giovedì 4 giugno 2020

L'incredibile storia di Villetta Damia in via della Stazione


Una piccola casa può raccontare e rappresentare momenti di grande storia? La risposta è una sola: certo. È il caso di Villetta Damia, un edificio quasi dimenticato che si trova lungo via della Stazione, a Scurcola Marsicana. Purtroppo da molti anni questa piccola abitazione, che possiamo definire tranquillamente "storica", è abbandonata a se stessa, circondata da erbacce e piante che crescono senza tregua oltre che rovinata dall'incuria. Dopo aver fatto qualche ricerca, conosciuto la provenienza della piccola villa e constatato in prima persona lo stato in cui versa oggi, posso affermare, con grande amarezza, che con il suo abbandono si stanno perdendo tracce straordinarie della storia della Marsica e non solo

La parte posteriore di Villetta Damia

Andiamo per gradi. Per conoscere le vicende legate a questo piccolo fabbricato, ho fatto riferimento a Maria Sciò, una delle discendenti dell'originario proprietario, Giuseppe Damia. Grazie all'interessamento di Impero Rossi, sono riuscita a raggiungere telefonicamente la signora Sciò la quale, con cortesia e sensibilità, mi ha descritto la provenienza della casetta. L'edificio che si trova in via della Stazione, a Scurcola, venne donato dal Canada alla città di Messina dopo la potente scossa di terremoto, e il susseguente maremoto, che investirono la città siciliana. Il 28 dicembre 1908, infatti, un sisma di grande intensità colpì Messina, Reggio Calabria e molti paesi e cittadine del Meridione causando morte e distruzione. Da diverse nazioni straniere giunsero aiuti alle zone colpite: il Canada donò il prefabbricato che chiamiamo Villetta Damia. Esso servì per alcuni anni come stazione ferroviaria di Messina

Alcuni degli spazi interni della villetta

Il 13 gennaio del 1915, come sappiamo bene, un altro terribile terremoto colpì l'Italia: Avezzano e molti altri centri della Marsica furono rasi al suolo. Il piccolo edificio di legno di cui sto parlando, venne smantellato e inviato ad Avezzano. Anche nel capoluogo marsicano esso venne impiegato come stazione ferroviaria momentanea. Agli inizi degli anni Venti, quando l'edificio della Stazione di Avezzano venne ripristinato e ricostruito, la piccola casa venne smontata e venduta all'asta. Lo scurcolano Giuseppe Damia (1880-1960), figlio di Francescantonio Damia, decise di acquistarla e di installarla lì dove si trova tuttora. Giuseppe fece realizzare una base in muratura e rimontò l'edificio tramutandolo in un'abitazione. Decise di far realizzare due piccoli nuovi ambienti nella zona posteriore, uno adibito a tinello, l'altro a stanza da bagno, e chiamò un pittore di Scurcola (forse Enea Pierbattista?) per far affrescare i soffitti della villetta

I soffitti affrescati

Grazie all'interessamento e alla cortesia di Giuseppe Valente sono riuscita a vedere gli interni dell'abitazione. Entrare nella piccola, incantevole casa che fu di Giuseppe Damia è stato un po' come compiere un viaggio nel tempo, un salto di almeno un secolo. Tutto riporta agli anni Venti: delicati affreschi floreali, un pavimento originale in legno e ciò che resta di mobili d'altri tempi. Al centro del soffitto, in uno spazio che è il cuore della casa, è stata dipinta un'aquila con un globo che porta iscritta una data, 1924, oltre alle iniziali del proprietario: G.D.

L'aquila affrescata con data 1924 e iniziali G.D. (Giuseppe Damia)

La fatiscenza e la noncuranza hanno trasformato questo delizioso edificio, che ha alle spalle una storia importante, in una sorta di catapecchia. I segni della sua bellezza, del suo affascinante passato emergono da ogni angolo. Andrebbe ripulita, andrebbe risanata, andrebbe salvata perché è una delle costruzioni più eleganti e preziose che Scurcola può vantare. Ma la sensazione è che, nell'arco di qualche anno, andrà a cadere, pezzo dopo pezzo, e della bella Villetta Damia non resteranno che macerie e qualche ricordo. 

*** 

Ringrazio sentitamente le persone che mi hanno permesso di scoprire la storia della casetta Damia, di ammirarne l'inestimabile fascino e di poterne capire il valore. Ringrazio: Impero Rossi, Maria Sciò e Giuseppe Valente

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