domenica 25 settembre 2022

Finale


Ultimo post. Ci siamo arrivati, dopo tre anni di attività. I motivi? Diversi. Prima di tutto la stanchezza. Come spesso affermo, scrivere è faticoso. Ho scritto molto di Scurcola e per Scurcola in questi tre anni. Ho impiegato il mio tempo, le mie energie, le mie risorse e tantissima passione. Arrivati a un certo punto, però, tutto va esaurendosi. Compresi gli argomenti da trattare. Trovare qualcosa che sia stimolante da leggere e, più di tutto, stimolante, per me, da esporre e illustrare, si fa sempre più difficile. "Scurcola Marsicana Blog" rimane dov'è sempre stato, questo è ovvio.

Restano le parole (tantissime parole), testimoni di quanto sono riuscita a conoscere e raccontare, in maniera che reputo valida. Parole che, voglio sperare, abbiano permesso a tanti di scoprire, ricordare e comprendere. Il blog è nato con l'intento di avvicinare le persone a un patrimonio che, purtroppo, rischia di perdersi per indifferenza e incuria. Condividere quel che ho imparato su Scurcola è stato edificante e prezioso. Il mio obiettivo, come ho scritto in passato, è stato quello di accrescere, almeno un po', la conoscenza del nostro paese, della sua storia, dei suoi abitanti, delle sue tradizioni ma anche delle sue imperfezioni e delle sue carenze. Una conoscenza che vorrei fosse utile ad estendere il livello di consapevolezza degli scurcolani, una consapevolezza a cui dovrebbe far seguito la crescita del senso di responsabilità, serio e compiuto, nei confronti di quel che siamo e di quanto possediamo.

Non mi faccio illusioni: recepire determinate realtà e valorizzarle al fine di generare una nuova identità per Scurcola (che sia basata su cultura, arte, storia - e quindi turismo) è molto difficile. È difficile vedere oltre quel che si intravede appena, è difficile credere di poter cambiare, è difficile trovare ascolto e riscontro. Tutto il mio lavoro, per quanto apprezzato e condiviso, potrebbe non condurre a nulla. Forse verrà raccolto o riletto tra qualche anno (o decennio?) e magari troverà spazio attraverso progetti che, adesso, non so immaginare. Ho investito moltissimo per portare avanti la mia idea, il mio proposito per Scurcola. Ringrazio chi non mi ha mai fatto mancare il proprio sostegno, quello fatto di risposte, incontri, confronti, crescita. Ringrazio chi ha offerto il suo contributo, fattuale o economico. Ringrazio, più di tutti, chi ha sopportato le mie domande e condiviso le sue memorie.

Le storie non finiscono mai, questo è certo. Quindi se dovessi recuperarne qualcuna, non mancherò di condividerla qui. Per il puro piacere di farlo: l'ho promesso anche a un caro amico.

Maria Tortora

martedì 20 settembre 2022

Perché Scurcola si chiama Scurcola?


Della necessità che ha condotto gli amministratori del tempo a richiedere ed ottenere l'apposizione dell'aggettivo "Marsicana" al nome di Scurcola ho già scritto diverso tempo fa. In questo post, invece, vado a raccogliere e descrivere le analisi di chi, nel tempo, si è dedicato allo studio dell'origine del nome di Scurcola. Diversi esperti, infatti, hanno analizzato la nascita del toponimo da cui poi si è generato il nome Scurcola così come viene utilizzato oggi. 

Come fa rilevare Enzo Colucci attraverso un suo studio dedicato a questo argomento: "Si è dibattuto, soprattutto nel passato, sul toponimo di Scurcola facendo riferimento al confronto tra l'origine latina "excubiae" e quella longobarda di "sculk". Si può senz'altro confermare che entrambi i termini hanno lo stesso significato di "sentinella", "guardia" e convalidare l'appellativo felicemente dato al luogo in cui giace il paese visto che effettivamente da esso si controllano tre direttrici importanti degli antichi (e moderni) itinerari e cioè Roma a ovest attraverso la valle dell'Aniene inizialmente e poi il valico di Monte Bove; la Sabina a nord attraverso la valle Cicolana e la Campania a sud attraverso la valle Roveto". 

