redatto da Mons. Salucci si legge: "Quanto veniamo narrando non è parto di fantasia o di vena poetica, ma è una realtà storica e la desumiamo da un breve manoscritto steso dal medesimo Don Bonaventura Tuziy, che il 25 settembre 1723, aderendo al desiderio del Capitolo della Collegiata e anche del Vescovo del tempo, Mons. Giuseppe Baroni, veniva nominato Procuratore della Chiesa di S. Maria della Vittoria in Scurcola". In questo passaggio, purtroppo, si evidenzia qualche imprecisione poiché nel 1723 il Vescovo dei Marsi era Muzio De Vecchis, in carica dal 9 marzo 1719 fino al giorno della sua morte avvenuta il 24 agosto 1724. Giuseppe Baroni sarà eletto Vescovo solo il 5 marzo 1731 quindi il redattore del testo o ha sbagliato la data o ha sbagliato il nome del Vescovo.

Madonna della Vittoria (foto primi '900)
da Gabinetto Fotografico Nazionale

Procedendo con la lettura, si rileva che nel 1730 Don Bonaventura Tuzi fece scolpire la statua di una Madonna facilmente trasportabile in processione. Motivo? Secondo il sacerdote la statua della Madonna della Vittoria non si poteva condurre in processione "perché scolpita solo davanti" (la statua della Madonna della Vittoria, in effetti, posteriormente è cava e il trono le sarà donato solo nel 1867). Sempre secondo la "Storia della Madonna del Rosario" la statua che Tuzi fece scolpire è realizzata in legno di tiglio ed è formata da cinque parti: la testa, il busto, le braccia e le mani. "L'artista fu un giovane ventiduenne, nativo di Sora, certo Nicola Fortuna di G. Battista che la terminò in un mese e mezzo: fu la sua prima opera". Al termine dei lavori, però, la statua della Madonna non venne più accolta né in Chiesa, né in processione tanto che "Tuziy decise di tenersi in casa la statua per propria devozione".

Pietra di confine tra Scurcola e Sorbo sulla via Valeria

Secondo quanto si narra, don Bonaventura volendo appagare la devozione nei confronti della Madonna, "decise di far portare in Sorbo la venerata statua". Nel piccolo borgo, molto vicino a Scurcola, si stabilì di celebrare la festa del Rosario il 29 settembre 1742. Quattro giovani di Scurcola, quindi, portarono a spalla la statua voluta da don Bonaventura fino alla località di Sorbo denominata "la Croce" (al confine tra i due paesi). Lì trovarono don Michele De Magistris, parroco di Sorbo, e molte altre persone venute anche dai dintorni ad attendere la Madre di Dio. I festeggiamenti in onore della Madonna del Rosario, celebrati grazie al "prestito" della statua voluta da don Bonaventura, furono fastosi e imponenti e, alla fine della giornata della domenica, la Madonna tornò a Scurcola accolta nella casa del sacerdote.

Chiesa della Madonna delle Grazie di Sorbo

Nel settembre del 1743, il passaggio della statua da Scurcola a Sorbo venne compiuto nuovamente con il tripudio dovuto. Una volta giunta a Sorbo, la Madonna del Rosario venne festeggiata in maniera solenne poi, la domenica, dopo il tramonto, fu ricondotta lungo la strada per Scurcola, come era già avvenuto l'anno precedente. Ed è in questo momento che, come afferma Mons. Salucci riportando gli eventi narrati da don Bonaventura, avvenne il miracolo: la statua si fece pesantissima e nessuno dei giovani giunti da Scurcola per recuperarla fu in grado di sollevarla: "non solo fu ad essi impossibile a fare qualche passo ma non riuscirono nemmeno a sollevare da terra la macchina". La Madonna del Rosario, evidentemente, aveva deciso di rimanere a Sorbo, "sembrava che una calamita attirasse a terra la statua, la quale aveva la faccia ostinatamente rivolta verso Sorbo". Alla fine, don Bonaventura Tuzi decise di lasciare la sua statua lì dove voleva stare: nella Chiesa di Santa Marie delle Grazie di Sorbo, dove tuttora si trova.

