Una piccola casa può raccontare e rappresentare momenti di grande storia? La risposta è una sola: certo. È il caso di Villetta Damia, un edificio quasi dimenticato che si trova lungo via della Stazione, a Scurcola Marsicana. Purtroppo da molti anni questa piccola abitazione, che possiamo definire tranquillamente "storica", è abbandonata a se stessa, circondata da erbacce e piante che crescono senza tregua oltre che rovinata dall'incuria. Dopo aver fatto qualche ricerca, conosciuto la provenienza della piccola villa e constatato in prima persona lo stato in cui versa oggi, posso affermare, con grande amarezza, che con il suo abbandono si stanno perdendo tracce straordinarie della storia della Marsica e non solo.
La parte posteriore di Villetta Damia |
Andiamo per gradi. Per conoscere le vicende legate a questo piccolo fabbricato, ho fatto riferimento a Maria Sciò, una delle discendenti dell'originario proprietario, Giuseppe Damia. Grazie all'interessamento di Impero Rossi, sono riuscita a raggiungere telefonicamente la signora Sciò la quale, con cortesia e sensibilità, mi ha descritto la provenienza della casetta. L'edificio che si trova in via della Stazione, a Scurcola, venne donato dal Canada alla città di Messina dopo la potente scossa di terremoto, e il susseguente maremoto, che investirono la città siciliana. Il 28 dicembre 1908, infatti, un sisma di grande intensità colpì Messina, Reggio Calabria e molti paesi e cittadine del Meridione causando morte e distruzione. Da diverse nazioni straniere giunsero aiuti alle zone colpite: il Canada donò il prefabbricato che chiamiamo Villetta Damia. Esso servì per alcuni anni come stazione ferroviaria di Messina.
Alcuni degli spazi interni della villetta |
Il 13 gennaio del 1915, come sappiamo bene, un altro terribile terremoto colpì l'Italia: Avezzano e molti altri centri della Marsica furono rasi al suolo. Il piccolo edificio di legno di cui sto parlando, venne smantellato e inviato ad Avezzano. Anche nel capoluogo marsicano esso venne impiegato come stazione ferroviaria momentanea. Agli inizi degli anni Venti, quando l'edificio della Stazione di Avezzano venne ripristinato e ricostruito, la piccola casa venne smontata e venduta all'asta. Lo scurcolano Giuseppe Damia (1880-1960), figlio di Francescantonio Damia, decise di acquistarla e di installarla lì dove si trova tuttora. Giuseppe fece realizzare una base in muratura e rimontò l'edificio tramutandolo in un'abitazione. Decise di far realizzare due piccoli nuovi ambienti nella zona posteriore, uno adibito a tinello, l'altro a stanza da bagno, e chiamò un pittore di Scurcola (forse Enea Pierbattista?) per far affrescare i soffitti della villetta.
I soffitti affrescati |
Grazie all'interessamento e alla cortesia di Giuseppe Valente sono riuscita a vedere gli interni dell'abitazione. Entrare nella piccola, incantevole casa che fu di Giuseppe Damia è stato un po' come compiere un viaggio nel tempo, un salto di almeno un secolo. Tutto riporta agli anni Venti: delicati affreschi floreali, un pavimento originale in legno e ciò che resta di mobili d'altri tempi. Al centro del soffitto, in uno spazio che è il cuore della casa, è stata dipinta un'aquila con un globo che porta iscritta una data, 1924, oltre alle iniziali del proprietario: G.D.
L'aquila affrescata con data 1924 e iniziali G.D. (Giuseppe Damia) |
La fatiscenza e la noncuranza hanno trasformato questo delizioso edificio, che ha alle spalle una storia importante, in una sorta di catapecchia. I segni della sua bellezza, del suo affascinante passato emergono da ogni angolo. Andrebbe ripulita, andrebbe risanata, andrebbe salvata perché è una delle costruzioni più eleganti e preziose che Scurcola può vantare. Ma la sensazione è che, nell'arco di qualche anno, andrà a cadere, pezzo dopo pezzo, e della bella Villetta Damia non resteranno che macerie e qualche ricordo.
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Ringrazio sentitamente le persone che mi hanno permesso di scoprire la storia della casetta Damia, di ammirarne l'inestimabile fascino e di poterne capire il valore. Ringrazio: Impero Rossi, Maria Sciò e Giuseppe Valente.
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