Nel corso del tempo, infatti, la radice del nome Scurcola è stata spesso associata sia al termine latino "excubiae" sia a quello longobardo "skulk". Secondo quanto scrive il professor Giuseppe Grossi a pagina 11 di "Scurcola Marsicana Historia", "il nome dell'abitato Sculcule attestato nei Piani Palentini per la prima volta nel 1150, deriva dal longobardo skulk il cui significato originario è legato alla presenza nel luogo nel VI-VII secolo di un "posto di guardia" longobardo che controllava il percorso della Valeria sul ponte del ramo minore del vecchio corso del torrente Raffia". 


Tornando, infatti, al documento redatto da Enzo Colucci si legge: "La maggior parte dei filologi concorda nel ritenete il termine derivante da radice germanica. L'uso in territori a dominazione longobarda ne conferma l'ipotesi e Scurcola è situata nel ducato longobardo di Spoleto". 

Un merito particolare va riconosciuto allo scurcolano Simone Pompei che nel suo scritto "Sul toponimo Sculcula" pubblicato in "Abruzzo - Supplemento" rivista dell'Istituto di studi abruzzesi, gennaio 1967, fu tra i primi ad associare "Scurcola" al nome originario longobardo "Skulka" divenuto poi, in latino tardo antico, "Sculca". Infatti, nel breve saggio di Pompei, tra le altre cose, si legge: "mi venne fatto di pensare alla voce latina sculca (scorta, guardia), che è documentata per la prima volta proprio nell'anno 392, attraverso una lettera scritta dal pontefice Gregorio Magno agli strateghi bizantini Maurizio e Vitaliano […] La radice germ. *skulk si rinviene, oltre che nel toponimo di cui stiamo trattando, anche nel toscano antico scolca e nell'antico portoghese escolca, nel senso di guardia. Dopo aver messo in relazione il toponimo "Sculcula" con "sculca", mi resi conto che tale accostamento, per quanto linguisticamente irreprensibile ed oggettivamente convincente, poteva essere avvalorato solo dalla comprovata esistenza di un certo numero di derivati, ascrivibili con sicurezza alla radice predetta e diffusi in un'area sufficientemente ampia. Ed infatti tale radice, sia pure variamente trasformata sotto il profilo fonetico e con diversa connotazione topografica, è documentata in un'area che va dalla Sabina e dal Piceno, attraverso Lazio, Abruzzi e Molise, fin alla Calabria". L'intuizione di Pompei, come rileva lo stesso Grossi, è stata poi confermata dagli studiosi Walter Cianciusi ed Ernesto Giammarco. Chiunque abbia analizzato le origini del toponimo, ha potuto constatare come esso sia presente sia in altre aree d'Abruzzo, sia in numerosi altri territori italiani

Enzo Colucci ne ha raccolti parecchi: "Nel 1029 in Scolcola a Pieve di Socana (Castel Focognano - Arezzo). Nel 1040 Sculcule ad Asciano (Siena) e nelle seguenti località: Scurcola, colle a nord di fonte Capo la Maina tra Forme e S. Iona (L'Aquila) a controllo sia dei Piani Palentini che della gola di Ovindoli; Castri Sculcule presso Anagni; Scocchia a Montefollonico (Torrita - Siena); Scorcola a Poggio di Monticano (Treviso?); Scurcola a Campagnatico (Grosseto); Un castello di Sculcula in Porto d’Ascoli citato nel 1102; Un casale Sculcule (XIII sec.) è presente presso Serracapriola (Foggia); una masseria Sculcula è nei pressi di Casalnovo M. (Foggia); La Scolca a Gavi (Alessandria); Escolca in Sardegna (Cagliari); Scolca di Bastia, Scolca a Isola Rossa, Scolca di Oletta tutte in Corsica; Scruccula ad Attigio, vicino Fabriano; Piaggia della Sculcula a Campodonico (Ancona); Monte Sculcolo a Castelleone di Suasa (Ancona); Fosso della Sculcula a Barbara (Ancona); Il castello di Sculcula a Monteprandone (Ascoli Piceno); Il castello di Sculcula a Fermo; Scorcola, rione di Trieste; Sculca (Cosenza), Sculca a Camignatello Silano; Sgurgola (Frosinone). Fossato Sculcule ad Ofiani nel Reatino".