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La foto che apre il post è tratta dal profilo Flickr di Giuseppe De Luca. Ringrazio Enzo Colucci per avermi permesso di conoscere e di leggere la Monografia dedicata alla Madonna del Rosario di Sorbo.

lunedì 26 aprile 2021

L'iscrizione, ormai illeggibile, sul portone di Palazzo Bontempi


Come ho già scritto precedentemente, di Palazzo Bontempi oggi non resta granché. Chiunque, percorrendo la "Salita del Santuario", non può fare a meno di notare il gigantesco vuoto lasciato dalla demolizione del signorile e imponente edificio che si trovava poco sotto la Rocca e la Chiesa della Madonna della Vittoria. Uno degli elementi sopravvissuti, seppur in pessimo stato, è il vecchio portone principale che, un tempo, si affacciava all'interno del cortile del palazzo. Sull'antica pergamena del 1736, realizzata da Giacomo Di Giacomo della terra di Bisegna "Regio Geometrico", l'ingresso di Palazzo Bontempi veniva indicato come "Portone per il quale si va all'entrone al quale hanno la comunicazione la cocina e altre stanze".

Portale del cortile di Palazzo Bontempi

Da questo ingresso, infatti, si poteva accedere al Palazzo e, proprio per questo, era indicato come la porta principale visto che, sullo stesso cortile, si affacciava un'altra porta che, sempre secondo il prospetto settecentesco di Giacomo Di Giacomo, conduceva "nell'ante cammera del studio" e un ingresso ulteriore che portava alla piccola chiesa di famiglia di Santo Stefano. Ebbene, sull'architrave dell'ingresso principale di Palazzo Bontempi, anche se oggi è quasi del tutto illeggibile, scolorita dal tempo e dall'abbandono, era presente un'iscrizione.

Com'era l'iscrizione sul portone di Palazzo Bontempi

Bisogna fare un po' di attenzione ma, guardando bene, qualche lettera è distinguibile. L'iscrizione che si trovava all'ingresso di Palazzo Bontempi era la seguente: B. TEMP. CUM M. NON C.. Si tratta di una sorta di motto, facilmente riferibile alla famiglia Bontempi. Secondo lo studioso Michele Ragusa [1] l'epigrafe B. TEMP. CUM M. NON C. può essere "tradotto" con BONUS TEMPUS CUM MALO NON CONCORDET, una frase in latino con la quale si sottolinea, ancora una volta, il significato del cognome Bontempi, facilmente avvicinabile al concetto del "buon tempo" che, in base a questa iscrizione, non va d'accordo con il mal tempo. Immagino che, qui come altrove, il "buon tempo" non è da intendersi solo in senso atmosferico ma, in maniera più ampia, è riferibile a un periodo buono, quindi favorevole e propizio.


Note:
[1] Michele Ragusa, "Brevi cenni storici sulla Marsica", Bologna, 1924.

martedì 20 aprile 2021

Ninfa Maria Lurini, la levatrice con la Vespa


Qualche tempo fa ho dedicato un post alla levatrice Francesca Carusotti che, per più di quarant'anni, ha prestato la sua opera e la sua professionalità a favore delle partorienti di Scurcola. Parliamo di tempi in cui i bambini nascevano solo ed esclusivamente in casa. Nella circostanza avevo fatto rilevare che quando Francesca andò in pensione, il Comune di Scurcola Marsicana scelse una nuova levatrice: Ninfa Maria Laurini. Diverse persone di Scurcola ancora oggi ricordano Ninfa sia perché era una brava levatrice, sia perché era sempre gentile e disponibile, sia perché era una bellissima ragazza, sia perché (dettaglio molto interessante) si muoveva utilizzando una Vespa. Sono riuscita a contattare l'avvocato Mauro Ciofani, figlio di Ninfa Maria Laurini, il quale, con grande disponibilità, ha condiviso con me diversi dettagli della vita di sua madre.

