Quattro giovani scurcolane con la conca sulla testa. Ecco una foto che risale ai primi anni Cinquanta, già pubblicata tra le pagine del volume "Scurcola Marsicana… ove senz'arme vinse il vecchio Alardo" di Tito Spinelli, edito a cura della Pro-Loco di Scurcola Marsicana nell'ormai lontano 1993. La didascalia della bellissima immagine racconta di "alcune donne di ritorno dalla Fonte Ciofani" ma, a quanto ricorda Giustino Nuccetelli, le quattro scurcolane in realtà scendevano dalla Rocca, dove si trovava un'altra fonte. Ovviamente ho voluto cercare i nomi di queste quattro ragazze, visto che Spinelli non li riporta e, dopo aver consultato alcune persone tra cui la cara Angela Di Massimo, l'amico Erminio Di Gasbarro, il sempre attento Giuseppe Valente e l'impeccabile Anna Maria Rossi, sono riuscita a individuare chi fossero le giovani donne della foto in bianco e nero da cui prende spunto questo post. Partendo da sinistra: Maria Vittoria Nuccetelli, Palmira Tortora, Sestina Nuccetelli (chiamata Costanza) e Agnese Rossi.
Zahrtmann Kristian - Afternoon Errand in Civita D'Antino |
L'uso della conca, a Scurcola così come nel resto d'Abruzzo, ha origini antiche. La conca abruzzese, rigorosamente in rame con interno stagnato, era un oggetto presente in ogni casa, posizionato solitamente vicino alla porta d'ingresso o nella cucina (nel cosiddetto "concaro"). Le donne, e solo le donne, usavano la conca per andare ad attingere l'acqua fresca presso le fontane del paese, anche se non era escluso che al suo interno potessero essere contenuti liquidi di altro genere. La forma così particolare della conca, ossia il suo restringimento centrale, serve a evitare che il liquido contenuto possa essere accidentalmente versato ma serve anche a renderla più stabile, soprattutto quando, posizionata sul capo, veniva riportata piena d'acqua verso casa. Le scurcolane immortalate nella foto, infatti, portano la conca in equilibrio sulla testa. Prima di andare a prendere l'acqua, le donne a Scurcola "faceano la spara", ossia attorcigliavano un panno fino a formare una ciambella (o cercine) che ponevano sulla testa per sostenere la conca e non farsi male.
Conca con "maniero" |
Le fontane pubbliche di Scurcola, presso le quali si andava a raccogliere l'acqua, erano molte ed erano dislocate un po' in tutto il paese. Tra quelle che sono riuscita a rintracciare: la fontana della Venere (un tempo al centro della piazza), Fonte Ciofani, Fonticchio (zona Sant'Egidio), la fontanella in Piazza Umberto I, quella di Sant'Antonio, una si trovava in piazza del Mercato, poi c'era quella in via Valeria, quella accanto alla Chiesa della Madonna della Vittoria, un'altra alla Portella, un'altra su via Diaz, un'altra "aglio Pretone", l'abbeveratoio e fontana della Madonnella. Sicuramente, in giro per Scurcola, ce ne erano altre che non ho saputo individuare e che oggi non esistono più. In ogni caso, in ognuna di queste fontane, erano presenti due sbarre di ferro su cui era possibile poggiare la conca affinché venisse riempita sotto il getto dell'acqua. Una volta riportata a casa, la conca veniva messa a disposizione di chi aveva sete e si beveva con l'ausilio di un mestolo in rame che si chiama "maniero" o "manero".
Bellissimo ricordo!
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