giovedì 15 settembre 2022

Padre Luigi da Scurcola, il cappuccino missionario morto in India il 1886


A Scurcola, per quanto mi è stato possibile rilevare, non è rimasta alcuna memoria di padre Luigi, cappuccino missionario vissuto nell'Ottocento. Ho rintracciato il suo nome in maniera quasi casuale e ho potuto individuare alcuni documenti che descrivono, seppur brevemente, la sua vita. Nei testi ufficiali dell'Ordine dei Cappuccini è indicato come Adm R.P. Aloysius da Scurcola. Nello specifico, tra le pagine di un volume dell' "Analecta Ordinis Minorum Cappuccinorum" [1] (pubblicazione ufficiale dell'Ordine fin dal 1884 che documenta la vita dell'OFMCap) ho potuto leggere alcuni interessanti dettagli relativi alla vita ma, soprattutto, alla morte di padre Luigi da Scurcola.

Nel necrologio a lui riservato si spiega che padre Luigi era nato il 27 luglio 1821. Ho cercato sul Portale Antenati del Ministero della Cultura tra i nati a Scurcola nel 1821 e in data 27 luglio l'unica nascita registrata è quella di Francesco Antonio Nuccetelli, figlio di Donato (lavoratore di anni 43) e di Rosa Lucia Bontempi (filatrice di anni 40). Ammesso che questi dati siano corretti, Francesco Antonio Nuccetelli potrebbe essere divenuto padre Luigi nel momento in cui scelse di indossare il saio francescano. L'attribuzione di un nuovo nome è una pratica comune negli ordini regolari, essa simboleggia un taglio definitivo con la vita precedente e la conseguente rinascita nella consacrazione a Dio. Nel corso dei secoli furono diversi i giovani di Scurcola che, studiando presso il nostro antico Convento dei Cappuccini, costruito nel 1590 sull'omonimo Colle e ormai scomparso da tempo, decisero di entrare nell'Ordine.

Analecta Ordinis Minorum Cappuccinorum
Frontespizio

Padre Luigi è entrato nell'OFMCap il 21 luglio 1839 a 18 anni e, poco più tardi, ha scelto di dedicare la sua vita all'opera missionaria. Nell' "Analecta Ordinis Minorum Cappuccinorum" frate Sebastiano di Alatri, missionario a Capno, rivolgendosi ai suoi superiori, descrive le circostanze che hanno condotto alla morte, avvenuta il 12 dicembre del 1886, di padre Luigi: "Sì, questo buon Padre, mancato ai vivi, meno di due settimane prima di Natale, è il M.R.P. Luigi da Scurcola, Vicario Generale, e Superiore del nostro Stabilimento di educazione in Coorjee, nel Distretto di Patna. Ei morì a Benares, il 12 Dicembre scorso, ove egli erasi portato il giorno innanzi per dire Messa nella Domenica seguente, ed amministrare i Sagramenti a quei Cattolici". [2] Patna, denominata anticamente Pataliputra, è la capitale dello stato del Bihar, nell'India settentrionale. "L'arrivo dei cappuccini in India risale all'anno 1632 quando un gruppo di missionari cappuccini stranieri sbarcò a Pondicherry. La loro intenzione era di estendere la presenza missionaria al Tibet e al Nepal; tuttavia, si è scoperto che hanno limitato le loro iniziative missionarie al Vicariato di Agra e Patna". [3]