Modello della Vespa usata da Ninfa

Ninfa Maria Laurini è nata a Sante Marie il 1° febbraio del 1929, figlia di Giovanni Laurini (di Poggetello di Tagliacozzo) e di Concetta Rossi (di Sante Marie). Giovanni lavorava per le Ferrovie dello Stato ed era, nello specifico, un "guardalinee" ossia l'addetto incaricato di controllare, soprattutto di notte, uno specifico tratto di linea ferroviaria, passando a piedi lungo i binari, per segnalare eventuali guasti o danneggiamenti. Il mestiere di Giovanni ha condotto la sua famiglia a spostarsi varie volte nel corso del tempo. Per un breve periodo, come mi ha spiegato l'avvocato Ciofani, vissero a Trieste per poi tornare definitivamente nella Marsica.

Ritratto di Ninfa Maria Laurini

Giovanni e Concetta hanno avuto quattro figli: Annita (nata nel 1924), Davide (nato nel 1925), Ninfa Maria (nata nel 1929) e Ascenza (nata nel 1936). Per parecchi anni la famiglia Laurini ha abitato presso l'edificio dei ferrovieri che si trova nei pressi della Stazione ferroviaria di Cappelle. Presumibilmente è da lì che Ninfa partiva per recarsi a Roma a studiare per diventare levatrice o, come diciamo oggi, ostetrica. Di sicuro sappiamo che si diplomò presso l'Università di Roma nel 1949 con ottimi voti. Secondo alcuni documenti che l'avv. Ciofani mi ha fornito, Ninfa iniziò a lavorare a Scurcola come "ostetrica condotta supplente" il 1° novembre 1949

Certificato del Comune di Scurcola Marsicana

Nonostante sia rimasta nel nostro paese solo per pochi anni (fino al 31 gennaio 1953), Ninfa ha lasciato un ottimo ricordo di sé. Mio padre Enzo, al tempo solo un bambino, la ricorda come una bella ragazza che, a bordo della sua Vespa, si muoveva per le strade del paese. Bianca Freda, invece, rammenta il bel legame d'amicizia che era nato tra Ninfa e la sua famiglia. Più volte la giovane levatrice fu ospite di Riccardo e Fulvia Freda, i genitori di Bianca, e tra i bimbi che ha aiutato a venire al mondo c'è proprio uno dei figli della coppia, nel 1952. Alla fine dell'incarico, il Comune di Scurcola assunse, al posto di Ninfa Maria, un'altra levatrice che rispondeva al nome di Maria Di Vito (figlia di Rocco) proveniente da Cocullo.

Ninfa nel giorno del suo matrimonio
e, qualche anno più tardi, con i suoi due figli

Nel 1956 Ninfa Maria Laurini prese servizio come ostetrica condotta nel Comune di Cerchio. E fu proprio qui che la giovane e bella levatrice conobbe l'uomo che diventerà, di lì a poco, suo marito. Si trattava dell'avvocato Paolo Ciofani, al tempo Sindaco di Cerchio. Il loro matrimonio venne celebrato il 22 giugno 1958 nella Chiesa della Madonna di Pietraquaria, ad Avezzano. Dall'unione di Ninfa Maria e Paolo sono nati due figli: Mauro e Carla. Ninfa ha operato come levatrice del Comune di Cerchio per diversi anni. Successivamente, con l'abolizione delle levatrici comunali, ha continuato comunque a far nascere i bambini e ad aiutare le loro mamme presso l'Ospedale di Pescina. Purtroppo un brutto male si è affacciato abbastanza presto nella vita di Ninfa e il 26 giugno 1991, a soli 62 anni, la donna che un tempo lavorava come levatrice a Scurcola è scomparsa.

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Ringrazio Antonella Pasqualoni di Cappelle che mi ha fornito le primissime informazioni su Ninfa Maria Laurini e ringrazio l'avvocato Mauro Ciofani che con pazienza e gentilezza si è reso disponibile nel recuperare notizie e fotografie di sua madre affinché io potessi scrivere questo post.

giovedì 15 aprile 2021

La perduta Chiesa di San Sebastiano


La Chiesa di San Sebastiano di Scurcola Marsicana oggi non esiste più. Qualche furtivo scatto fotografico, realizzato nel corso degli anni Quaranta del secolo scorso, ci restituisce l'immagine di un edificio sacro ormai quasi diruto: il tetto inesistente, le mura rovinate, la struttura fatiscente. Ennesimo grave "peccato" aver lasciato che anche questa Chiesa di Scurcola andasse perduta per incuria, incapacità e abbandono. C'è anche un'immagine, meno nitida ma più vecchia (vedi sotto), risalente alla fine dell'Ottocento o ai primissimi del Novecento, in cui si nota l'aspetto ancora integro della Chiesa di San Sebastiano.

Cosa sappiamo della Chiesa di San Sebastiano? Prima di tutto che in diversi documenti viene indicata come "fuori le mura". Questo significa che era stata edificata oltre i limiti del centro abitato. Come si evince dalle immagini, la Chiesa era costituita da un unico volume, aveva un portale di ottima fattura rivolto verso est, ossia verso il paese, era dotata di tre sottili finestre per ogni parete laterale e di un piccolo campanile a vela nel quale era collocata, presumibilmente, un'unica campana che, come si può rilevare dalla fotografia che apre questo post, negli anni Quaranta doveva essere stata già rimossa o spostata o rubata.

Nel riquadro la Chiesa di S. Sebastiano ancora integra

Ci si può domandare come mai a Scurcola vi fosse una Chiesa dedicata a San Sebastiano. In generale, si può affermare che la figura di questo amato e popolare martire cristiano, che l'iconografia cattolica immortala sempre nella figura di un bel giovane legato e flagellato dalle frecce, è sempre stata considerata come quella di un soccorritore in grado di aiutare chi soffre. Un tempo era invocato anche contro le malattie, in particolare contro la peste. Non è un caso, infatti, che a San Sebastiano siano dedicate moltissime chiese, cappelle, altari ed edicole votive in tutto il mondo. Molti sono presenti anche nella Marsica e a lui fanno richiamo anche i nomi di alcuni paesi del nostro territorio come Villa San Sebastiano e San Sebastiano dei Marsi, frazione del Comune di Bisegna.

In un documento del 1833 [1] riportato da Fulvio D'Amore in "Scurcola Marsicana Historia" [2], a proposito delle Chiese, degli altari e dei benefici esistenti a Scurcola, si legge: "Li Protettori meno principali [di Scurcola, ndr] sono S. Antonio Abbate, S. Sebastiano, S. Bernardino e S. Rocco, le quali feste non si considerano di precetto, ma di divozione e si celebrano col rito corrente". Poco oltre continua: "Nella Chiesa di S. Sebastiano le indulgenze sono a settennio". La prima traccia storica documentale relativa all'esistenza della Chiesa di San Sebastiano di Scurcola, però, si individua in un documento del 1682 [3] relativo alla visita pastorale che Monsignor Francesco Berardino Corradini effettuò a Scurcola. Dal documento in questione si ricava che il giorno lunedì 4 maggio 1682, il Vescovo dei Marsi visitò proprio la Chiesa di San Sebastiano.