Frate Sebastiano di Alatri procede con la descrizione dei fatti riportando e traducendo in italiano le parole di un "Foglio Cattolico" di Coorjee: "Il M.R.P. Luigi, nostro Superiore partì per Benares in su la notte del 10 corrente [1886, NdR]. Alle tre della mattina del giorno 12 egli ebbe un forte attacco di dolori di viscere; onde fu costretto a mandare subito pel Medico. Due ne giunsero quanto prima sul luogo, e trovarono che il povero Padre era attaccato dal Choléra. Cholera sì severo, che, in meno di 7 ore del più acuto soffrire, gli troncò la vita" [4]. A condurre alla morte il 65enne padre Luigi da Scurcola, dunque, fu il colera, malattia che, ai tempi, in India, e non solo, causava la morte di molte persone. La scomparsa di padre Luigi per la missione indiana ha rappresentato una grave perdita.

Cappuccini missionari - Inizio 900 (foto tratta dal web)

Continua così nella sua cronaca frate Sebastiano: "Egli era Vicario Generale, e come tale era la mano destra del nostro buon Vescovo, e suo aiuto più valido nel governo del Vicariato. Era Superiore, come si è detto di sopra, delle nostre Istituzioni stabilite in Coorjee, da circa sei anni, e là con il suo zelo e attività non comune rialzò quelle Scuole quasi dall'ultimo grado di decadenza. Il numero dei ragazzi, che prima non giungeva, che di raro, a 40; preso che ne fu da questo zelante Padre il carico, passò spesso a 100. Talmente che egli dovette erigere un nuovo fabbricato, onde poterli ammettere tutti. La cura poi spirituale e temporale, che aveva per essi, occupava continuamente la sua mente ed il suo cuore, e mai negligentava di provvedere anche al minimo loro conforto. Il testé def. P. Luigi, prima di raggiungere la Missione di Patna, aveva lavorato prima, per circa 13 anni, in quella di Agra; e poi, per altri 10 anni, tra l'Inghilterra e l'America" [5]. Padre Luigi da Scurcola è stato sepolto nel cimitero di Benares, città indiana oggi chiamata Varanasi, sulla riva sinistra del Gange, nello stato dell'Uttar Pradesh, nel Nord dell'India, considerata la capitale spirituale del Paese.


Note:
[1] RMI. P. Bernardi ab Andermatt, "Analecta Ordinis Minorum Cappuccinorum", Vol. III, Ex Typhographia «Editrice Industriale», Roma, 1887.
[2] Ibidem, p. 53.
[3] John Alwyn Dias, "Storia della presenza dei frati cappuccini in India", in MC 64 (2020) n. 3, p. 38-40.
[4] RMI. P. Bernardi ab Andermatt, op. cit., p. 54.
[5] Ibidem.



sabato 10 settembre 2022

Le quattro età del campanile della Chiesa della SS. Trinità


Chiunque, osservando la vecchia foto in bianco e nero, risalente ai primi del Novecento, che ritrae un piccolo scorcio del borgo di Scurcola Marsicana, può rilevare che, ai tempi, il campanile della Chiesa della SS. Trinità era diverso da come è attualmente. Nello specifico: manca un piano, il quarto, quello che oggi accoglie l'orologio. Le fasi edificatorie del nostro campanile sono piuttosto antiche e, purtroppo, non molto studiate né spiegate in maniera accurata. Uno dei miei primi post, come qualcuno ricorderà, era dedicato a "Un leone sul campanile della Chiesa della SS. Trinità" in cui descrivevo la presenza di un antico e prezioso fregio, dalle fattezze leonine, presente sulla parte inferiore della torre. Il leone non è l'unico elemento "stravagante" presente sul nostro campanile.