Venerdì Santo fine anni '40 - Portale Chiesa S. Sebastiano

In un ulteriore atto risalente al 1779 [4] e riportato dal D'Amore [5] si rileva che "il priore della Confraternita laicale del SS. Sacramento (Michele Soldati), percepiva 30 ducati annui «in oltre a detta Confraternita trovarsi aggregata la Chiesa sita fuori dell'Abitato di questa Terra, dedicata a S. Sebastiano Martire, la quale non tiene rendita di sorte alcuna, ma viene mantenuta a spese della stessa Confraternita»". La traccia storica della Chiesa di San Sebastiano, in generale, è affidata ai ricordi di chi, negli anni passati, ha lasciato di questo edificio sacro di Scurcola qualche sporadica memoria. Secondo la reminiscenza di alcuni scurcolani ormai scomparsi, la Chiesa era di discrete dimensioni, a una sola navata, possedeva degli affreschi e alcune statue. Sembra inoltre che, al di sopra della porta d'ingresso, si trovasse un organo raggiungibile attraverso una scala di legno.

Della Chiesa di San Sebastiano ci rimane anche quel che ha lasciato scritto don Antonio Rosa il quale la ricorda composta da un grande, unico vano che accoglieva la statua del Santo a cui era dedicata. Il sacerdote rammenta anche di aver assistito alle preghiere di triduo (riti religiosi della durata di tre giorni) per preparare la festa di San Sebastiano che viene celebrata il 20 Gennaio. Nella seconda metà degli anni Cinquanta, l'amministrazione del Sindaco del tempo, Antonello Pompei, deliberò di abbattere ciò che restava della Chiesa di San Sebastiano perché ormai ritenuta una struttura pericolante. Al posto di una porzione di quella che era stata la Chiesa venne così realizzata una casa tuttora abitata lungo via Maccallè presso la quale continua a fare sosta la processione del Venerdì Santo.

Statua di San Sebastiano (XVII sec.)

Dunque: cosa ci resta, oggi, della perduta Chiesa di San Sebastiano? Verosimilmente due soli oggetti: la statua del santo, attualmente collocata presso la Sagrestia della Chiesa della Concezione, e la pietra che costituiva l'altare principale della Chiesa scomparsa. La statua è realizzata in terracotta modellata e dipinta e risale al Seicento. In merito alla pietra d'altare, in un vecchio numero del giornalino Scurcola Domani [6], viene descritta la "Consacrazione del nuovo altare della Chiesa di S. Egidio" avvenuta il 16 Luglio 2012 alla presenza dell'Arcivescovo dell'Aquila, Mons. Molinari, e a quella del Vescovo dei Marsi, Mons. Santoro. Dall'articolo si evince che: "è stata recuperata l'antica mensa di altare della diruta Chiesa di San Sebastiano, che giaceva nel giardino dell'ex sito menzionato, oggi di proprietà della famiglia Pietrantoni Angelo con le figlie Elena, Teresa e Anna che, su richiesta di don Nunzio, sono state concordi e felici di donare la storica pietra di altare".


Note

[1] Archivio della Diocesi dei Marsi, Fondo C, b. 92, fasc. 2292, Scurcola, s.d. (Sec. XIX).
[2] Grossi, Colapietra, D'Amore, "Scurcola Marsicana Historia", 2005, p. 401.
[3] Archivio della Diocesi dei Marsi, Fondo B/4, Vol. 17, Scurcola 2 maggio 1682.
[4] Archivio della Diocesi dei Marsi, Fondo B, b. 53, varie, Scurcola, 10 maggio 1779.
[5] Grossi, Colapietra, D'Amore, "Scurcola Marsicana Historia", 2005, p. 345.
[6] "Scurcola Domani", Anno IX, n. 43, p. 12.

sabato 10 aprile 2021

La famiglia Bonafamiglia nella Scurcola del Cinquecento


Il primo riferimento legato al nome Bonafamiglia che ho rilevato a Scurcola è inciso sulla pietra. Si tratta del nome di "Fabritio Bonafamiglia" presente su un imponente portale posizionato lungo via Porta Reale. Probabilmente tantissimi scurcolani, pur percorrendo regolarmente questa strada del borgo, non hanno mai notato la presenza del nome scalpellato nella pietra. Ed è proprio partendo da Fabrizio Bonafamiglia che ho tentato di recuperare qualche notizia storica legata, evidentemente, a una famiglia che deve aver vissuto a Scurcola e che, proprio per aver avuto modo di lasciare in bellavista il proprio nome, deve aver goduto di qualche fortuna.

Portale col nome FABRITIO BONAFAMIGLIA
(lettere evidenziate da me)

Il primo Bonafamiglia di Scurcola che sono riuscita a rintracciare non è Fabrizio ma un certo Cola. Il nome di Cola Bonafamiglia appare con una certa regolarità in un interessante documento [1] nel quale è stata raccolta la corrispondenza dell'Archivio Colonna di Paliano. Tra i tantissimi nomi presenti c'è, per l'appunto, anche quello di Cola Bonafamiglia, notaio di Scurcola che mantiene una fittissima corrispondenza con Marcantonio II Colonna. Secondo i dati d'archivio, infatti, tra Cola Bonafamiglia di Scurcola e Marcantonio II Colonna ci sono numerosi scambi epistolari già a partire dal 1561. La corrispondenza si fa particolarmente consistente negli anni che vanno dal 1566 al 1584. Di Cola Bonafamiglia esistono anche missive destinate a Cesare Gallo (1569), segretario di Marcantonio II Colonna; a Nicolò Pisacani (1573), razionale di Sua Eccellenza Marcantonio II Colonna; a Giovanna d'Aragona (1576), moglie di Ascanio e madre di Marcantonio II Colonna; a  Felice Orsini Colonna (1582), moglie di Marcantonio II Colonna.

Marcantonio II Colonna

Giusto per fare un minimo di chiarezza: Marcantonio II Colonna è colui che viene indicato, storicamente, come amico personale di Giovan Cesare Bontempi, ritenuto tra i primi membri di quella famiglia a stabilirsi a Scurcola, colui che, dopo la morte, avvenuta nel 1584, venne sepolto nella Chiesa di Sant'Antonio all'interno della quale si conserva tuttora un suo ritratto. Non credo sia sbagliato ritenere che i Colonna, nel XVI secolo, avessero come referenti privilegiati a Scurcola sia i Bontempi che i Bonafamiglia ai quali, evidentemente, erano legati in maniera rilevante. Marcantonio II Colonna morì il 1° agosto 1584 (stesso anno di Giovan Cesare Bontempi) infatti da questo periodo in poi tra Cola Bonafamiglia e i Colonna la corrispondenza si interrompe.

A questo punto si fa preminente la figura di Fabrizio Bonafamiglia. Ho individuato le sue primissime tracce in "Onomasticon. Prosopografia dell'Università degli Studi di Perugia" [2] ossia nell'elenco degli studenti "storici" immatricolati presso l'Università di Perugia. Tra di essi, infatti, risulta il nome di Fabritius a Bona Familia Scorculensis (Fabrizio Bonafamiglia di Scurcola) immatricolato il 10 novembre 1578. Ci sono ottime probabilità che Fabrizio abbia studiato per seguire la professione notarile di Cola (forse suo padre?). Dopo ulteriore ricerca, ho rilevato, all'interno del "Repertorio delle creazioni di Cittadinanza Romana" [3], che Fabrizio Bonafamiglia ottenne il "privilegio d'aggregazione in Cittadinanza Romana" il giorno 20 novembre 1605. Tornando all'Archivio della corrispondenza Colonna, si rileva che nel 1614 Fabrizio Bonafamiglia fosse in contatto con Filippo I Colonna, figlio di Fabrizio Colonna (duca di Paliano, marchese di Atessa, conte di Albe, Manoppello e Tagliacozzo, barone di Civitella Roveto, ecc.).