Campanile della Chiesa della SS. Trinità

Si presume che il primo livello, quello che costituisce la base della struttura, possa essere fatto risalire all'antica e perduta Chiesa di San Tommaso (XII sec.) che era posta longitudinalmente rispetto all'attuale Chiesa della SS. Trinità, con l'ingresso rivolto verso via Porta Reale. Il campanile è stato fondato, insieme all'abside della Chiesa (che era sicuramente parte dell'edificio sacro dedicato a San Tommaso), su un imponente blocco di pietra, in parte visibile ai piedi della struttura stessa. Tra le murature che compongono il primo antico livello, sono inglobati reperti romani e medievali: il leone, una zampa d'orso, un tabernacolo e una pietra finemente decorata con motivi floreali usata come cornice.

Primo Novecento: facciata, campanile e piazza

In un documento risalente alla prima parte del Settecento [1], all'interno del quale si descrivono alcuni dettagli storici relativi all'ormai scomparsa Chiesa di San Lorenzo, si legge: "ne' scavi che si fecero in tale sito [di San Lorenzo, ndr] in quel tempo che fu fatto il campanile alla Chiesa della SS.ma Trinità, vi si rinvennero due casse di pietre ricoperte di terra, che poi si posero in opera nella fabbrica di detto campanile". Probabilmente le pietre rinvenute in zona "Petemonte", lì dove si trovava la Chiesa di San Lorenzo, furono usate per innalzare il campanile. Il secondo e terzo livello iniziarono a essere elevati in concomitanza con la costruzione della Chiesa della SS. Trinità (eletta a collegiata da Mons. Matteo Colli nel 1585) e probabilmente vennero completati tra Seicento e Settecento.

Chiesa della SS. Trinità oggi - Facciata e campanile

La sede campanaria ha rappresentato per molto tempo il terzo e ultimo piano del campanile. Intanto il paese di Scurcola, come molti altri, venne colpito e danneggiato dai due gravi terremoti, quello del 1904 e quello del 1915. Tra le strutture che, a causa delle scosse, furono pesantemente compromesse vi fu la storica Torre dell'Orologio, ubicata in zona Corte Vecchia. Per un paio di decenni, dunque, Scurcola rimase senza un orologio pubblico. Poi, finalmente, nell'autunno del 1932, l'amministrazione comunale del tempo, decise di affrontare il problema e, dopo aver provveduto a sollevare di un altro livello (il quarto e ultimo) il campanile, vi collocò, sui quattro lati, un orologio la cui inaugurazione risale al 1933. Nella mia famiglia l'orologio a quattro facciate posto sul campanile è sempre stato chiamato con un nome preciso: "Curci". Dopo qualche ricerca ho capito che se mia zia, Emma Tortora, chiamava "Curci" il nostro orologio un motivo c'era: esso è stato installato dalla ditta "Alfonso Curci" di Napoli. Alfonso Curci, allievo di Bernard, fu docente presso l'Istituto Casanova di Arti e Mestieri di Napoli, e l'attività della sua officina di famiglia fu fiorente fino alla fine degli anni Trenta.


Note
[1] Grossi, Colapietra, D'Amore, "Scurcola Marsicana Historia", 2005, p. 254.

lunedì 5 settembre 2022

Lea De Giorgio, la violinista figlia del maestro Vincenzo De Giorgio


È un immenso piacere per me poter scrivere e raccontare la storia legata a una figura femminile scurcolana molto speciale, quella di Lea De Giorgio, figlia del maestro Vincenzo. Qualche tempo fa avevo letto online un paio di articoli, custoditi nelle emeroteche storiche australiane, in cui viene descritto un concerto che Lea tenne nella serata di mercoledì 14 aprile del 1926 presso la sala del Conservatorio di Sidney. Per conoscere dettagli più precisi sulla vita e sulla carriera artistica di Lea De Giorgio mi sono rivolta a sua figlia, la professoressa Annarita Puglielli che, con grande sensibilità, ha messo a mia disposizione sia lo splendido ritratto della giovanissima Lea De Giorgio che apre questo post, sia le informazioni biografiche che sono alla base al mio racconto.