Filippo I Colonna

Vale la pena soffermarsi anche su ciò che scrive Mons. Pietro Antonio Corsignani nel suo noto libro "Reggia Marsicana" [4] nel quale viene citato un altro membro della famiglia Bonafamiglia: Prospero. Corsignani associa Prospero Bonafamiglia alla Scurcola de' Marsi e lo indica come "figlio di Fabbrizio Dott. di Legge famoso, Erario de' Colonnesi e Auditore di Tagliacozzo". Corsignani fa rilevare che Prospero fu anche Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro ma temo abbia indicato una data sbagliata: Corsignani, infatti, scrive che Prospero ottenne il cavalierato nel 1506. In realtà l'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro (o Ordine Mauriziano) fu istituito dai Savoia solo nel 1572 ed è quindi impossibile che Prospero Bonafamiglia vi sia entrato nel 1506.

Frontespizio del libro di Prospero Bonafamiglia (1606)
tratto da "The Shroud at CourtHistory
Usages, Places and Images of a Dynastic Relic" (2019)

Secondo Corsignani, Prospero Bonafamiglia dimorò per lo più a Roma segno che, forse, nell'arco di tre generazioni i Bonafamiglia lasciarono Scurcola. Il nome di Prospero Bonafamiglia, che Corsignani definisce "oltremodo erudito ne' versi italiani e latini", è legato anche alla redazione di un libro dedicato alla Sacra Sindone: "La Sacra historia della Santissima Sindone di Christo Signor Nostro" [5], pubblicato per la prima volta a Roma nell'anno 1606. Di Prospero Bonafamiglia, inoltre, ho trovato un'ultima traccia tra i "Testamenti Romani" [6] in cui si può leggere che il testamento di Prospero Bonafamiglia risalirebbe al 2 ottobre 1634 (notaio T. Pizzuti). Inoltre, ammesso che le informazioni siano corrette, Corsignani afferma che la tomba di Prospero Bonafamiglia fosse presso Santa Maria in Campo Carlèo, una chiesa ormai scomparsa che si trovava a Roma, nel Rione Monti, nei pressi del Foro di Traiano.



Note:
[1] "Archivio Colonna di Paliano. Sezione 4: Corrispondenza - Inventario ordinato per carteggio, anno e mittente". Abbazia di Subiaco e Biblioteca statale del monumento nazionale di Santa Scolastica, 2018.
[2] "Studenti a Perugia. La matricola degli scolari forestieri (1511-1723)", con Roberto Abbondanza e Attilio Bartoli Langeli, Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria, Stabilimento tipografico Pliniana, 2009, pp. CVII, 740, ill. (Fonti per la storia dello Studium Perusinum, 3).
[3] "Repertorio delle creazioni di Cittadinanza Romana (secoli XIV-XIX)" di Francesco Magni e continuatori a cura di Claudio De Dominicis, Accademia Moroniana, Roma, 2007.
[4] Pietro Antonio Corsignani, "Reggia Marsicana", Napoli, Parrino, 1738, p. 484.
[5] Prospero Bonafamiglia, "La Sacra historia della Santissima Sindone di Christo Signor Nostro. Raccolta in compendio da gravi Auttori per Prospero Bonafamiglia romano, Cavaglier delli SS. Mauritio e Lazaro. Con una pia essortatione. All'illustrissima Archiconfraternità del Santo Sudario di Roma", Luigi Zanetti in Roma 1606 & ristampata in Torino appresso i FF. de' Cavaleris, 1608.
[6] Indice dei Testamenti Romani presso l'Archivio di Stato di Roma - Volume II (anni 1630-1644), a cura di Claudio De Dominicis, Accademia Moroniana, Roma, 2020.

lunedì 5 aprile 2021

Quando i giovani di Scurcola ballavano nella "Sala Pichetti"