Lea De Giorgio è la figlia minore di Vincenzo e di sua moglie Agnese Bontempi. Il maestro De Giorgio era giunto per la prima volta in Australia, per la precisione ad Adelaide, nel 1898 e qui, nella serata del 6 agosto, tenne il suo primo concerto. De Giorgio rimase ad Adelaide fino al 1902 per poi rientrare in Italia. Lea nacque nel 1906 e quando aveva appena 3 anni, suo padre scelse di tornare, insieme a tutta la famiglia, in Australia. Stavolta però si stabilì a Sidney, lì dove Lea crebbe ed ebbe una prima fondamentale formazione scolastica e musicale. Quando aveva 14 anni, quindi attorno al 1920, la figlia del maestro rientrò in Italia e per tre anni studiò violino con il maestro Mario Corti presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma.

Conseguito il diploma tornò nuovamente in Australia e, seppur giovanissima, diede inizio alla sua carriera di violinista solista. Ed è proprio a questa epoca che risale l'articolo pubblicato da "The Sun" il 15 aprile del 1926: "Il signor Lionel Lawson ieri sera ha presentato una sua allieva, la signorina Lea De Giorgio, in un recital al Conservatorio. La giovane musicista, figlia del signor V. De Giorgio, suonando la "Ciaccona" di Vitali, si è dimostrata una violinista di compiuta e promettente. Nell'andante del "Concerto in re maggiore" di Mozart (suonato con il signor Lindleyn Evans), il suo tono era fermo e "cantante". La sua memoria è eccellente. Attualmente la signorina De Giorgio manca di vivacità. Questo era evidente nel rondò del concerto. La sua intonazione non era precisa nella "Serenade spagnola" di Chaminade-Kreisler. La "Cradle Song" di Tor Aulin è stata suonata in modo espressivo. In programma anche "Largo" di Veracini e "Chanson Arabe" di Rimsky-Korsakoff. Le canzoni di Miss Bessie Blake includevano "Zingarella" di Paisiello e "Shadow Song" da "Dinorah"".

Pochissimo tempo più tardi la madre Agnese decise di rientrare in Italia, mentre il maestro De Giorgio continuò a lavorare a Sidney. Lea scelse di accompagnare sua madre e di restare con lei. Quando la giovane musicista arrivò a Scurcola, tra il 1926 e il 1927, probabilmente si trovò completamente spaesata: era cresciuta in un ambiente molto diverso da quello scurcolano, abituata a parlare inglese, vissuta in un clima artistico e culturale che il nostro piccolo paese non poteva di certo offrirle. Per questo si spostò ad Avezzano, portando con sé Agnese, e iniziò a dare lezioni di musica. Una donna molto emancipata Lea, considerati i tempi e i luoghi: non era semplice incontrare una ragazza che avesse la sua formazione e, soprattutto, che lavorasse per conto proprio.

La professoressa Puglielli, nella sua nota, spiega che Lea aveva messo a punto un sistema che permetteva anche ai bimbi più piccoli (di 4 o 5 anni) di leggere la musica e di solfeggiare. A tale scopo aveva elaborato una favola intitolata "Fata Musica" (testo e musica di Lea De Giorgio, copyright del 10 novembre 1947) che sarebbe dovuta diventare anche il soggetto per un cartone animato che, purtroppo, non vide mai la luce. Lea si sposò ed ebbe quattro figli ma non smise mai di insegnare musica (violino e pianoforte) e inglese. Fu tra le fondatrici, negli anni Cinquanta, della "Scuola di cultura drammatica" dell'Aquila. Lea De Giorgio ha rappresentato una figura femminile rivoluzionaria per il nostro paese: un'artista colta, impegnata, intelligente. Ha percorso strade che nessun'altra donna, prima di lei, a Scurcola (e non solo) ha avuto il coraggio o la possibilità di seguire.

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Ringrazio la professoressa Annarita Puglielli per aver trovato il tempo e la pazienza per raccontarmi dettagli della vita di sua madre, Lea De Giorgio.