A Scurcola, un tempo, c'era una sala da ballo nella quale, quando possibile, i giovani del paese erano soliti ritrovarsi. Tutti la chiamavano, ironicamente, la "Sala Pichetti", in onore di una storica e famosa sala da ballo romana. La vera Sala Pichetti venne inaugurata a Roma nel 1903. Il suo fondatore era un rinomato e apprezzatissimo maestro di ballo (soprattutto di tango argentino), che rispondeva al nome di Enrico Pichetti. Costui aveva creato la sua prima Accademia di danza in Via del Tritone e, a fine Ottocento, riuscì a trascorrere diversi anni a Buenos Aires dove affinò le sue tecniche di ballo.

Accademia Pichetti - Sala superiore

All'inizio del Novecento, Enrico Pichetti acquistò un'area in Via del Bufalo dove fece edificare Palazzo Pichetti. Nell'arco di qualche tempo, con il supporto di sua moglie, Matilde Caccialupi, Pichetti istituì l'Accademia di danza più importante di Roma. Nel prezioso spazio che aveva allestito, venivano organizzate serate danzanti per il diletto della nobiltà romana. Come ricorda Pichetti nella sua autobiografia [1]: "Quando finalmente fra l'ansietà impaziente e bramosa di tutti giunse la sera del 1° febbraio 1903, per l'inaugurazione, dovetti a malincuore limitare il numero degli invitati ad una scelta di aristocratici e di persone più distinte; in modo che quell'inaugurazione ebbe qualche cosa di solenne e di grandioso".

La "Sala Pichetti" di Scurcola

La "Sala Pichetti" di Scurcola, ovviamente, non godeva dello sfarzo e del prestigio dell'elegante sala da ballo romana soprattutto perché la nostra "Sala Pichetti" era rappresentata, più semplicemente, dal salone di un'abitazione privata. Nello specifico, stiamo parlando di una casa del centro storico, su via Porta Reale, che, fino al 1938, era stata abitata dall'allora parroco di Scurcola, don Domenico D'Amico. Successivamente, con l'arrivo di don Carlo Grassi, l'abitazione venne acquistata da Vincenzo Marini, detto "glio Riscioiaro" (da Riscioio ossia Rosciolo). Ho recuperato questi dettagli grazie al racconto di Erminio Di Gasbarro che, in qualche circostanza, da ragazzo, ha frequentato la "Sala Pichetti" scurcolana di cui ha lasciato un divertente ricordo in uno dei suoi libri [2].

"Sala Pichetti" di Scurcola in via Porta Reale

Vincenzo "glio Riscioiaro" era il padre di Romualdo (che tutti ricordiamo per la pizzeria in piazza!) e delle sorelle Maria e Gina. Erano proprio le due ragazze di casa Marini a invitare, per lo più in concomitanza con alcune festività o occasioni particolari, amiche e amici per ascoltare musica da un grammofono e ballare. Stiamo parlando dei primi anni Cinquanta. I ragazzi di Scurcola si riunivano quindi nel salone della ribattezzata "Sala Pichetti" e ballavano il liscio, la polka, il valzer, la mazurca e il tango. Erminio ricorda che Paolo Silvestri (noto come Paoluccio de Sarmuccia) e Luigi Frezzini erano assidui frequentatori della "Sala Pichetti" oltre che bravi "tangheri". Non so con esattezza fino a quando sia rimasta attiva e frequentata la "Sala Pichetti" di Scurcola, so per certo che la sorella più grande di mio padre, Emma Tortora, ogni tanto riusciva a sfuggire ai controlli materni per andare a ballare un liscio o una mazurca alla "Sala Pichetti" la quale, per i giovani scurcolani del tempo, era uno dei pochissimi luoghi di aggregazione e di divertimento.


Note
[1] Enrico Pichetti, "Mezzo secolo di danze", Edizioni Vis, Roma, 1935.
[2] Erminio Di Gasbarro, "Senza fine", 2014, p. 47.